Ormai scafato da massicce dosi di papaje verdi, tigri, dragoni e concubine accommiatanti, pensavo di essere in grado di etichettare la nouvelle vague del cinema filmato all'ombra della grande muraglia semplicemente leggendone i titoli. Non che quei lavori mi fossero dispiaciuti, ma ritenevo di aver assorbito un numero sufficiente di spadaccini volanti, ventagli ed ombrellini di bambù, lame battezzate da ideogrammi, volti cerulei solcati da rossetti purpurei.
Forse è per questo che mi sono lasciato scappare Hero quando quattro anni fa è stato proiettato nelle sale. Zhang Yimou mi ha colpito fin dall'età liceale, quando registravo sulle VHS Sorgo rosso e Lanterne rosse. Non era solo il fascino esotico dell'Oriente, a catturarmi. C'era la spessa poetica dell'autore, la sua abilità nel ritrarre e comunicare gli aspetti profondi dell'animo dei suoi soggetti, pur senza tradirne l'imperturbabilità imposta dai cromosomi a mandorla. Mi immergeva in un mondo completamente estraneo, nel quale l'onore e tradizione erano i valori di riferimento, dove gli scambi verbali non erano numerosi né la forma di interazione privilegiata tra i personaggi. Il tutto catturato sulla celluloide con tocco genuinamente artistico, dando peso ai dettagli ritmici, fotografici, coreografici in quel modo essenziale, non hollywoodiano, eppure non dimesso che è proprio dei grandi talenti.
Pare che la fortuna di Hero in Occidente sia dipesa da Quentin Tarantino, che ne ha sponsorizzato l'uscita in America, in lingua originale sottotitolata, ottenendo un successo da primato per un film non anglofono. Il doppio DVD che ho per le mani, edizione italiana con contenitore metallico, contiene diversi interventi dell'autore di Kill Bill, che mi confermano l'idea piuttosto controversa che di lui mi sono fatto negli anni. C'è qualcosa di geniale in questo personaggio, e nel contempo vi è in lui una buona dose della classica ottusità del male. Resto convinto della ineludibile caratterizzazione somatica che, nel caso di Tarantino come in quello di Dario Argento, è inesorabile.
Negli inserti del DVD, Tarantino ripetutamente sottolinea quanto scettico fosse all'idea di assistere ad un film d'azione di Yimou, e narra di come i suoi dubbi si siano infine dissolti assistendo alla proiezione. Non gli viene nemmeno il dubbio che in Hero l'azione sia qualcosa di secondario, che il linguaggio di Yimou in fondo sia rimasto lo stesso di sempre. Definire Hero "film d'azione" è riduttivo ed offensivo, sebbene vi sia un'attenuante per Tarantino nell'intenzione.
Hero è la storia dell'incontro tra l'imperatore che 2000 anni fa unificò la Cina in un unico regno, ponendo fine alle battaglie che ne insanguinavano i territori, con un astuto ed abile assassino che lo vuole uccidere. Il tempo principale del film è tutto in questo incontro nel palazzo reale. I due parlano, e nel racconto dell'assassino viene rievocata la storia che l'ha portato fino all'interno di quell'iperprotetto palazzo. I vari flashback che si susseguono ci fanno rivivere gli incontri tra l'assassino ed altri tre nemici del futuro imperatore, due dei quali legati da una intensa relazione sentimentale. Durante la narrazione, questi incontri vengono rievocati in più riprese, dapprima secondo quanto l'assassino vuole far credere al re, quindi nel modo in cui il perspicace re capisce essere andate veramente le cose. Ogni evocazione presenta colori dominanti ben definiti (bianco, verde, giallo, ...) nella fotografia. Gli incontri contengono combattimenti di spada nello stile de La tigre e il dragone e di Kill Bill. A differenza di questi film, però, qui sono perfettamente funzionali alla poetica complessiva. Sono una gioia per gli occhi e nello stesso tempo non sembrano essere il fine di una pellicola che deve inventarsi una trama per presentarli. La differenza sembra sfuggire persino al protagonista, Jet Li, che nello speciale con Tarantino ripresenta la tradizione del film cinese di combattimento, da Bruce Lee in poi, quasi che Hero si inserisse in questa tradizione.
Hero è molto di più che una carrellata di combattimenti. Contribuisce, questo sì, a farci capire perché nella definizione arti marziali il termine arti non sia lì per caso. Ma il film starebbe in piedi anche privandolo completamente dei combattimenti. L'epica, poi, non sta tutta nella spada. Vi sono scene di massa memorabili. Le piogge delle frecce scagliate dagli arcieri sulla scuola e poi sulla porta del palazzo difficilmente non resteranno impresse nella memoria dello spettatore. Non per nulla questo è anche il film più costoso prodotto nella storia del cinema cinese.
Ma la narrazione dell'amore tra Cielo e Spada Spezzata costituirebbe di per sé materiale sufficiente a giustificare una pellicola. Il tema della calligrafia, dell'identificazione tra ideogramma e concetto, del lavoro richiesto per l'impadronirsi della scrittura assimilabile all'acquisizione di una filosofia, anche questo ripaga ampiamente il prezzo del biglietto.
Mi resta qualche velata riserva, della quale non sono comunque fino in fondo convinto. Mi pare che il messaggio di fondo del "sotto un unico cielo" sia un filo troppo retorico. Mi pare che questo messaggio sia necessariamente troppo gradito al regime totalitario cinese. Non ho un'idea precisa di quale sia il rapporto tra Yimou e la dittatura comunista oggi, dopo i noti attriti del passato. Lo spettacolo d'inaugurazione delle Olimpiadi lascia intendere che i problemi siano ben appianati. Credo che un Mussolini di oggi avrebbe alquanto gradito un'opera analoga ad Hero, trasposta nel contesto della conquista delle Gallie da parte di Cesare. Eppure questo toglie poco alla bellezza e completezza artistica del risultato.
doge
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DOGECome ci ha insegnato Keynes, i cicli economici si combattono con le
politiche anticicliche. Di solito, quando arriva la recessione si alza la
spesa go...
10 ore fa
2 commenti:
Nonostante gli spintoni della miri, non mi sono mai avvicinato a Hero, quindi non posso neanche riferirmi a quella pellicola con cognizione di causa.
Tuttavia concordo con le perplessità che sollevi verso chi cerca un legame profondo tra Tarantino e Yimou, li vedo molto distanti.
Certo, Tarantino è un amante del cinema di "genere", quindi non fatico a credere che mostri una passione per Bruce Lee, così come riempie di elogi il "poliziottesco" all' italiana di Thomas Millian ecc.
ma in buona parte tutto cio' nasce come gioco.
La sua attrazione, secondo me, è giustificata da un atteggiamento anti-intellettualistico che finisce per fargli apprezzare la parte più sgangherata, immatura, scopertamente e ingenuamente violenta di quei film, dove conta solo l' azione ed ogni forma d' interiorità è ridotta a simulacro convenzionale.
Lui vuole mettere in scena il cinema come passione disordinata, come istinto voyeristico in grado di inquinare ogni lucidità. Gli piace accumulare plastica, è l' estetica del pulp; ogni tanto l' "autentico" (es. la morte) fa capolino ma a noi, desensibilizzati dal "trattamento", appare come un' ulteriore allucinazione. Attenzione, ti parlo da tarantiniano che si è fermato a "Le Iene" e "Pulp fiction".
Per Yimou penso sia molto diverso.
Si tratta semplicemente di rendere omaggio ad un genere tradizionale senza tradire la sua poetica. Yimou è interessato ad una "forma canonica" con cui esercitarsi, Tarantino ad un prodotto-spazzatura con cui riempire la sua discarica colorata e disperata.
Anche in Yimou c'è un omaggio alla tradizione del genere "arti marziali" alla Bruce Lee. C'è anche il ricorso a tutta una serie di stilemi cui fa riferimento anche Tarantino, in modo diverso, nei due Kill Bill (che meritano assolutamente di essere visti, credo che il comprerò in blu ray appena escono), quelli del fumetto manga di stampo giapponese. Gli speciali nei DVD mostrano anche alcuni storyboards. Non amo più molto vedere gli "speciali" dei film, dato che smontano un po' il giocattolo togliendo molto all'effetto "magico" dell'opera, ma qui ho voluto vederli. Quegli storyboards sono molto fumettistici. Scene come quella della spada che si immerge nel lago prima di uno dei combattimenti mentali tra i due amanti, per esempio, è proprio uno stereotipo del genere. Quello che fa Yimou però è giocare con tutto questo per poi però andare ben oltre.
Comunque dovresti vederlo. In particolare il combattimento mentale tra il protagonista e Neve che vola, un balletto sulla bellissima musica del cordofono cinese, è un'altra cosa che da sola vale il biglietto.
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