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martedì 2 dicembre 2008

Paga l'IVA!

Quando abbiamo iniziato a scorgere le spaventose proporzioni del baratro che questa crisi ha palesato (i cui sintomi erano tutti nell'aria, e da anni, ma senza che nessuno di quello che oggi dicono "lo sapevo" ne avessero previsto la magnitudine), la prima idea che mi era venuta è stata "bisogna ridurre l'IVA". E' inutile che il Governo tenti espedientucoli che hanno un sapore tra l'amaro ed il ridicolo, quali il dare 40 euro al mese agli indigenti (è pur vero che per tanta gente quei 40 euro cambiano davvero la vita) oppure pensare di addolcire le tasse sulla tredicesima, quando non si affrontano alla radice i problemi che hanno causato questo stato delle cose. Lo stato delle cose è un'economia che non sta più in piedi. Non si produce più perché le tasse ed i contributi sono troppo alti. Gordon Brown ha immediatamente ridotto al 15% l'IVA in Gran Bretagna, da un già per noi fantascientifico 17,5%. E' con questo tipo di manovre che alla gente torna la voglia di spendere, riportando benzina nel motore che dà il pane a tutta la popolazione. Io spendo decine e centinaia di euro ogni mese acquistando libri, videogames, giochi in scatola, CD, DVD, blu-ray, apparecchi elettronici e molto altro da siti inglesi, tedeschi, americani. Quanto mi piacerebbe acquistare questi beni in Italia. Ma i prezzi (e la qualità dei servizi) non sono nemmeno lontanamente competitivi, anche per colpa dell'IVA (oltre al margine più elevato che i commercianti devono chiedere per pagarsi l'IRES).

In linea con il manifesto einsteniano contro le semplificazioni eccessive, non penso che si possa delineare il quadro complessivo con due parole. Però, almeno per quanto riguarda l'Italia, credo di poter asserire con convinzione che di tutti i fattori che concorrono a deprimere la situazione economica complessiva (con gravi ripercussioni già oggi sui ceti meno benestanti, ma che forse preludono ad una catena che investirà tutti noi), due sono quelli più devastanti: la spesa enorme per il pubblico impiego, e la spesa enorme per le pensioni.

Questi buchi neri che inghiottono la grandissima parte delle finanze pubbliche sono intoccabili. Sulle pensioni si è intervenuti blandamente, con varie faticose riforme, osteggiate duramente dai peggiori nemici dei lavoratori, i sindacati. Gli effetti di questi blandi interventi però li vedremo solo fra decenni. Intanto continuiamo a dare denaro pubblico a baby-pensionati che vent'anni fa hanno iniziato a spillare denaro mentre erano sulla quarantina. Il conto lo pagano anche i pensionati seri, quelli che hanno lavorato davvero, e che oggi qualche volta campano con un tenore vita paragonabile all'accattonaggio. Ma il conto soprattutto lo paghiamo noi tutti che lavoriamo oggi, che subiamo livelli di tassazione intollerabili, che spingono automaticamente chi può all'evasione.

Lo stesso vale per il pubblico impiego, utilizzato per decenni come bacino elettorale. Una massa ipertrofica di persone che svolgono compiti spesso di utilità dubbia o nulla, ipergarantita ed intoccabile. Licenziarli è impensabile. L'unica speranza è quello che si definisce "blocco del turnover": man mano che vanno in pensione, se ne assumono sempre meno per sostituirli. Anche questo, come sappiamo, dà luogo a proteste durissime dall'arcipelago sindacale, che ambisce ad avere Poste che non consegnano in tempi ragionevoli ma "sistemano" un numero inverecondo di persone; compagnie di trasporto marittimo, aereo, stradale e ferroviario che sono le cenerentole d'Europa ma costano più di quelle di altri Paesi efficienti messi insieme; scuole affidate alla buona volontà di una fiumana di persone che porta a casa stipendi da fame e per questo ritiene che lavorare bene (quando ha le competenze ed i mezzi per farlo) sia una concessione che elargisce magnanimamente, e guai pensare di misurarla. Non entriamo poi nei carrozzoni di sanità o - peggio - di enti amministrativi ministeriali, regionali, provinciali, comunali; o degli altri elefantiaci enti statali. Il solo pensare che qualcuno controlli che questa gente sia presente sul posto di lavoro scatena in questo Paese valanghe di proteste, satire feroci, lamentazioni patetiche. Figurarsi se si arrivasse all'idea di verificarne la produttività o la competenza.

Ecco dunque che lo Stato non può ridurre le voci di spesa più consistenti. Anzi, spesso le deve aumentare, poiché l'euro ed altri meccanismi perversi hanno portato a tassi di inflazione reale che rendono impossibile vivere con gli stipendi che cinque anni fa sembravano persino generosi.

L'unica cosa che può fare stare in piedi la baracca è il lavoro di chi produce davvero, di chi paga le tasse con le quali si sfamano le decine di milioni di persone che campano di stipendi e pensioni di Stato. E non voglio dire che i dipendenti pubblici valgano di meno, o che si possa fare a meno di loro in generale. Medici, insegnanti, giudici, forze dell'ordine, persino i politici: quale Paese può andare avanti senza dare massimo onore, trattandole adeguatamente, a queste persone? Ma lo Stato li paga, e le tasse che versa sui loro stipendi sono una partita di giro, le ripaga a se stesso.

Gli statali, infatti, sono in genere favorevoli ad uno Stato dalla fiscalità elevata (tanto loro le tasse le pagano sono formalmente, attraverso questa partita di giro, per mantenere se stessi). Il colmo del ridicolo si tocca quando questi stessi individui, attraverso i loro paladini, si stracciano le vesti se il Governo parifica l'IVA su un bene di lusso quale la TV satellitare. Io, che mi considero benestante, non ho mai fatto un abbonamento a Sky, trovandola cara e voluttuaria. Ma la sinistra, contando sulla facile leva del calcio che tanta passione suscita sulle classi meno colte e più povere, vuole far passare l'idea che Sky sia un servizio non di lusso, persino culturale, e dunque degno di agevolazioni attraverso una tassazione privilegiata.

Da buoni ipocriti statalisti questi, invece di scandalizzarsi perché il Governo non riporta l'aliquota IVA generale almeno al 18% (com'era fino a non molti anni fa), ridando un po' di ossigeno ai contribuenti strozzati, si scandalizzano perché viene tolto un privilegio ai loro amici su un bene di lusso.

Come avere ancora fiducia in questo Paese? Questo è la più grossa delle domande.

venerdì 24 ottobre 2008

Tutti al casinò, ma in grande stile

Trovo che questo periodo, diciamo da qualche settimana, sia complessivamente deprimente. Non so quale sia la chimica di queste cose, ma non riesco a dare una spiegazione completamente razionale a questo stato di cose. Per giorni, uscivo di casa di buon umore, ascoltavo le notizie alla radio ed arrivavo in ufficio di umore pessimo. Finché questo umore pessimo si è stabilizzato, ed ora è in risalita da assuefazione alle pessime notizie.

Non capisco, come probabilmente nessuno capisce, cosa stia accadendo nel mondo della finanza. Ho sempre avuto l’idea che le borse fossero un po’ in bilico tra la serietà del mondo del lavoro ed il gioco demenziale ed azzardato del casinò. Però, visti i capitali e le società che ci stanno dietro, ho sempre propeso per la prima, tanto che una cospicua parte dei miei capitali è investita in fondi comuni azionari un po’ di tutto il mondo. L’incubo legato alla borsa ha sempre avuto un nome preciso: gli “speculatori”. Tutti noi che investiamo in borsa, infatti, speriamo di guadagnare più che con le altre forme più tranquille di investimento. Gli speculatori, però, perseguono questo scopo con mezzucci poco limpidi, facendo in modo che la quotazione dei titoli cambi per ragioni diverse da quelle che dovrebbero regolarla, puntando su rapide operazioni di acquisto e vendita e non sul lungo termine.

Cosa sta accadendo in questi giorni? Sono in corso giochi pesanti da parte degli speculatori, oppure ci sono investitori in preda al panico disposti prima a vendere a qualunque prezzo pur di vendere, poi a ricomprare, poi a rivendere? C’è un legame sensato tra la crisi degli istituti bancari di una parte limitata del mondo ed il disastro che ha colpito tutti i settori di tutto il mondo?

Sempre di più sono convinto che l’Economia sia la disciplina dell’alea totale. Non esistono esperti, in economia. Esistono solo opinionisti, e l’opinione dell’uno vale tanto quanto l’opinione dell’altro. Sono tutti esperti il giorno dopo, ma nelle capacità di previsione non ce n'è uno che non prenda fiaschi colossali. Ecco perché mi sento autorizzato a dare anche la mia opinione, da totale inesperto. Sono convinto che non valga meno di quella dei presunti “esperti”. Metto la premessa indispensabile che i fenomeni coinvolti sono enormi e di massima complessità, per cui questa sarà una semplificazione drastica in cui ogni punto può essere oggetto di errori valutativi ed omissioni enormi.

L’idea che mi sono fatto è questa: qualche anno fa c’è stato un periodo in cui il tasso di sconto era globalmente ai minimi mai visti (almeno da che io abbia memoria). I conti correnti bancari proponevano interessi dello zero virgola (qualche banca furbona non li ha ancora adeguati, ma questo è un altro discorso) ed i mutui a tasso variabile venivano via a prezzi di liquidazione. Non è che la situazione economica fosse rosea, ma tutti noi, vuoi la natura ottimista dell’animo umano, vuoi la propaganda furfantesca dei promotori bancari, ci attendavamo davanti un periodo in cui il Divino Euro ci avrebbe garantito che i tassi di sconto sarebbero rimasti bassissimi. E frotte di persone ed imprese hanno contratto debiti a tasso variabile. (Analoghi fenomeni sono accaduti nelle aree non euro.)

Perché poi i tassi siano saliti così repentinamente e vertiginosamente, questo è il primo mistero doloroso. Personalmente credo che si sia trattato di una manovra speculativa attuata dalle istituzioni (banche centrali, governi) per racimolare denaro facile, sapendo che l’indebitamento complessivo era enorme. Manovra in parte in malafede, dunque, ed in parte anche necessaria per porre qualche rimedio al galoppare dell’inflazione reale, poiché non era più sostenibile continuare artificialmente a misurarla al ribasso, in quanto il crescere dei costi (materie prime, petrolio in primis , e rivendicazioni salariali) aveva ormai fatto gettare la maschera. Questo però non giustifica del tutto quell’aumento, in quanto aumentare il tasso di sconto porta sì ad una maggiore corrispondenza tra i tassi del prestito e l’inflazione, ma produce anche nuova inflazione e difficoltà alle imprese. Che essendo già in crisi per i fenomeni della globalizzazione (competizione da mondi che hanno condizioni legislative non paragonabili) non hanno avuto altre scelte che alzare i prezzi (generando inflazione), indebitarsi ulteriormente, e/o fallire. Ma la conseguenza peggiore, per ora, si è vista sui privati cittadini che avevano contratto debiti a tasso variabile. Questi si sono visti aumentare le rate di cifre assurde, anche del 30% (ed il perché così tanto è per me il secondo mistero doloroso), ed in qualche caso sono arrivati al default. Nei paesi le cui popolazioni sono più “leggerotte” nel rivolgersi al credito (USA, Gran Bretagna) questo ha avuto conseguenze più drammatiche, ma anche da noi la situazione è grave.

Ora, vista la drammaticità del momento, le banche centrali hanno iniziato ad allentare la morsa dei tassi, ed i governi hanno dovuto dare garanzie sulla liquidità delle banche. I debiti restano, e quindi prima o poi saranno pagati (anche con profumate penali). Sarebbe assurdo pertanto che fallissero le banche solo per carenza di liquidità. Ma intanto i governi la devono garantire sotto forma di obbligazioni, e anche questo ha un costo.

Perché gli “esperti” non hanno saputo prevedere che il crescere illimitato del debito avrebbe portato a grossi problemi? Qualcuno, speculatori di borsa a parte, ci ha guadagnato?

Non sono esperto, ma c'è un altro fenomeno che nella mia inesperienza mi lascia un po' perplesso. Quasi tutte le nazioni ricorrono abitualmente all'indebitamento, per sistemare i loro conti, emettendo bond. Il nostro (non unico) lo fa da parecchi decenni. Ridurlo è praticamente impossibile, a meno di avere la forza di ignorare le inevitabili proteste di piazza che si vedono non appena si inizia a tagliare le spese (lasciando inevitabilmente a casa parecchi pubblici dipendenti). Ma il debito può crescere all'infinito? Finora si è provveduto, con l'aumento delle imposizioni ed il giochetto della svalutazione monetaria, ad impedire che si arrivasse al default. Ma cosa accadrebbe se ad un certo punto la crisi di liquidità generale portasse ad avere i bond invenduti? L'Argentina è stata un caso isolato oppure è il precursore di un fenomeno che prima o poi vedrà stati ben più importanti cadere uno dopo l'altro come pedine del domino? Davvero investire in titoli di stato è così sicuro?

Considerazioni conclusive:

  1. Mai fidarsi troppo dei bancari. Mai indebitarsi oltre lo stretto necessario. Meglio una casa o un’auto o una tv piccola ma che si può pagare in fretta (possibilmente sull'unghia), piuttosto che mutui pluridecennali che sono di fatto salti nel buio.
  2. Mai fidarsi degli esperti e degli economisti in genere. Purtroppo però anche l’istinto non è automaticamente miglior consigliere. Non si può nemmeno investire tutto il proprio capitale in obbligazioni a tassi dimezzati rispetto all’inflazione reale, né in case che hanno costi di mantenimento elevati e prezzi ben al di sopra di qualunque logica. Investire in azioni, dunque, resta una necessità, pur di non andare oltre la quota di cui si è certi di poter fare a meno per lungo tempo.