Visualizzazione post con etichetta estetica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta estetica. Mostra tutti i post

martedì 8 luglio 2008

Il rock, il pop, l'Arte

Ric (rispondo qui al tuo commento, vista l'estensione della risposta), so che non è semplice stabilire cosa sia Arte e cosa no. Credo che non ci sia nessuno, tranne qualche matto o patetico provocatore, che possa mettere in discussione che quella di Bach, di Caravaggio, di Dante, di Brunelleschi, sia arte. Al di fuori di quella (ricchissima) vena, quella dell'Arte a 24 carati, c'è un limbo altrettanto ampio, sul confine tra arte ed intrattenimento. Io faccio fatica a stabilire se Blade runner o Star Wars siano arte o no, se lo siano i progetti di Renzo Piano, se lo sia una Ferrari, una buona pizza, il lavoro di un bravo muratore. La famosa "tabellina" è virtuale, non esistono formulette, né esiste un'oggettività nella classificazione. E' lecitissimo che tu possa proporre che Vasco Rossi faccia arte, e che io lo escluda categoricamente. Però questo significa che Vasco Rossi sta in quel limbo, al contrario di Bach. E già lo stare nel limbo per me è motivo sufficiente per cambiare colore al bollino.

L'arte deve nutrire e dare soddisfazione alla mente. Ogni mente ha bisogno di nutrimenti diversi, forse la risposta è tutta lì.

Nota che da sempre sostengo che è difficilissimo valutare la produzione artistica contemporanea. Il tempo è un bel setaccio, che fa sedimentare le cose di minor valore e trattiene quelle migliori. Siamo bombardati, oggi più che mai prima, da proposte innumerevoli. Non è facile valutarle. Oltretutto quelle che arrivano più facilmente sono quelle più easy, più intrattenenti, meno faticose. 30 anni fa, in certi ambienti artistici, era facile sentire persino i più sgamati dire cose come "la musica è morta alla fine dell'Ottocento". Poi però tutto ormai concordano che Stravinski, Messiaen, Duruflé, Ravel e vari altri avevano comunque qualcosa di buono e di nuovo da lasciare. Ci sono anche tanti altri nomi che persistono, ma che difficilmente si troveranno nelle locandine delle stagioni concertistiche. Lo stesso vale per il secondo Novecento, ma tirare fuori i nomi è molto più difficile. Sarà più semplice per i nostri figli. Soprattutto in Italia, dove non c'è proprio spazio per l'arte contemporanea, non ci sono soldi, viene dato sostegno agli immanicati coi politici, non c'è preparazione per gli esecutori. In Inghilterra, negli Stati Uniti, in Germania, l'arte "colta" vive e vegeta. Ci sono cose magnifiche, in mezzo a tanta fuffa, che qui da noi non ci sognamo nemmeno. C'è gente che sa improvvisare così ed ha gli strumenti su cui farlo. Non c'è la muffa che c'è nei nostri conservatori. (A proposito di conservatori, di rock band che si esibiscono nei conservatori o nelle sale da concerto per fortuna non ce n'è molte. Non traggo nessuna conseguenza dal fatto che ciò avvenga, che giustifico con motivazioni economico/commerciali oppure, nei mometi di generosità, come sperimentazioni. Ho il DVD di Björk al Royal Opera House di Londra, magnifica ma innegabilmente fuori luogo. Se penso poi che in queste sale si sono esibite spazzature quali i Deep Purple o Battiato...)


Purtroppo riscontro che abbiamo concezioni abbastanza lontane su cosa vogliamo dalla musica. Gli elementi che chiami "noise", "indisciplinata rumoristica" per me sono disturbo. Sfortunatamente anche la mia già citata Björk negli ultimi album è su questa china. C'è una compostezza, un ordine che è per me necessario nell'Arte. Se è ipotizzabile un isomorfismo tra arte e qualcos'altro, per me c'è tra Arte ed Ordine (stiamo parlando di due concetti astratti, per cui è ovvio che isomorfismo va preso come metafora). Il rumore è caos, disordine, quindi poco artistico, anche se non nego che possa essere usato in modo ordinato (ho in mente una performance degli Stomps cui ho assistito, oppure ancora Björk). Dunque, gli "effetti distorsivi" che mancano nelle partite di Bach (in compenso ricchissime di effetti ritmici e di armonie inusuali), come in tutta la musica precedente l'introduzione degli strumenti elettrofoni, è per me ragione di ordine e quindi di merito. Forse sarò ingenuo nel credere che la produzione dell'arte (non mi spingo a dire la fruizione, per non passare per classista) sia riservata agli spiriti eletti, a quelli più raffinati, e sia preclusa a quelli rozzi che così spesso calcano i palcoscenici rock.

Non credo che sia ingenuo invece cercare nella musica almeno la padronanza del linguaggio da parte dell'autore. La musica è fatta di quattro elementi: melodia, armonia, ritmo, colore (timbro). Questi ci danno ampio spazio di manovra. Possiamo anche giocare a sottrarre, a scarnificare uno o più di questi elementi. Ma vorrei che questo gioco lo giochi chi è maestro del linguaggio, non chi lo fa perché è privo di mezzi. Questo non significa che non possa dare il bollino blu a culture artistiche diverse, che usano linguaggi, tavolozze armoniche, ritmiche, melodiche e timbriche diverse. Ci mancherebbe altro! Anzi, trovo che quello della contaminazione sia un territorio interessantissimo ed ancora in buona parte da esplorare (quello che ha fatto per esempio il grande Bartók).

Il rock però si innesta solo sulla radice della musica occidentale, dalla quale prende pochissimi elementi e con questi costruisce tutto. Linguaggio "povero", dunque (e sull'arte fatta con mezzi poveri sono sempre stato scettico). Nota che trovo ammirevole la ricchezza (in termini quantitativi e qualche rara volta qualitativi) dei risultati che riesce a tirare fuori da questi poveri elementi, ma non si può dire che semplicemente il rock utilizzi un linguaggio diverso dalla musica colta. Sarebbe come dire che Moccia fa arte, che semplicemente usa un linguaggio diverso.

Come ho già detto, la musica "incolta" mi piace, qualche volta anche parecchio, ed ho un discreto numero di dischi. In passato sono stato anch'io tentato di pensare che la musica "colta" fosse qualcosa di sterile, fuori dal tempo, sperimentale, inutile, mentre che l'arte del nostro tempo sia quella che la gente apprezza di più, la musica leggera, il cinema facile, i libri di Camilleri e di Baricco. Poi, certe esperienze mi hanno fatto cambiare radicalmente idea, sebbene un problema di fondo di fruibilità dell'arte contemporanea indubbiamente esiste (in passato l'arte di Bach, di Mozart, di Verdi, sebbene non "popolare", veniva canticchiata anche dal volgo, oggi chi canticchia Xenakis o Ligeti?). Forse un compromesso può essere la strada dell'innesto di stilemi "pop" nella musica colta, com'è avvenuto fruttuosamente col jazz, e sono praticabili anche altri innesti multimediali. Vari artisti contemporanei qualche volta sono riusciti a portare frutti interessanti (anche qui, tristemente, mi vengono in mente solo esempi inglesi ed americani, nomi che da noi non arrivano nemmeno, nessun italiano). Ma il pop è talmente povero che di solito riesce solo ad immiserire tutto quello che tocca.

Dei nomi che hai citato purtroppo non ce n'è uno che mi dica qualcosa. Non conosco tanto, lo ammetto. Forse la mia drasticità in fondo deriva da ignoranza, non lo nego. Qualche volta ho provato a cercare qualcosa di pop fuori dal mainstream. Sfortunatamente le delusioni sono state cocenti. Avrò l'orecchio deformato, non so. Anche provando ad ascoltare qualcuno dei brani linkati nel tuo blog, resisto pochi secondi, mi annoiano e mi disturbano. Il limite nel giudizio complessivo sarà senz'altro mio. I limiti nella padronanza del linguaggio da parte di quella gente, però, oserei dire che sono oggettivi. Se però hai voglia di propormi qualcosa, sarò molto lieto di accostarmici.

Avrei qualcosa da dire anche sui testi della musica pop e sulle loro suggestioni. Ora devo però buttarmi a capofitto nel lavoro. A presto.

domenica 6 luglio 2008

Sulla completezza dell'arte

Credo e spero di aver capito quanto l’amico Broncobilly voglia dire, nelle sue riflessioni sull’arte. Ne colgo le buone intenzioni e, tutto sommato, condivido gli intenti. Tuttavia continuo a vederla diversamente. Non sono completamente d’accordo nell’impostazione degli 8 punti, pur ammettendo che non l’ho meditata abbastanza da esprimere un mio parere definitivo.

Vorrei a questo punto trarre qualche conclusione dalla discussione che ne è seguita. Di fatto non credo che l’arte debba ambire alla completezza. E’ un ideale che trovo velleitario, utopistico e, quello che è peggio, inutile. Non fosse altro che perché è in ogni singola opera che si dà la patente di “arte”. Se anche un artista possa lecitamente ambire alla completezza, se anche qualche artista - credo - la raggiunga, difficilmente possiamo credere che ogni singola opera di ogni singolo artista rappresenti il Tutto. Prendiamo per esempio un quadro che mi ha folgorato completamente quando mi ci sono trovato davanti al Prado, Las Meninas del Velasquez.



Non so giustificare perché, ma poche volte un dipinto mi ha sconvolto come quello. Bronco concorderà che contiene molto, tra cui quegli elementi che nega appartenere a Bach, che nasce una trentina d’anni dopo quel quadro. Forse c’è quasi tutto, in quel quadro, ma c’è davvero tutto? Tutta l'umanità è raffigurata in quel quadro? Tutto il trascendente? Non credo.

Mettiamo in discussione, a questo punto, la prop4. La singola opera d’arte non può essere completa, non può ambire a rappresentare il Tutto come suo oggetto e soggetto. L’infinito non può stare nel finito (anche se concordo che l’arte debba necessariamente trascendere, portare il fruitore oltre la sua finitezza) né, se lo scopo dell’arte è la ricerca del “bello” (e io credo di sì, purtroppo tantissimi dissentono, l’estetica di Adorno ha ancora oggi parecchi adepti), la completezza è utile ai fini della bellezza. Però, se sostituiamo totalità con universalità, allora forse ci siamo.

L’universalità è una necessità per l’arte sotto diversi aspetti. Universalità di spazio, di tempo, di livello di comunicazione. Deve comunicare qualcosa (non necessariamente un messaggio politico, mi accontenterei di emozioni, sensazioni, interpretazioni puramente estatiche) al “tecnico” tagliato come al bambino eschimese che si trova davanti per la prima volta senza possedere alcuna chiave per decifrarne il linguaggio, o possedendone solo i rudimenti. Purtroppo troppa supposta arte del Novecento ha fallito sotto questo aspetto. Comunica qualcosa solo a chi è in grado di coglierne riferimenti, allusioni, contesto, sottintesi, mirando a trasmettere un messaggio, quasi sempre provocatorio, anziché un’emozione.

Bach è universale, anche nell’Arte della fuga. Il Pierrot lunaire forse lo è un po’ meno. Molto meno lo è anche Vasco Rossi, che soddisfa i palati più facili ma lascia parecchia arsura nella bocca del musicista. Non nego che anche un musicista possa avere reazioni emotive di fronte a Vasco Rossi (non credo proprio, ma non lo nego del tutto). Insomma, a me piace ascoltare il brit pop degli anni ’80, vado matto per And that's no lie degli Heaven 17.

Non la considero però Arte, poiché sono troppi i “livelli” che mancano in quella musica. Soddisfa solo gli istinti più bassi, sia dal punto di vista musicale che dal quello testuale. Ciò che spesso oggi viene chiamata arte o cultura, è in realtà solo una pseudoarte. Non credo che l'Arte possa essere creata da persone che non abbiano una preparazione tecnica di livello elevatissimo (premessa necessaria ma non sufficiente). La pseudoarte imperversa ai cinema, sugli scaffali delle librerie, nei negozi di dischi, in televisione, su internet. E' lecitissima, io ne fruisco a piene mani, mi diletta. Ne colgo però tutti i limiti, ci sono corde che non tocca minimamente, non comunica ai “piani alti”. Allora, se la totalità cui fa riferimento la quarta proposizione di Bronco è questa, sottoscrivo quell’affermazione. Ma a questo punto non capisco come possa negare questa completezza a Bach.

Mi prendo ora la briga di copiare l’amato Pontiggia di Prima persona.


Arte e provocazione - Un quadro bianco, quando lo dipingeva Piero Manzoni, era una provocazione (e anche un quadro). Ventidue quadri bianchi erano una mostra (ricordo quando l’avevo visitata con lui che mi spiegava, ridendo con serietà, che cosa significavano i titoli, ad esempio La sofferenza di Patroclo, in rapporto alle tele). Ma due mostre di quadri bianchi che cosa sono? E sette mostre?
Molta arte di avanguardia si elide per contiguità. Basta radunarla. Non accade lo stesso per il Quattrocento toscano.