martedì 2 dicembre 2008

Paga l'IVA!

Quando abbiamo iniziato a scorgere le spaventose proporzioni del baratro che questa crisi ha palesato (i cui sintomi erano tutti nell'aria, e da anni, ma senza che nessuno di quello che oggi dicono "lo sapevo" ne avessero previsto la magnitudine), la prima idea che mi era venuta è stata "bisogna ridurre l'IVA". E' inutile che il Governo tenti espedientucoli che hanno un sapore tra l'amaro ed il ridicolo, quali il dare 40 euro al mese agli indigenti (è pur vero che per tanta gente quei 40 euro cambiano davvero la vita) oppure pensare di addolcire le tasse sulla tredicesima, quando non si affrontano alla radice i problemi che hanno causato questo stato delle cose. Lo stato delle cose è un'economia che non sta più in piedi. Non si produce più perché le tasse ed i contributi sono troppo alti. Gordon Brown ha immediatamente ridotto al 15% l'IVA in Gran Bretagna, da un già per noi fantascientifico 17,5%. E' con questo tipo di manovre che alla gente torna la voglia di spendere, riportando benzina nel motore che dà il pane a tutta la popolazione. Io spendo decine e centinaia di euro ogni mese acquistando libri, videogames, giochi in scatola, CD, DVD, blu-ray, apparecchi elettronici e molto altro da siti inglesi, tedeschi, americani. Quanto mi piacerebbe acquistare questi beni in Italia. Ma i prezzi (e la qualità dei servizi) non sono nemmeno lontanamente competitivi, anche per colpa dell'IVA (oltre al margine più elevato che i commercianti devono chiedere per pagarsi l'IRES).

In linea con il manifesto einsteniano contro le semplificazioni eccessive, non penso che si possa delineare il quadro complessivo con due parole. Però, almeno per quanto riguarda l'Italia, credo di poter asserire con convinzione che di tutti i fattori che concorrono a deprimere la situazione economica complessiva (con gravi ripercussioni già oggi sui ceti meno benestanti, ma che forse preludono ad una catena che investirà tutti noi), due sono quelli più devastanti: la spesa enorme per il pubblico impiego, e la spesa enorme per le pensioni.

Questi buchi neri che inghiottono la grandissima parte delle finanze pubbliche sono intoccabili. Sulle pensioni si è intervenuti blandamente, con varie faticose riforme, osteggiate duramente dai peggiori nemici dei lavoratori, i sindacati. Gli effetti di questi blandi interventi però li vedremo solo fra decenni. Intanto continuiamo a dare denaro pubblico a baby-pensionati che vent'anni fa hanno iniziato a spillare denaro mentre erano sulla quarantina. Il conto lo pagano anche i pensionati seri, quelli che hanno lavorato davvero, e che oggi qualche volta campano con un tenore vita paragonabile all'accattonaggio. Ma il conto soprattutto lo paghiamo noi tutti che lavoriamo oggi, che subiamo livelli di tassazione intollerabili, che spingono automaticamente chi può all'evasione.

Lo stesso vale per il pubblico impiego, utilizzato per decenni come bacino elettorale. Una massa ipertrofica di persone che svolgono compiti spesso di utilità dubbia o nulla, ipergarantita ed intoccabile. Licenziarli è impensabile. L'unica speranza è quello che si definisce "blocco del turnover": man mano che vanno in pensione, se ne assumono sempre meno per sostituirli. Anche questo, come sappiamo, dà luogo a proteste durissime dall'arcipelago sindacale, che ambisce ad avere Poste che non consegnano in tempi ragionevoli ma "sistemano" un numero inverecondo di persone; compagnie di trasporto marittimo, aereo, stradale e ferroviario che sono le cenerentole d'Europa ma costano più di quelle di altri Paesi efficienti messi insieme; scuole affidate alla buona volontà di una fiumana di persone che porta a casa stipendi da fame e per questo ritiene che lavorare bene (quando ha le competenze ed i mezzi per farlo) sia una concessione che elargisce magnanimamente, e guai pensare di misurarla. Non entriamo poi nei carrozzoni di sanità o - peggio - di enti amministrativi ministeriali, regionali, provinciali, comunali; o degli altri elefantiaci enti statali. Il solo pensare che qualcuno controlli che questa gente sia presente sul posto di lavoro scatena in questo Paese valanghe di proteste, satire feroci, lamentazioni patetiche. Figurarsi se si arrivasse all'idea di verificarne la produttività o la competenza.

Ecco dunque che lo Stato non può ridurre le voci di spesa più consistenti. Anzi, spesso le deve aumentare, poiché l'euro ed altri meccanismi perversi hanno portato a tassi di inflazione reale che rendono impossibile vivere con gli stipendi che cinque anni fa sembravano persino generosi.

L'unica cosa che può fare stare in piedi la baracca è il lavoro di chi produce davvero, di chi paga le tasse con le quali si sfamano le decine di milioni di persone che campano di stipendi e pensioni di Stato. E non voglio dire che i dipendenti pubblici valgano di meno, o che si possa fare a meno di loro in generale. Medici, insegnanti, giudici, forze dell'ordine, persino i politici: quale Paese può andare avanti senza dare massimo onore, trattandole adeguatamente, a queste persone? Ma lo Stato li paga, e le tasse che versa sui loro stipendi sono una partita di giro, le ripaga a se stesso.

Gli statali, infatti, sono in genere favorevoli ad uno Stato dalla fiscalità elevata (tanto loro le tasse le pagano sono formalmente, attraverso questa partita di giro, per mantenere se stessi). Il colmo del ridicolo si tocca quando questi stessi individui, attraverso i loro paladini, si stracciano le vesti se il Governo parifica l'IVA su un bene di lusso quale la TV satellitare. Io, che mi considero benestante, non ho mai fatto un abbonamento a Sky, trovandola cara e voluttuaria. Ma la sinistra, contando sulla facile leva del calcio che tanta passione suscita sulle classi meno colte e più povere, vuole far passare l'idea che Sky sia un servizio non di lusso, persino culturale, e dunque degno di agevolazioni attraverso una tassazione privilegiata.

Da buoni ipocriti statalisti questi, invece di scandalizzarsi perché il Governo non riporta l'aliquota IVA generale almeno al 18% (com'era fino a non molti anni fa), ridando un po' di ossigeno ai contribuenti strozzati, si scandalizzano perché viene tolto un privilegio ai loro amici su un bene di lusso.

Come avere ancora fiducia in questo Paese? Questo è la più grossa delle domande.

lunedì 24 novembre 2008

La perfezione del cristiano

Sullo spunto delle letture della liturgia ambrosiana di ieri (domenica di Giovanni battista), di un incontro sulla "parabola del seminatore" e di una serie di scambi qui, riorganizzo un attimo i pensieri.

Diana cita il racconto dei pesci-banana di Salinger: "Gesù Cristo suggerice quanto segue: "Siate dunque perfetti, proprio come è perfetto il Padre vostro che sta nei cieli."" (il brano poi prosegue a dimostrare che Dio non è perfetto perché permette il male e la sofferenza, che non si capisce cosa c'entri con la perfezione). 

Non posso certo dirmi un autorevole esegeta biblico, ma mi sembra chiaro che Salinger del cristianesimo non abbia capito proprio un accidenti.

Il messaggio del Vangelo sulla perfezione che cita Salinger sta in Matteo 5, nella pagina delle beatitudini. Forse è meglio leggerlo per intero: 

[43-48] Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 

Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
 

La perfezione sta dunque nell'amare anche chi non ci ama, come Dio ama chi non lo ama. 

La faccenda è tutt'altro che semplice, com'è ovvio, ed abbastanza in contrasto con la tradizione ebraica. E' interessante, da questo punto di vista, confrontare il brano con quello proposto dalle letture ambrosiane di ieri, quello di Giovanni il battista (Matteo 3). 

[7-12] Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, [Giovanni] disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Gia la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile". 

Giovanni, personaggio austero che vive nel deserto (ma non è un eremita, bensì un predicatore) è perfettamente in linea con l'idea ebraica (e che poi sarà anche quella islamica) di un Dio vendicatore giustiziero, e di un Messia che verrà a spazzare l'aia e buttere nel fuoco i cattivi. E tra questi mette pure farisei e sadducei, gente che pensava di essere a posto con la coscienza perché eseguiva tutti i gesti esteriori del rito. 

Giovanni farà una brutta fine, con la testa mozzata per assecondare i capricci di Erodiade, la moglie del fratello di Erode (Matteo 14). Ma prima di questo, c'è l'episodio di Matteo 11: 

[1-3] Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". 

Certo, si può leggere in vario modo questa domanda di Giovanni. Ma l'idea è che Giovanni si aspettasse questo Messia-giustiziere, ed invece si trova una persona mansueta, che predica amore, tolleranza e frequenta gente equivoca (per dirla con le parole di Gesù stesso, sempre da Matteo 11: "È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.") e quindi gli fa domandare se è proprio lui quello che attendevano, il che è come dire che Gesù non è esattamente quello che si aspettavano. 

La perfezione chiesta da Gesù nulla ha dunque a che vedere con quanto dice Salinger. Gesù chiede di essere aperti, accogliere la sua parola come la terra fertile accoglie il seme del seminatore, essere disposti a migliorarsi, non dire "sono fatto così" e basta, dovete prendermi per quello che sono (e sono il primo a testimoniare che è cosa durissima), né dire "sono già a posto" perché si compiono quattro gesti esteriori. Non che quei quattro gesti non contino nulla: la soluzione "faccio da me perché i riti istituzionalizzati tanto sono vuoti", come la soluzione protestante del rapporto diretto con Dio attraverso solo la Parola sono anch'esse un travisamento totale completamente fuori da quanto chiaramente esplicitato nei Vangeli. Non fosse altro che per il semplice fatto che Gesù di parole ne ha scritte ben poche, e quelle poche le ha scritte sulla terra, affidando i suoi insegnamenti completamente alla trasmissione da parte dei suoi discepoli.

giovedì 6 novembre 2008

Nonoverlapping magisteria

E' disponibile in rete un importante documento di Stephen Jay Gould, un paleontologo americano scomparso quattro anni fa, che si definiva "ebreo agnostico". Scritto nel 1997, tratta del rapporto tra scienza e religione, con particolare enfasi sulla questione evoluzionistica. Quel documento mi ha colpito parecchio e trovo che meriti una grande attenzione. Pertanto mi sono dedicato ad un'opera di traduzione (sperando di non infrangere alcun copyright).

Ecco dunque il testo del NOMA tradotto in italiano. Quando avrò tempo aggiungerò i miei commenti.




Magisteri che non si sovrappongono
di
Stephen Jay Gould

Luoghi incongrui spesso ispirano storie anomale. All'inizio del 1984 ho passato qualche notte in Vaticano, ospitato in un albergo destinato ai preti di passaggio. Mentre ponderavo su problemi enigmatici, tipo quale fosse lo scopo dei bidet collocati in ogni bagno, ed ero attanagliato dal desiderio di qualcosa di diverso dalla marmellata di prugne a colazione (perché il cestino conteneva solo centinaia di confezioni identiche di prugna e nemmeno una, per esempio, di fragola?), mi sono imbattuto in una delle innumerevoli questioni relative ai contrasti culturali che rendono la vita così interessante. Il nostro gruppo (che si trovava a Roma per un incontro sugli effetti climatici della guerra nucleare sponsorizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze) condivideva l'albergo con un gruppo di gesuiti francesi ed italiani, che erano anche scienziati professionisti.

A pranzo, questi preti mi chiamarono alla loro tavola per pormi un problema che li preoccupava. Che succedeva in America, volevano sapere, con tutto questo parlare di "creazionismo scientifico"? Uno mi chiese: "L'evoluzionismo è davvero in difficoltà e, se sì, quale potrebbe essere questa difficoltà? Mi è sempre stato detto che non esiste alcun conflitto di dottrina tra l'evoluzionismo e la fede cattolica, e le prove dell'evoluzione sembrano tanto interamente soddisfacenti quanto prorompenti. Mi è sfuggito qualcosa?"

Una vivace conversazione impasticciata tra francese, italiano ed inglese ne seguì per una mezz'oretta, ma i preti sembrarono rassicurati dalla mia risposta generica: l'evoluzionismo non ha incontrato alcun problema di natura intellettuale; nessun nuovo argomento è stato proposto. Il creazionismo è solo un fenomeno culturale autoprodotto dalla storia socioculturale americana - un movimento separatista (purtroppo, di questi tempi, più di una quisquilia) fatto di fondamentalisti protestanti che credono che ogni parola della Bibbia debba essere vera alla lettera, qualunque cosa questa pretesa possa significare. Ci siamo lasciati tutti soddisfatti, ma certamente mi sono sentito sconcertato dall'anomalia del mio ruolo di ebreo agnostico che cercava di rassicurare un gruppo di preti cattolici che l'evoluzionismo restasse allo stesso tempo vero ed integralmente coerente con il credo religioso.

Un altro aneddoto dello stesso stampo: mi viene spesso chiesto se mi capiti di percepire che il creazionismo sia problema sentito tra i miei studenti di Harvard. Io rispondo che, in quasi trent'anni di insegnamento, solo una volta mi sono trovato in una simile situazione. Uno studente del primo anno, molto sincero e serio, venne nel mio ufficio con la seguente domanda, che evidentemente lo turbava profondamente: "Sono un cristiano devoto e non ho mai avuto alcuna ragione per dubitare dell'evoluzionismo, un'idea che sembra entusiasmante e particolarmente ben documentata. Ma il mio compagno di stanza, un evangelico dedito al proselitismo, ha insistito con gran forza che io non possa essere allo stesso tempo un vero cristiano ed un evoluzionista. Mi dica dunque, può una persona credere sia in Dio che all'evoluzione?" Dunque, ho deglutito, ho compiuto il mio dovere intellettuale e l'ho rassicurato che l'evoluzione era sia vera che integralmente compatibile con il credo cristiano - una posizione che mantengo sinceramente, ma comunque una strana situazione per un ebreo agnostico.

Queste due storie illustrano un punto cardine, frequentemente trascurato ma assolutamente centrale per qualunque comprensione dello stato e dell'impatto della dottrina fondamentalista, politicamente potente, nota con l'autoproclamato ossimoro di "creazionismo scientifico", cioè la pretesa che la Bibbia sia vera alla lettera, che tutti gli organismi siano stati creati durante sei giorni di ventiquattr'ore, che la Terra sia vecchia solo poche migliaia di anni, e che l'evoluzionismo debba dunque essere falso. Il creazionismo non mette la scienza contro la religione (come mostra la mia storia di apertura), poiché un simile conflitto non esiste. Il creazionismo non alza alcuna obiezione intellettuale sulla natura della biologia o della storia della vita. Il creazionismo è un movimento locale e parrocchiale, rilevante, tra le nazioni occidentali, solo negli Stati Uniti e prevalente solo nei pochi settori del protestantesimo americano che scelgono di leggere la Bibbia come un documento infallibile, vero alla lettera in ogni iota e virgola.

Io non dubito che occasionalmente si possa incontrare una nonnina che preferirebbe insegnare il creazionismo nella sua classe di biologia della scuola parrocchiale, o un rabbino che faccia lo stesso nella sua scuola talmudica, ma il creazionismo basato sulla letteralità biblica ha poco senso sia nel cattolicesimo che nell'ebraismo, dato che nessuna di queste religioni mantiene una tradizione estesa di leggere la Bibbia come verità alla lettera piuttosto che come lettura illuminante, basata parzialmente sulla metafora e l'allegoria (componenti essenziali di qualunque buona scrittura) e richiedente un'interpretazione per una corretta comprensione. La maggior parte dei gruppi protestanti, ovviamente, prendono la stessa posizione, nonostante la frangia fondamentalista.

La posizione che ho appena delineato con aneddoti personali ed affermazioni generali rappresenta oggi l'atteggiamento di tutte le principali religioni occidentali (e della scienza occidentale). (Non posso, per ignoranza, parlare delle religioni orientali, benché sospetti che la stessa posizione prevalga nella maggior parte di esse.) La mancanza di conflitto tra scienza e religione nasce dalla mancanza di sovrapposizione tra i rispettivi domini di competenza professionale: la scienza sulla costituzione empirica dell'universo, la religione nella ricerca di giusti valori etici e del senso spirituale delle nostre vite. Il conseguimento della saggezza in una vita piena richiede un'attenzione intensa ad entrambi i domini, dato che un grande libro ci dice che la verità ci può rendere liberi e che vivremo in un'armonia ottimale con i nostri compagni quando impareremo a comportarci con correttezza, ad amare il perdono ed a muoverci con umiltà.

Nel contesto di questo atteggiamento standard, mi sono trovato alquanto stupito da una dichiarazione rilasciata da Papa Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1996 alla Pontificia Accademia delle Scienze, lo stesso organismo che aveva sponsorizzato il mio precedente viaggio in Vaticano. In questo documento, intitolato La verità non può contraddire la verità, il papa difendeva sia l'evidenza dell'evoluzionismo che la coerenza della teoria con la dottrina religiosa cattolica. I giornali di tutto il mondo risposero con titoli di prima pagina, come nel New York Times del 25 ottobre: Il Papa enfatizza il supporto della Chiesa alla visione scientifica dell'evoluzione.

Ora, lo so che ci sono giorni con notizie scarse e ammetto che nient'altro cercava di conquistarsi i titoli in quel momento particolare. (Il Times non poteva sfruttare null'altro di più entusiasmante che il rifiuto di Ross Perot di accettare il consiglio di Bob Dole di abbandonare la competizione presidenziale.) Tuttavia, non potevo fare a meno di interrogarmi sul perché di tutta quest'attenzione dedicata alla dichiarazione papale (pur essendo profondamente compiaciuto, ovviamente, poiché abbiamo bisogno di tutta la buona stampa possibile, specialmente da stimabili fonti esterne). La Chiesa cattolica non si era mai opposta all'evoluzionismo e non aveva nessuna ragione per farlo. Perché il papa aveva rilasciato una simile dichiarazione? E perché la stampa aveva reagito con un'orgiastica copertura sulle prime pagine di tutto il mondo?

Inizialmente ho potuto solo concludere, e sbagliando come mi sono presto reso conto, che i giornalisti di tutto il mondo dovevano profondamente fraintendere la relazione tra scienza e religione, e di conseguenza si erano ingiustificatamente sentiti in dovere di innalzare un commento papale minore a proclama. Forse la maggioranza della gente pensa veramente che esista un conflitto tra scienza e religione e che (per citare un caso particolarmente degno di nota) l'evoluzionismo debba essere intrinsecamente in conflitto con il cristianesimo. In un simile contesto, un'ammissione papale della legittimità dello stato dell'evoluzionismo potrebbe davvero essere visto come grande notizia - una sorta di equivalente moderno di di un evento che non è mai successo, ma che sarebbe stata una bomba giornalistica nel 1640: Papa Urbano VIII rilascia il suo prigioniero più famoso dagli arresti domiciliari e umilmente si scusa: "Mi spiace signor Galileo... in effetti il Sole è, ehm, centrale".

Ma ho a quel punto scoperto che la copertura prominente della compiacenza papale verso l'evoluzionismo non era stato un errore dei giornalisti anglofoni non cattolici. Anche lo stesso Vaticano aveva rilasciato il documento come notizia importante. E i quotidiani italiani avevano presentato, se possibile, ancora maggiori titoli ed articoli più lunghi. Il conservatore "Il Giornale", ad esempio, sparava in prima pagina "Il papa dice che potremmo discendere dalle scimmie".

Evidentemente, io ero fuori dal mondo. Qualcosa di nuovo o sorprendente doveva nascondersi all'interno del documento papale - ma cosa poteva mai essere? - specialmente vista l'accuratezza della mia prima impressione (che ho poi verificato essere vera) che la Chiesa cattolica dia importanza allo studio scientifico, non vedendo la scienza come minaccia alla religione in generale o alla dottrina cattolica in particolare, ed abbia da lungo tempo accettato sia la legittimità dell'evoluzionismo come campo di studio, sia la possibile armonia tra le conclusioni evoluzioniste e la fede cattolica.

Avendo collaborato con Tip O'Neill, so certamente che "tutta la politica è locale" - e che il Vaticano ha di certo le sue ragioni interne, piuttosto oscure per me, per annunciare il supporto papale dell'evoluzionismo come atto importante. Tuttavia mi rendevo conto che mi mancava qualche chiave importante, e trovavo ciò frustrante. Mi venne allora in mente la regola numero uno della vita intellettuale: quando sei nel dubbio, non fa mai male leggere i documenti di prima mano - un principio semplice ed autoevidente che è, nonostante tutto, completamente sparito da larghi settori della pratica americana.

Io sapevo che papa Pio XII (a dire poco non una delle mie figure preferite del ventesimo secolo) aveva rilasciato la prima dichiarazione in un'enciclica del 1950 intitolata Humani Generis. Conoscevo il punto chiave del suo messaggio: i cattolici potevano credere qualunque cosa la scienza stabilisse circa l'evoluzione del corpo umano, purché accettassero che, in un qualche momento da lui stabilito, Dio abbia infuso l'anima in questa creatura. Sapevo anche che questa affermazione non mi creava problemi poiché, qualunque fossero le mie convinzioni private sulle anime, la scienza non può toccare questo argomento e quindi non può essere minacciata da alcuna posizione teologica su una questione così legittimamente ed intrinsecamente religiosa. Papa Pio XII, in altre parole, aveva propriamente riconosciuto e rispettato i domini separati di scienza e teologia. Perciò, mi trovavo in totale accordo con la Humani Generis - ma non avevo mai letto integralmente il documento (non che di questi tempi questo sia un grosso impedimento all'esprimere un'opinione).

In breve tempo, tra tutti i posti possibili, ho reperito il documento di riferimento da internet. (Il papa è online in misura notevole, ma un luddista come me no. Perciò ho messo un associato informatizzato a dragare i documenti. Mi piace la rottura degli stereotipi implicata dal trovare la religione così all'avanguardia ed uno scienziato così indietro.) Avendo ora letto integralmente sia la Humani Generis di papa Pio XII sia la proclamazione dell'ottobre 1996 di papa Giovanni Paolo II, ho finalmente capito perché la dichiarazione recente sembra così nuova, rivelatrice, e degna di tutti quei titoli. E il messaggio non potrebbe essere più benvenuto per gli evoluzionisti e gli amici sia della scienza che della religione.

Il testo della Humani Generis è incentrato sul Magisterium (o autorevolezza educativa) della Chiesa - una parola derivata da concetti che nulla hanno a che vedere con quelli di maestà o riverenza, bensì con la diversa nozione di insegnamento, poiché magister è il termine latino per "insegnante". Io credo che possiamo acquisire questo termine e concetto per esprimere il punto centrale di questo saggio e la risoluzione di principio del supposto "conflitto" o "guerra" tra scienza e religione. Questo conflitto non dovrebbe affatto sussistere poiché ciascun soggetto ha un legittimo magisterium, o dominio di autorevolezza di insegnamento, e questi magisteri non si sovrappongono (il principio che io vorrei chiamare NOMA, o "nonoverlapping magisteria"). La rete della scienza copre l'universo empirico: di cosa è fatto (realtà) e perché funziona in questo modo (teoria). La rete della religione si estende su questioni di significato e valore morale. Questi due magisteri non si sovrappongono, né comprendono l'interezza delle ricerche (si consideri, tanto per cominciare, il magistero dell'arte ed il significato del bello). Per usare degli stereotipi, noi determiniamo l'era delle rocce, e la religione si tiene la roccia delle ere; noi studiamo come vanno i cieli, loro si occupano di come raggiungerli, i cieli.
Questa distinzione potrebbe rimanere chiara e netta se i magisteri che non si sovrappongono (NOMA) della scienza e della religione fossero separati da un'estesa terra di nessuno. In realtà, invece, i due magisteri stanno uno adiacente all'altro, interagendo in modi meravigliosamente intricati lungo il loro confine comune. Molte delle nostre domande più profonde riguardano aspetti di entrambi in parti diverse per trovare una risposta completa - e l'assegnazione dei domini legittimi può divenire piuttosto complessa e difficoltosa. Per citare due ampie questioni che riguardano sia la realtà evolutiva che gli aspetti morali: dato che l'evoluzione ha fatto di noi le uniche creature terrestri con una coscienza avanzata, quali responsabilità ne derivano nelle nostre relazioni con le altre specie? Cosa implicano i nostri legami genealogici con gli altri organismi circa il senso della vita umana?

La Humani Generis di Pio XII è un documento altamente tradizionalista scritto da un uomo profondamente conservatore obbligato ad affrontare tutti gli "ismi" ed i cinismi che cavalcavano l'onda della seconda guerra mondiale e prendevano parte alla battaglia per la ricostruzione della dignità umana dalle ceneri dell'Olocausto. L'enciclica, sottotitolata "Circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica", inizia con una dichiarazione di guerra:

I dissensi e gli errori degli uomini in materia religiosa e morale, per tutti gli onesti, soprattutto dei i sinceri e fedeli figli della Chiesa, sono sempre stati origine e causa di fortissimo dolore, ma specialmente oggi, quando vediamo come da ogni parte vengano offesi gli stessi principi della cultura cristiana.

Pio prende di mira, a turno, i vari nemici esterni della Chiesa: il panteismo, l'esistenzialismo, il materialismo dialettico, lo storicismo e, ovviamente e soprattutto, il comunismo. A quel punto nota con tristezza che alcuni influenti individui all'interno della Chiesa sono caduti in un pericoloso relativismo - "un pacifismo ed egualitarismo teologico, in cui tutti i punti di vista diventano ugualmente validi" - allo scopo di annettere persone dalla fede oscillante che anelano ad abbracciare la fede cristiana ma non vogliono accettare in particolare il magistero cattolico.

Dove andrà a finire questo mondo quando queste nocive novità possono scombussolare in questo modo un ordine rivelato e stabilito? Parlando come un conservatore dei conservatori, Pio lamenta che:

Non deve recare meraviglia che tali novità in quasi tutte le parti della teologia abbiano prodotto i loro velenosi frutti. … Da alcuni poi si mette in discussione se gli angeli siano persone; se vi sia una differenza essenziale fra la materia e lo spirito. … Né mancano coloro che sostengono che la dottrina della transustanziazione, in quanto fondata su un concetto antiquato di sostanza, deve essere corretta in modo da ridurre la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia ad un simbolismo.

Pio dapprima menziona l'evoluzionismo per deprecarne un uso scorretto per sovraestensione spesso promulgato dagli zelanti sostenitori degli anatemizzati "ismi":

Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico … Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio.

L'affermazione più importante di Pio sull'evoluzionismo si trova vicino alla fine del documento, nei paragrafi dal 35 al 37. Accetta il modello standard del NOMA e parte con il riconoscere che l'evoluzione sta in un'area difficoltosa dove i domini fanno una dura pressione l'uno sull'altro. "Rimane ora da parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della fede cristiana." [E' interessante notare che la pulsione principale di questi paragrafi non riguarda l'evoluzionismo in generale, bensì si basi sulla confutazione della dottrina che Pio chiama poligenismo, o la nozione della discendenza umana da multipli genitori - poiché considera tale idea incompatibile con la dottrina del peccato originale, "che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio". In questa sola frase Pio potrebbe trasgredire al principio del NOMA - ma non posso giudicare, dato che non conosco i dettagli della teologia cattolica e pertanto non so come una simile affermazione possa essere letta simbolicamente. Se Pio sta affermando che non possiamo proporre una teoria sulla derivazione di tutti gli uomini moderni da una popolazione ancestrale piuttosto che da un individuo ancestrale (potenzialmente un fatto) poiché una simile idea metterebbe in dubbio la dottrina del peccato originale (un costrutto teologico), a quel punto lo dichiarerei fuori dalla linea per aver permesso al magistero della religione di dettare una conclusione pertinente il magistero della scienza.]

Pio a questo punto scrive le note parole che permettono ai cattolici di trattare l'evoluzione del corpo umano (un'istanza fattuale sotto il magistero della scienza), nel momento in cui accettano la creazione divina e l'infusione dell'anima (una nozione teologica sotto il magistero della religione):

Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente sia Dio).

Fin qui, non avevo trovato nulla di sorprendente nella Humani Generis, e niente che alleviasse i miei interrogativi sulla novità della dichiarazione recente di Giovanni Paolo II. Ma, proseguendo la lettura, mi sono accorto che papa Pio XII aveva detto di più sull'evoluzione, qualcosa che non avevo mai visto citato, e che faceva della dichiarazione di Giovanni Paolo II qualcosa di davvero molto interessante. Per farla breve, Pio forzosamente proclamava che benché l'evoluzione potrebbe essere legittimata in via di principio, la teoria, nei fatti, non era stata provata e potrebbe essere completamente sbagliata. Si ha la forte impressione, oltretutto, che Pio parteggiasse molto fortemente per un verdetto di falsità. Proseguendo direttamente dall'ultima citazione, Pio ci dà dei consigli sul corretto studio dell'evoluzionismo:

Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura … Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela.

Riassumendo, Pio accetta generalmente il principio NOMA dei magisteri che non si sovrappongono, permettendo ai cattolici di sostenere l'ipotesi dell'evoluzione del corpo umano finché accettano l'infusione divina dell'anima. Ma a quel punto offre qualche (santo) consiglio paterno agli scienziati sullo stato evoluzione come concetto scientifico: l'idea non è ancora provata, e dovete stare particolarmente attenti poiché l'evoluzione provoca molti problemi fastidiosi proprio sul confine con il mio magistero. Si può leggere questo secondo tema in due modi differenti: o come una incursione gratuita in un dominio altrui, oppure come un'utile prospettiva da parte di un outsider intelligente e preoccupato. Essendo io uomo di buona volontà, e nell'interesse della conciliazione, sono lieto di abbracciare l'ultima interpretazione.

Ad ogni modo, questa seconda affermazione raramente citata (che l'evoluzione resta non provata e pericolosetta) - e non la familiare prima affermazione per il principio NOMA (che i cattolici possono accettare l'evoluzione del corpo se accolgono la creazione dell'anima) - definisce la novità e l'interesse per la recente dichiarazione di Giovanni Paolo.

Egli inizia riassumendo la precedente enciclica del 1950 di Pio XII, e particolarmente riaffermando il principio NOMA - nulla di nuovo fin qui, né ragione di pubblicità estensiva:

Nella sua Enciclica Humani generis (1950) il mio predecessore Pio XII aveva già affermato che non vi era opposizione fra l'evoluzione e la dottrina della fede sull'uomo e sulla sua vocazione, purché non si perdessero di vista alcuni punti fermi.

Per enfatizzare la potenza del NOMA, Giovanni Paolo pone un problema potenziale ed una decisa risoluzione: come possiamo conciliare la pretesa della scienza che ci sia una continuità fisica nell'evoluzione del corpo umano con l'insistenza cattolica che l'anima debba comparire in un momento di infusione divina:

Con l'uomo ci troviamo dunque dinanzi a una differenza di ordine ontologico, dinanzi a un salto ontologico, potremmo dire. Tuttavia proporre una tale discontinuità ontologica non significa opporsi a quella continuità fisica che sembra essere il filo conduttore delle ricerche sull'evoluzione dal piano della fisica e della chimica? La considerazione del metodo utilizzato nei diversi ordini del sapere consente di conciliare due punti di vista apparentemente inconciliabili. Le scienze dell'osservazione descrivono e valutano con sempre maggiore precisione le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella linea del tempo. Il momento del passaggio all'ambito spirituale non è oggetto di un'osservazione di questo tipo, che comunque può rivelare, a livello sperimentale una serie di segni molto preziosi della specificità dell'essere umano.

La novità ed il valore aggiunto dell'affermazione di Giovanni Paolo sta piuttosto nella sua profonda revisione della seconda e raramente citata seconda proclamazione di Pio che l'evoluzionismo, benché in linea di principio concepibile e riconciliabile con la religione, può citare poche prove convincenti, e potrebbe benissimo essere falso. Giovanni Paolo afferma - e io posso solo dire così sia, e grazie per averlo notato - che il mezzo secolo tra Pio che sorvegliava le rovine della seconda guerra mondiale ed il suo pontificato araldeggiante l'alba del nuovo millennio ha visto un tale crescere dei dati, ed una tale rifinitura della teoria, che l'evoluzione non può più essere messa in discussione dalle persone di buona volontà:

Pio XII aggiungeva … che non si adottasse questa opinione [l'evoluzionismo] come se si trattasse di una dottrina certa e dimostrata e come se ci si potesse astrarre completamente dalla Rivelazione riguardo alle questioni da essa sollevate. … Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell'Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all'attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria.

In conclusione, Pio aveva grugnando ammesso l'evoluzione come legittima ipotesi che considerava come solo ipoteticamente supportata e potenzialmente (come sospetto che sperasse) falsa. Giovanni Paolo, quasi cinquant'anni dopo, riafferma la legittimità dell'evoluzionismo sotto il principio NOMA - nessuna novità fin qui - ma aggiungendo che dati e teoria aggiuntivi avevano posto la fattualità dell'evoluzione al di là di qualsiasi ragionevole dubbio. I cristiani sinceri devono ora accettare l'evoluzione non solo come una plausibile possibilità, ma anche come un fatto effettivamente provato. In altre parole, l'opinione cattolica ufficiale sull'evoluzione si è spostata dal "diciamo che non è così, ma possiamo averci a che fare se risulterà necessario" (la visione brontolante di Pio del 1950) al integralmente benvolente Giovanni Paolo II del "è stata provata vera; noi celebriamo sempre la realtà della natura, e restiamo in attesa di interessanti discussioni sulle implicazioni teologiche". Io accolgo felicemente questa svolta come un vangelo - letteralmente "buona novella". Io posso rappresentare il magistero della scienza, ma do il benvenuto al supporto di un capo di primaria importanza nell'altro magistero delle nostre nostre complesse vite. E ricordo la saggezza del re Salomone: "Come acqua fresca per una gola riarsa è una buona notizia da un paese lontano" (Proverbi 25:25).

Esattamente come la religione deve portare la croce della sua base dura, ho alcuni colleghi scienziati, compreso qualcuno abbastanza importante da avere larga influenza con i suoi scritti, che vedono questa riconciliazione tra i due domini con poco entusiasmo. Questi dicono ai colleghi come me (scienziati agnostici che danno il benvenuto e festeggiano questo riavvicinamento, specialmente l'ultima dichiarazione del papa): "Su, siate onesti, lo sapete che la religione sono solo confuse, superstiziose, superate str...ate; state solo facendo tutto questo chiasso perché sapete che la religione è così potente e ci tocca essere diplomatici per assicurarci il supporto del pubblico ed i finanziamenti per la scienza." Non credo che questo atteggiamento sia comune tra gli scienziati, ma una posizione del genere mi riempie di scoraggiamento, ed è per questo che concludo questo saggio dichiarando la mia posizione riguardo alla religione, per testimoniare quello che considero essere un consenso virtuale tra gli scienziati intelligenti (che sostengono il principio del NOMA con la stessa fermezza del papa).

Io personalmente non sono un credente o un uomo religioso in qualunque senso di devozione o pratica istituzionale. Ma ho un rispetto enorme per la religione, e l'argomento mi ha sempre affascinato, al di sopra di quasi ogni altro (con qualche eccezione, come l'evoluzione, la paleontologia ed il baseball). Gran parte di questo fascino sta nel paradosso storico che, nel corso della storia occidentale, la religione organizzata ha alimentato tanto gli orrori più inenarrabili quanto i più commoventi esempi della bontà umana che dà tutta se stessa incurante del proprio pericolo. (Il male credo che stia nell'occasionale confluenza della religione con il potere temporale. La Chiesa cattolica ha mostrato la sua quota di orrori, dall'Inquisizione alle condanne capitali, ma solo perché questa istituzione ha avuto un potere temporale così a lungo nella storia dell'Occidente. Quando la mia gente aveva un simile potere, meno a lungo, durante i tempi dell'Antico Testamento, ha commesso le stesse atrocità seguendo in buona parte gli stessi principi.)

Credo, con tutto il cuore, in un rispettoso e perfino benevolo concordato tra i nostri magisteri, la soluzione NOMA. Il NOMA rappresenta una posizione di principio basata su fondamenta morali ed intellettuali, non semplicemente un'istanza diplomatica. Il NOMA demarca inoltre da entrambe le parti. Se la religione non può più dettare la natura delle conclusioni fattuali che stanno propriamente sotto il magistero della scienza, allo stesso modo gli scienziati non possono pretendere di penetrare nelle vette della verità morale partendo da una qualche superiore conoscenza della costituzione empirica del mondo. Questa reciproca umiltà ha conseguenze pratiche in un mondo fatto da passioni tanto differenziate.

La religione è troppo importante per troppa gente perché si possa liquidare o denigrare il conforto che in tanti cercano nella teologia. Io posso, ad esempio, privatamente sospettare che l'insistenza papale sulla divina infusione dell'anima rappresenti un lenitivo per le nostre paure, un marchingegno per continuare a credere nella superiorità dell'uomo all'interno di un mondo in evoluzione che non offre posizioni privilegiate a nessuna delle creature. Ma so anche che l'anima rappresenta un soggetto al di fuori del magistero della scienza. Il mio mondo non può approvare né disapprovare una nozione di questo genere, e il concetto di anima non può minacciare o avere influenza sul mio mondo. Inoltre, sebbene io non possa personalmente accettare il punto di vista cattolico sull'anima, di certo do onore al valore metaforico di una simile concezione sia per dare fondamento alla discussione morale, sia per esprimere quello che più consideriamo prezioso sulla potenzialità umana: la nostra dignità, cura e tutte le battaglie etiche ed intellettuali che l'evoluzione della coscienza ci ha imposto.

Come posizione morale (e quindi non una deduzione dalla mia conoscenza della fattualità della natura), preferisco la teoria da "doccia fredda" che la natura possa essere veramente "crudele" ed "indifferente" - nei termini largamente inappropriati della nostra discussione etica - poiché la natura non è stata costruita per diventare la nostra casa, non sapeva che saremmo arrivati (dopo tutto siamo gli intrusi dell'ultimo microsecondo geologico) e se ne frega altamente di noi (parlando metaforicamente). Io vedo questa posizione come liberatoria, non deprimente, poiché a quel punto diventiamo liberi di condurre una discussione morale - e nulla potrebbe essere più importante - nei nostri stessi termini, risparmiandoci la delusione che potremmo leggere la verità morale passivamente nella fattualità della natura.

Ma mi rendo conto che una simile posizione spaventi parecchia gente, e che una visione più spirituale della natura mantenga un largo fascino (riconoscendo la realtà dell'evoluzione e degli altri fenomeni, ma continuando a cercare un qualche valore intrinseco nelle parole umane e dal magistero della religione). Apprezzo per esempio il conflitto interiore di un uomo che ha scritto al New York Times il 3 novembre 1996 per esprimere allo stesso tempo la sua sofferenza ed il suo accogliere le parole di Giovanni Paolo II:

L'accettazione dell'evoluzione da parte di Giovanni Paolo II tocca il dubbio nel mio cuore. Il problema del dolore e della sofferenza in un modo creato da un Dio che è tutto amore e luce è abbastanza duro da sopportare, anche se uno è un creazionista. Ma almeno il creazionista può dire che la creazione originale, provenendo dalle mani di Dio, era buona, armoniosa, innocente ed educata. Cosa si può dire dell'evoluzione, anche di una teoria spirituale dell'evoluzione? Dolore e sofferenza, crudeltà scervellata e terrore sono i suoi mezzi creativi. Il motore dell'evoluzione è lo stridere dei denti predatori sulla carne e le ossa urlanti e vive della preda. ... Se l'evoluzione deve essere vera, la mia fede ha mari più agitati da navigare.

Non sono d'accordo con quest'uomo, ma potremmo avere una magnifica discussione. Io spingerei per la teoria della "doccia fredda": lui presumibilmente parteggerebbe per il vedere il significato spirituale intrinseco nella natura, per quanto opachi siano i segni. Su questo punto, a mio parere, sta il maggior punto di forza e di necessità del NOMA, della non sovrapposizione tra i magisteri di scienza e religione. Il NOMA permette - a dire il vero impone - la prospettiva di una discussione rispettosa, dell'alimentazione costante da entrambi i magisteri verso lo scopo comune della saggezza. Se c'è qualcosa di speciale negli esseri umani, è che siamo le creature che devono riflettere e parlare. Papa Giovanni Paolo II sicuramente mi farebbe notare che il suo magistero ha da sempre enfatizzato questo privilegio, dato che "in principio erat Verbum" - "in principio era la Parola".


[ Stephen Jay Gould, Nonoverlapping Magisteria,
Natural History 106 (marzo 1997), 16-22;
Ripreso da http://www.stephenjaygould.org/library/gould_noma.html;
Tradotto da Davidthegray, © 2008 ]

A completamento, ritengo opportuno segnalare anche queste riflessioni sullo stesso tema.

giovedì 30 ottobre 2008

Il Phantom a New York

Essendo uscito un riferimento al Phantom cui ho assistito a Broadway l'anno scorso in questa discussione [NdA: ora i commenti non sono più reperibili], pubblico qui un po' di documentazione.


Una clip:

(Sì, la testa che si vede in penombra è proprio quella del direttore)


Coreografie un po'... barocche (del resto è sempre Lloyd Webber, no?)



Il cast si prende gli applausi meritati



Il backstage, una volta superato il buttafuori (un energumeno nero cattivissimo)



Broadway all'uscita dal teatro



Avendo assistito allo spettacolo con solo un bollentissimo caffe nello stomaco, ci siamo quindi dedicati a questi splendidi hamburger con blue cheese
(Renee THANK YOU!!! It's been GREAT!)

mercoledì 29 ottobre 2008

Qualche nota importante sul caso Englaro

Parole importanti sono apparse sul blog di Lerner.

A parlare è Fulvio De Nigris, padre di un bambino, Luca, dalla vita travagliata, che valeva la pena di essere vissuta.

... ma vorrei farti riflettere sull’impatto che sull’opinione pubblica sta avendo non solo la vicenda di Eluana, ma il comportamento del padre Beppino Englaro che nel portare avanti la sua legittima battaglia occupa i media senza reale contradditorio, chiedendo da un lato silenzio sulla sua vicenda e dall’altro - attraverso il libro, le interviste e i pubblici interventi - invitandoci sempre più ad entrare nella stanza attorno al capezzale della figlia. Questo, credo, è inaccettabile intanto perché non c’è spazio per stare tutti in quella stanza (anche se in questi anni è diventata grande, molto grande), ma anche perché rimangono di fatto fuori le famiglie di chi invece in stanze simili, molto più piccole, molto meno illuminate, vivono, sperano e combattono tutti i giorni nel resto d’Italia.

L’11 novembre si deciderà sulla sorte di Eluana. Ma non dobbiamo appiattirci sulla dua vicenda, non dobbiamo controbattere a Beppino Englaro. Ma perchè fino a poco tempo fa ci invitava al silenzio sulla sua vicenda e oggi ha fatto un passo avanti come personaggio, scrittore, opinion leader, attore e chissà cos’altro ancora? E’ una sua scelta personale, legittima, ma non comprensibile, che sposta il problema, lo devia.

E’ un po’ la “misdirection” degli illusionisti che per compiere il loro trucco sviano l’attenzione su qualcosa d’altro. Ma questo non è un gioco di prestigio. Qui si gioca con la vita delle famiglie e delle persone che vivono in questo stato. Su questo campo di battaglia (che è lo stesso di Eluana) bisognerebbe decidere, ancora prima che del diritto alla vita, del diritto alla cura e all’assistenza, alla ricerca, alla nascita di centri di eccellenza, all’integrazione sociale delle persone con gravi disabilità. Di questo dovremmo parlare. E non lo si può fare solo, o soltanto, con l’aspetto teologico o filosofico, dove le migliaia di persone che in Italia vivono in stato vegetativo (con il corollario della rete di assistenza professionale, affettiva e amicale che l’attornia) diventano una semplice citazione a margine. Non è così. E’ possibile che il dibattito si riduca sempre alla “dignità del morire bene” e non piuttosto alla “dignità di garantire l’assistenza alle famiglie” che vivono situazioni di disagio anche economiche? Quale libertà lo Stato deve garantire?

In ogni caso non è accettabile che tutta la trasmissione di ieri sera si riassuma nelle ultime parole del padre di Eluana: “Il processo del morire è stato interrotto, ora la natura faccia il suo corso”.

Caro Lerner, l’ultimo tabù di questa società non è la morte ma è invece la vita, come viverla e come accettare chi la vive, o dovrebbe viverla, insieme a noi.


Importante anche quanto ci scrive Mimmo (intervento #43):

Nel frattempo vi indico alcuni dati certi (letto dalla stampa di
oggi). L’indagine effettuata dalla famiglia Crisafulli, http://www.salvatorecrisafulli.it/ (eseguita solo sui disabili e loro famiglie), perchè solo su di essi deve essere fatta.
Attesta con certezza, che su 923 DISABILI IN STATO VEGETATIVO E SIMILARI, che vivono lo stesso dramma di Eluana Englaro (anche peggio essendo nelle proprie case) hanno dichiarato, il 99,9% che sono TOTALMENTE CONTRARI ALL’EUTANASIA, pertanto le indagini e il sondaggio che viene fatto da Giornali Nazionali, non corrispondono al vero. Maggiori dettagli, nei prossimi giorni verranno riportati nel sito sopra riportato, dichiarando addirittura che i dati saranno inviati al Governo.


Infine riporto un'altra testimonianza, sempre dallo stesso blog. A parlare è Cesare Lia.

Non critico la decisione di Beppino Englaro e mi guarderei bene dal condannarlo. Egli reputa, da buon padre di famiglia, sia quella la soluzione del problema di sua figlia.Con la mia esperienza mi permetta di dire che non è così. Per conoscere perfettamente le condizioni di Eluana, occorre vivere quotidianamente accanto a lei. I medici che seguono mia figlia chiedono a noi, quando la visitano, quali sono le sue evoluzioni sul piano fisico (ma quelle sono evidenti) e sul piano psichico. Eppure ho fior di medici dal rianimatore prof. Gismondi, conosciuto nel mondo anche dagli anestesisti che partecipavano alla sua riunione, al prof. Saltuari Neuropsichiatra di Hoczirl. La verità è che i medici solo ora cominciano a trattare questa materia ed ancora brancolano nel buio.

Allora, quello che contesto è che Beppino nè i medici sanno se la povera Eluana capisce, elabora, nella sua mente decide. Hanno provato a raccontarle una barzelletta ed a ripeterla a distanza di un anno? Io con mia figlia ho provato e lei, appena apro bocca, a distanza di 15 anni, ride. Se a mia figlia faccio vedere un film di Totò, ride al punto giusto. Quindi, significa che comprende e significa che è capace di decidere sia pure nel suo silenzio. L’esame che certamente di tanto in tanto fanno ad Eluana dice che il suo cervello è piatto?

Allora elabora, allora ragiona! Non comunica ma ragiona. Ebbene, ammesso pure che quando Eluana era sana, come d’altronde è accaduto a mia figlia, abbia scientemente o non detto "io preferirei morire", oggi quella sua affermazione, a distanza di 16 anni, nella nuova situazione è ancora condivisa. Come fa un altro, sia pure suo padre, a scegliere per lei? Lei manderebbe sulla sedia elettrica o di fronte ad un plotone di esecuzione un uomo del quale non ha certezza che sia colpevole? Lei, come io, non lo manderemmo neppure se fossimo certi della sua colpevolezza!Allora si tratta dello "status" in cui Eluana si trova. Anche io vorrei tornare a vedere mia figlia sgambettare per le strade. Era una ragazza che, dopo aver letto una sola volta il trattato di diritto privato, aveva superato presso l’Università di Bologna l’esame con un ottimo voto. Eppure, interrogata da me, che pensavo ad un colpo di fortuna, mi accorgevo che ricordava a menadito tutti gli istituti giuridici, quando io quel testo, ai miei tempi, avevo dovuto studiarlo ben cinque volte (ovviamente ero somaro). Se questo è il problema, le dico che non tutti gli alberi crescono dritti, non tutti gli uomini sono belli, non tutti vincono il gran premio di formula 1, eppure si accontentano di come sono.

Perchè escludiamo che Eluana possa essere contenta nella situazione in cui si trova? Mia figlia lo è e me lo ripete con lo sguardo quando la interrogo e, quando dico che mi comporterò come Beppino Englaro, mi fa gli occhi languidi, tanto che io piango per lei ed anche per Eluana. E’, comunque, certo, che Beppino può decidere come vuole ma, prima che sia staccato il tubo dell’alimentazione, pensi che, a distanza di 16 anni, sua figlia può aver cambiato nel suo intimo opinione, e voglia continuare a sentire il calore di suo padre e di sua madre fin quando il Signore lo vorrà.

venerdì 24 ottobre 2008

Tutti al casinò, ma in grande stile

Trovo che questo periodo, diciamo da qualche settimana, sia complessivamente deprimente. Non so quale sia la chimica di queste cose, ma non riesco a dare una spiegazione completamente razionale a questo stato di cose. Per giorni, uscivo di casa di buon umore, ascoltavo le notizie alla radio ed arrivavo in ufficio di umore pessimo. Finché questo umore pessimo si è stabilizzato, ed ora è in risalita da assuefazione alle pessime notizie.

Non capisco, come probabilmente nessuno capisce, cosa stia accadendo nel mondo della finanza. Ho sempre avuto l’idea che le borse fossero un po’ in bilico tra la serietà del mondo del lavoro ed il gioco demenziale ed azzardato del casinò. Però, visti i capitali e le società che ci stanno dietro, ho sempre propeso per la prima, tanto che una cospicua parte dei miei capitali è investita in fondi comuni azionari un po’ di tutto il mondo. L’incubo legato alla borsa ha sempre avuto un nome preciso: gli “speculatori”. Tutti noi che investiamo in borsa, infatti, speriamo di guadagnare più che con le altre forme più tranquille di investimento. Gli speculatori, però, perseguono questo scopo con mezzucci poco limpidi, facendo in modo che la quotazione dei titoli cambi per ragioni diverse da quelle che dovrebbero regolarla, puntando su rapide operazioni di acquisto e vendita e non sul lungo termine.

Cosa sta accadendo in questi giorni? Sono in corso giochi pesanti da parte degli speculatori, oppure ci sono investitori in preda al panico disposti prima a vendere a qualunque prezzo pur di vendere, poi a ricomprare, poi a rivendere? C’è un legame sensato tra la crisi degli istituti bancari di una parte limitata del mondo ed il disastro che ha colpito tutti i settori di tutto il mondo?

Sempre di più sono convinto che l’Economia sia la disciplina dell’alea totale. Non esistono esperti, in economia. Esistono solo opinionisti, e l’opinione dell’uno vale tanto quanto l’opinione dell’altro. Sono tutti esperti il giorno dopo, ma nelle capacità di previsione non ce n'è uno che non prenda fiaschi colossali. Ecco perché mi sento autorizzato a dare anche la mia opinione, da totale inesperto. Sono convinto che non valga meno di quella dei presunti “esperti”. Metto la premessa indispensabile che i fenomeni coinvolti sono enormi e di massima complessità, per cui questa sarà una semplificazione drastica in cui ogni punto può essere oggetto di errori valutativi ed omissioni enormi.

L’idea che mi sono fatto è questa: qualche anno fa c’è stato un periodo in cui il tasso di sconto era globalmente ai minimi mai visti (almeno da che io abbia memoria). I conti correnti bancari proponevano interessi dello zero virgola (qualche banca furbona non li ha ancora adeguati, ma questo è un altro discorso) ed i mutui a tasso variabile venivano via a prezzi di liquidazione. Non è che la situazione economica fosse rosea, ma tutti noi, vuoi la natura ottimista dell’animo umano, vuoi la propaganda furfantesca dei promotori bancari, ci attendavamo davanti un periodo in cui il Divino Euro ci avrebbe garantito che i tassi di sconto sarebbero rimasti bassissimi. E frotte di persone ed imprese hanno contratto debiti a tasso variabile. (Analoghi fenomeni sono accaduti nelle aree non euro.)

Perché poi i tassi siano saliti così repentinamente e vertiginosamente, questo è il primo mistero doloroso. Personalmente credo che si sia trattato di una manovra speculativa attuata dalle istituzioni (banche centrali, governi) per racimolare denaro facile, sapendo che l’indebitamento complessivo era enorme. Manovra in parte in malafede, dunque, ed in parte anche necessaria per porre qualche rimedio al galoppare dell’inflazione reale, poiché non era più sostenibile continuare artificialmente a misurarla al ribasso, in quanto il crescere dei costi (materie prime, petrolio in primis , e rivendicazioni salariali) aveva ormai fatto gettare la maschera. Questo però non giustifica del tutto quell’aumento, in quanto aumentare il tasso di sconto porta sì ad una maggiore corrispondenza tra i tassi del prestito e l’inflazione, ma produce anche nuova inflazione e difficoltà alle imprese. Che essendo già in crisi per i fenomeni della globalizzazione (competizione da mondi che hanno condizioni legislative non paragonabili) non hanno avuto altre scelte che alzare i prezzi (generando inflazione), indebitarsi ulteriormente, e/o fallire. Ma la conseguenza peggiore, per ora, si è vista sui privati cittadini che avevano contratto debiti a tasso variabile. Questi si sono visti aumentare le rate di cifre assurde, anche del 30% (ed il perché così tanto è per me il secondo mistero doloroso), ed in qualche caso sono arrivati al default. Nei paesi le cui popolazioni sono più “leggerotte” nel rivolgersi al credito (USA, Gran Bretagna) questo ha avuto conseguenze più drammatiche, ma anche da noi la situazione è grave.

Ora, vista la drammaticità del momento, le banche centrali hanno iniziato ad allentare la morsa dei tassi, ed i governi hanno dovuto dare garanzie sulla liquidità delle banche. I debiti restano, e quindi prima o poi saranno pagati (anche con profumate penali). Sarebbe assurdo pertanto che fallissero le banche solo per carenza di liquidità. Ma intanto i governi la devono garantire sotto forma di obbligazioni, e anche questo ha un costo.

Perché gli “esperti” non hanno saputo prevedere che il crescere illimitato del debito avrebbe portato a grossi problemi? Qualcuno, speculatori di borsa a parte, ci ha guadagnato?

Non sono esperto, ma c'è un altro fenomeno che nella mia inesperienza mi lascia un po' perplesso. Quasi tutte le nazioni ricorrono abitualmente all'indebitamento, per sistemare i loro conti, emettendo bond. Il nostro (non unico) lo fa da parecchi decenni. Ridurlo è praticamente impossibile, a meno di avere la forza di ignorare le inevitabili proteste di piazza che si vedono non appena si inizia a tagliare le spese (lasciando inevitabilmente a casa parecchi pubblici dipendenti). Ma il debito può crescere all'infinito? Finora si è provveduto, con l'aumento delle imposizioni ed il giochetto della svalutazione monetaria, ad impedire che si arrivasse al default. Ma cosa accadrebbe se ad un certo punto la crisi di liquidità generale portasse ad avere i bond invenduti? L'Argentina è stata un caso isolato oppure è il precursore di un fenomeno che prima o poi vedrà stati ben più importanti cadere uno dopo l'altro come pedine del domino? Davvero investire in titoli di stato è così sicuro?

Considerazioni conclusive:

  1. Mai fidarsi troppo dei bancari. Mai indebitarsi oltre lo stretto necessario. Meglio una casa o un’auto o una tv piccola ma che si può pagare in fretta (possibilmente sull'unghia), piuttosto che mutui pluridecennali che sono di fatto salti nel buio.
  2. Mai fidarsi degli esperti e degli economisti in genere. Purtroppo però anche l’istinto non è automaticamente miglior consigliere. Non si può nemmeno investire tutto il proprio capitale in obbligazioni a tassi dimezzati rispetto all’inflazione reale, né in case che hanno costi di mantenimento elevati e prezzi ben al di sopra di qualunque logica. Investire in azioni, dunque, resta una necessità, pur di non andare oltre la quota di cui si è certi di poter fare a meno per lungo tempo.

venerdì 10 ottobre 2008

Una Juno vera e tutta italiana

E' importante la storia che ci racconta Federica. Federica ha 16 anni ed aspetta un bambino, ovviamente non cercato. La sua storia pare la stessa di di quella di Juno, solo che questa volta Federica non è un personaggio inventato.

E' importante la sua storia per tanti motivi. E' importante soprattutto perché è la testimonianza che le scorciatoie non sono l'unica soluzione al problema, e di queste testimonianze c'è estremo ed urgente bisogno. Ma è importante anche per altri motivi.

La vicenda ha dell'incredibile. Federica è incinta, e la sua prof non trova di meglio da fare che assegnare alla classe un tema (una "traccia" si dice oggi) del genere: Oggi, più che mai, è necessario sensibilizzare i ragazzi all’educazione alla sessualità ed alla protezione. Prendendo spunto dall’articolo letto insieme, dai testi forniti e dall’esperienza diretta che ha coinvolto la nostra classe stessa, scrivere un saggio breve/articolo di giornale. E correda questa traccia con una serie di incredibili "documenti".

Stento ancora a credere che si possa essere così indecentemente privi di tatto e di sensibilità. Una cosa del genere, a mio parere, dovrebbe finire sulle prime pagine dei quotidiani, o almeno in quelle interne. Invece ci finiscono le lettere di una mitomane che sente un'ingiustificata "paura" perché il figlio adottivo è peruviano e potrebbe essere "vittima di qualche discriminazione o, ancora peggio, di violenze". Federica non ha paura di essere vittima di discriminazioni, Federica è vittima di discriminazioni, gravissime, e nessuno ne parla.

Tornata a casa, ha scritto sconcertata alle amiche che ha trovato nel Dono, un associazione meritoria che crede che per risolvere il problema delle gravidanze indesiderate ci siano altre soluzioni che aborto, pillole del giorno dopo e simili. Non aveva intenzione di svolgerlo, quel tema, ma le amiche la convincono a farsi forza e scrivere.

E che tema! Ci dice che quello che ha nel grembo non è un "problema", è una persona. Ci dice che non è vero che la sessualità, a quell'età, sia un giochetto per vincere la noia. Ci dice che intorno a sé sente solo riprovazione, condanna, emarginazione. Non per quello che ha fatto, ma per quello che non ha fatto, cioè sopprimere suo figlio. Ci dice che la stampa ci sommerge di un mare di falsità, anche gravi come questa: "Per ragioni di salute Per una ragazza molto giovane una gravidanza può comportare rischi per la salute. A 15 anni o a 17 anni, il corpo femminile non ha ancora finito di crescere e non è ancora pronto per accogliere un bambino."

Ci dice soprattutto che a 16 anni si può essere maturi, più maturi di quanto molta gente (insegnati, medici e giornalisti compresi) potrà mai essere nella sua intera vita. Daniele, con una mamma così, se anche dovesse avere qualche difficoltà, sarà un bambino fortunato. Più di molti bambini nati da coppie che hanno, secondo quanto prescrive il canone progressista ormai mainstream, "i mezzi economici, il tempo, la maturità necessaria per poter allevare un bambino".

(Una discussione su questo post è disponibile qui.)

giovedì 9 ottobre 2008

Season's greetings

Mentre gli italiani ed i tedeschi erano tutti presi ad imbrattare carta e orecchie, nella perfida Albione (e non solo lì) c'era qualcuno intento a scrivere Musica.

Un brano appropriato alla stagione, da un economicissimo CD pubblicato quest'anno da Naxos.

(Willian Alwyn, Autumn Legend (1954), Royal Liverpool Philarmonic Orchestra, David Lloyd-Jones)

martedì 7 ottobre 2008

Palma di ghiaccio

4 mesi 3 settimane 2 giorni di Cristian Mungiu.
Un film importante, che tiene incollati ed agghiacciati dall'inizio alla fine. Imperdibile.

[Spoiler - Se non avete ancora visto il film quanto segue potrebbe anticiparvi qualche sorpresa]

Ha vinto Cannes e questo ha stupito molti, me compreso. Il tema è tra i più scomodi della contemporaneità, se non il più scomodo in assoluto. L'aborto.

Intorno a questo tema ne girano però parecchi altri. La povertà, con le sue dignità ed abiezioni, la corruzione, la Romania di Ceausescu e l'Est comunista, gli abusi, l'ipocrisia delle famiglie "bene" amiche del regime, che chiacchierano in salotto della loro "fede" vissuta andando a messa a Natale o sbandierando un pigro ateismo. Noi uomini, esattamente come in Juno, ne usciamo con le ossa parecchio rotte, come eterni bambinoni imbambolati intorno ai quali scorre il mondo vero di chi vive sul serio. Le ragazze fragili che si lasciano trascinare dalle situazioni. Ci sono una miriade di dettagli sui quali bisognerebbe soffermarsi, come la tovaglia in tela cerata e scolorita sopra ma non sui lati del tavolo, icona di una certa condizione, come gli smalti e le cere depilatorie di contrabbando, come le sigarette che dominano ovunque, come i bicchieri diversi sulla tavola della famiglia benestante. C'è una cura meticolosa in questo tipo di dettagli.

La parte del medico è scritta e recitata in modo magistrale. Spero che quell'attore riceva i premi che merita. Anche il ritratto della Romania, che ne esce come un paese malconcio ma vero, è per me un inedito. Momenti quali gli incontri con il personale degli hotel non possono non colpire chi con quel tipo di Est ha avuto qualche scambio.

Quanto al tema principale, l'aborto. Dapprima sono rimasto un po' sconcertato. Sembra che la sequenza degli eventi sia ineludibile, una specie di Castello di Kafka. Le due ragazze si fanno trascinare dalle circostanze, senza alternative percorribili. La prima idea che mi sono fatto è che questo film volesse mostrare e condannare cosa accada quando l'aborto non è legalizzato.

Ma c'è quel feto, quel bambino di quattro mesi, quel faccino innocente, giacente su quel terribile pavimento piastrellato del bagno, mostrato in silenzio in tutta la sua nuda, straziante umanità. Un autore pro-choice oppure che non avesse voluto prendere nessuna posizione non ce l'avrebbe mostrato in quel modo così crudo, così inequivocabile, così ineluttabile.

E allora viene da ripensare a tutta la catena di eventi, a quante scelte delle due ragazze avrebbero potuto essere diverse, a quanta libertà - persino sotto il regime! - hanno rinunciato optando per la via che sembrava loro una scorciatoia, fatta di difficoltà grandi ma superabili, e che invece si dimostra impervia e senza ritorno.

Ritorno impossibile, come è evidente nella conclusione, allo squallido tavolo dello squallido ristorante nello squallido albergo. Mentre la cinepresa si allontana dalla finestra, rievocando una scena precedente dove era stati ripresi due pesci rossi dietro il vetro di un acquario, le due ragazze si propongono di dimenticare il tutto non parlandone mai più. E ogni spettatore, dentro di sé, immediatamente pensa...

venerdì 3 ottobre 2008

Cervello stereo

Non trovate che questo blog sia geniale? Vi siete sempre chiesti perché? Eccovi la risposta!

(NdA: ovviamente questo non è un post da prendere troppo sul serio!)

giovedì 2 ottobre 2008

Potenza ed atto

Commento a notizia appena letta sul Corriere.

Dobbiamo rallegrarci o rattristarci per questa notizia? Propendo nettamente per la prima ipotesi. Leggere delle farneticazioni prodotte dalla Cassazione nel 1993 (l'autodeterminazione della donna farebbe sì che, se si uccide una donna incinta, l'aborto - la soppressione del feto - che ne consegue sarebbe "minore e incidentale" e quindi irrilevante ai fini della pena) mette un po' i brividi, e vedere che un giudice definisca quella sentenza con un ironico e sprezzante "suggestiva" non può che far piacere. Fuori da ogni ipocrisia, è evidente ci siano delle contraddizioni legate alla 194 cui non si potrà rimediare altrimenti che eliminano il presunto "diritto" della donna di sbarazzarsi a capriccio del proprio figlio, ma questa coerenza pare essere utopia irraggiungibile.

Quello che lascia un po' di amarezza, però, è che un'ovvietà come quella pronunciata dal giudice di Milano debba ancora essere una notizia, e che si legga nella sentenza una cosa quale
l’interruzione di gravidanza è stata il movente dell’imputato, determinatosi a terminare due vite (l’una in atto e l’altra in potenza).
Una vita "in potenza"? Cioè, quella del feto non sarebbe ancora una vita?

Dunque, in quest'ottica (se proprio non vogliamo dire che un feto è vivo - ragionando per paradosso e tentando di interpretare il pensiero dei pro-choice), gli stati di riferimento nel ciclo di un essere vivente dovrebbero essere:

  1. vivo in potenza,
  2. vivo in atto,
  3. morto in potenza,
  4. morto in atto.

(Già che c'ero, ne ho introdotto un quarto: quello del "morto in potenza", così ho sistemato anche situazioni come quella della Englaro e di Welby.)

Ovviamente limitarsi a classificare questi stati non porta a niente. E' necessario stabilire che ad ogni stato si attribuiscono diritti umani fondamentali specifici. Pieni diritti, chiaramente, si assegnano solo allo stato 2. Negli altri stati non si gode a pieno titolo dei "Diritti dell'Uomo". Tutto bene? Mah, io già metterei i paletti prima di questo punto: a mio parere gli stati sono solo 2. Per molti, però (credo in larghissima parte per coloro i quali non sono usi pensare a queste cose e si lasciano influenzare da correnti di pensiero dominanti), questa impostazione è plausibile, tanto che la ripartizione negli stati 1, 2 e 4 è ormai riconosciuta in quasi tutto il mondo, e vari Paesi riconoscono che lo stato 3 non dà diritto di godere dei pieni diritti (qualcun altro ha titolo per decidere se la propria vita possa continuare o meno).

Ho la sensazione che però sia evidente a tutti quale incoerenza, quali rischi si corrano accettando questa impostazione. I passaggi di stato da 1 a 2 e da 2 a 3, infatti, non sono quasi mai netti e chiari. Provate a dire a qualunque madre sana di mente al 6° mese che suo figlio non è davvero vivo, è solo vivo "in potenza" e poi mi raccontate cosa vi risponderà. Se la madre non è una delle purtroppo troppe donne irriflessive che circolano, la stessa reazione l'avrà molto prima del 6° mese. Se è una donna intelligente, quella reazione l'avrà dall'inizio della gravidanza.

Per essere pienamente coerenti, oltretutto, credo che i paladini delle divisioni di stato (dove ad ogni stato corrispondono diritti umani di base differenti) dovrebbero introdurne un quinto:

  1. vivo in potenza,
  2. vivo in atto,
  3. vivo in atto ma handicappato,
  4. morto in potenza,
  5. morto in atto.

Non è purtroppo solo l'ipotesi di un'utopia negativa (o distopia, come va di moda dire oggi). Da qualche parte s'è fatto. Spero non ci sia bisogno di commentare.

venerdì 26 settembre 2008

Rientrati


Dopo una straordinaria vacanza ad Ortisei, torniamo alla quotidianità.

more to come...

mercoledì 17 settembre 2008

Una gran Passione

Mettendo in gioco la somma Matthäus-Passion del sommo Bach, Ric ha messo sul piatto queste fiches. Rilancio con il grande Gardiner.

DRM da incubo

Sta accadendo una cosa curiosa su Amazon.com. Ritengo sia particolarmente significativa e spero che la stampa internazionale dia ampio risalto presto, se non l'ha già fatto.

Il fatto è questo. Dopo un'attesa di anni, finalmente la Electronic Arts (da decenni mito nel mondo dei videogiochi) ha rilasciato Spore, un videogame per PC ideato da Will Wright, il creatore del mitico The Sims.

A pochi giorni di distanza, Amazon contiene ora 2687 user reviews. Un numero impressionante. La cosa più impressionante è che di queste, ben 2349 (più dell'87%) sono estremamente negative (voto 1 su 5). Si tratta di una sentenza di proporzioni inaudite. Tutte queste riviews sono sostanzialmente unanimi: ne condannano il sistema di DRM (controllo dei diritti d'autore). EA ha infatti deciso che il gioco va attivato via internet, e sono previste non più di 3 attivazioni (per una eventuale quarta attivazione è necessario telefonare ad EA).

Sarà curioso vedere come EA reagirà a questa nuova forma di boicottaggio elettronico. A fronte di quel mare di boo, chissà chi avrà il coraggio di ordinare Spore da Amazon!



Ho partecipato direttamente ad uno dei forum in corso sull'argomento (qui). La questione DRM è in primo piano ormai da anni per quanto riguarda specialmente il mercato video. Le case cinematografiche spendono fortune per creare protocolli di criptazione per impedire la copia abusiva dei supporti. Sul DVD abbiamo visto che fine ha fatto: semplicissimi software gratuiti permettono di raggirare le limitazioni. Oggi è in corso la partita sull'alta definizione: un costoso sistema prevede che il segnale passi sui cavi HDMI criptato, ed un apposito chip in monitor e televisori controlli che tutto sia a posto. Molti monitor e le vecchie tv HD-ready, sprovvisti di tale chip, non possono riprodurre le immagini dei dischi blu ray. Tutto ok, se non fosse che è solo questione di vedere quanto ci vorrà prima che i pirati cracckino le codifiche di protezione dei blu ray (pare che sia già avvenuto) e quindi bypassino l'encoding della protezione HDCP. Insomma, un po' di divertimento per i pirati ed un bel po' di costi per l'industria che vengono scaricati sugli utenti finali.

Un altro problema che si è affiancato a quello della protezione dei supporti fisici è che da anni ormai se ne può fare a meno. Musica, film, videogiochi, software in genere e libri possono stare su supporti di memoria riscrivibile (memorie flash, hard disk, cd rw) e trasmessi via internet. Questo ha ovviamente facilitato la pirateria e anche qui l'industria ha risposto spendendo valanghe di soldi per sistemi di gestione dei DRM sul materiale scaricato lecitamente e perseguendo nei tribunali la pirateria. Risultati pratici?

1) Chiunque di noi, con un minimo sforzo, può trovare film in divx e musica in mp3 pirati senza spendere un centesimo.
2) Personalmente ho scaricato brani mp3 pirati per ascoltare autori sui quali avevo dubbi. Quando mi sono piaciuti, ho poi ordinato i loro CD, che altrimenti non avrei mai comprato.
3) Ho scaricato l'anno scorso un CD di Pollini legalmente da iTunes, per poi rendermi conto che, una volta masterizzato su CD in formato CD audio, la qualità è inaccettabile per delle orecchie appena un po' educate. La copia originale in AAC l'ho scaricata su un computer precedente e non ho nemmeno voglia di stare a fare l'attivazione su questo. Non posso ascoltarla sul mio lettore di mp3 Creative Zen perché non riproduce l'AAC. Non comprerò mai più nulla su iTunes.

Che fare allora? Dal mio punto di vista è semplice: smetterla di applicare politiche di DRM vessatorie che stimolano solo la pirateria. Spendere quei soldi per migliorare i contenuti. A tutti piace possedere un bel film, un bel cd o un bel videogame sul supporto originale. Se però un gioco dura poche ore e poi non viene più voglia di giocarlo, o il film è scadente, viene lecitamente voglia di rivenderlo. Come si è sempre fatto con i libri e gli altri oggetti. La mia idea è che le protezioni DRM siano necessarie, ma i meccanismi di oggi siano inaccettabili. Limitare il numero di copie, per esempio, è una cosa per me assurda. Un libro o un dvd possono circolare all'infinito: perché mai per un'edizione digitale non dovrebbe essere lo stesso? La limitazione dovrebbe essere semmai che non più di una copia possa essere attiva allo stesso tempo (come un libro può venire prestato solo ad una persona). E devono sparire tutti i problemi di compatibilità dei DRM (per esempio, possiedo una copia digitale di Juno, che potrei attivare su massimo tre computer, ma non posso scaricarla sulla PSP), che sono un altro incubo per i "techie geeks" come me.

In America oggi è possibile acquistare quasi qualunque libro in formato elettronico sul Kindle di Amazon. Costa poco meno che il libro cartaceo. Dicono che la leggibilità sia eccellente, paragonabile a quella della carta, ed i vantaggi sono innumerevoli. Ma c'è questa limitazione: i libri protetti da copyright non possono essere ceduti (se non ad altri Kindle in possesso dei propri familiari). Questo non può che ostacolare la diffusione dell'oggetto.

Trovo interessantissimo il mercato dei videogames. E' uno splendido laboratorio sulla formazione dei prezzi attraverso la legge della domanda e dell'offerta. Man mano che passano settimane dalla prima uscita dei giochi, sempre più gente li completa (o si stufa) mettendo in vendita le copie usate. Questo fenomeno è il principale obiettivo della politica di EA (e della pressione che fa Sony per far acquistare i giochi facendoli scaricare - protetti da DRM - dal Playstation Network anziché su disco). Chiaramente, nell'ottica del gamer un bel gioco deve durare parecchio (anche alla luce del fatto che i giochi per la PS3 in Italia vengono venduti intorno ai 70 euro!) ed offrire contenuti che lo rendano ancora giocabile una volta completata la missione principale (per esempio gicabilità online, missioni secondarie con difficoltà superiori...). Le copie usate hanno un prezzo legato alla quantità di copie disponibili. Se il gioco è scadente o non offre altro che la missione principale, le copie disponibili sono molte (e la voce di diffonde attraverso meccanismi come le user reviews di Amazon): il prezzo scende rapidamente. Anche il prezzo del nuovo scende di conseguenza. Giochi ben strutturati, invece, hanno un usato caro e di conseguenza il prezzo del nuovo resiste a lungo.

Questi meccanismi naturali mi spingono a ritenere che la migliore politica sia investire sulla qualità dei contenuti ed evitare di creare problemi agli utenti (a quelli onesti: i pirati trovano sempre il modo di raggirarli). Speriamo che questa specie di "class action" elettronica spinga l'industria dell'intrattenimento ad una profonda riflessione.

Strane coincidenze fiscali

Ieri ho avuto una delle rare sorprese gradite da parte del fisco italiano. Da almeno 5 anni a questa parte, l’Agenzia delle Entrate fa sempre accertamenti sulla mia dichiarazione e su quella di mia moglie. Ormai siamo abituati alle loro raccomandate.

Tutto è iniziato per via delle detrazioni per la ristrutturazione edilizia, messe a carico sia mio che di mia moglie. Primo controllo: i miei documenti. Qualche fatica a far combaciare le fatture con i bonifici, dato che gli importi a volte erano pagamenti parziali, ma alla fine tutto a posto. C’era qualche fattura che avevo fatto intestare a me e poi dedotto a mia moglie (con il suo CF sul bonifico), ma l’impiegato ha capito che non c’era nessuna frode ed era solo la questione di un nome anziché l’altro sulla fattura. Tutto a posto dunque. All’epoca governava Berlusconi.

L’anno successivo, stesso controllo per mia moglie. Stessa situazione, due o tre piccole fatture intestate a me ma detratte da lei (anche i pagamenti erano stati fatti indicando il suo CF). Tutti i documenti, tra l’altro, erano stati vidimati da un CAF. Nessuna frode, ma errore formale. L’Agenzia, contrariamente a quanto aveva fatto l’anno prima nell’identica situazione, ha chiesto il rimborso più la sanzione. L’impiegato (stesso dell’anno prima), parlandoci di persona, mi ha detto che capiva bene la situazione ma purtroppo altrimenti avrebbe rischiato di persona se un superiore avesse controllato. All’epoca governava Prodi.

Quelle detrazioni sono spalmate su 10 anni, i controlli sono fatti 2-3 anni dopo l’anno controllato, e dunque ancora per 2-3 anni gli importi dichiarati non tengono conto delle rettifiche fatte dal funzionario dell’Agenzia.

Si va avanti coi controlli regolari (con annessi recuperi+sanzioni), dunque, fino all’anno scorso con il controllo per l’anno 2004. Questa volta, c’è un altro problema. In quell’anno è nato il primogenito. Il commercialista l’ha messo a carico a mia moglie al 100%, ed a me al 50% (e ha mandato le dichiarazioni in telematico senza che nemmeno le vedessimo). La cosa balza agli occhi dell’Agenzia ovviamente in automatico. Solito accertamento, sia sulla moglie che su me. Qui non ho nulla da dire: ripago l’importo detratto più la sanzione più la solita differenza trascinata delle ristrutturazioni. Parlo al telefono con l’accertatore (ormai ho la sua email personale ed i documenti glieli mando così), spiegandogli che in seguito alla cosa ho guardato le dichiarazioni, e la stessa cosa il commercialista l’ha fatta per l’anno dopo. In compenso, però, l’anno dopo è nato il secondogenito ed il commercialista non l’ha messo a carico né dell’uno né dell’altro. Mi risponde che purtroppo le segnalazioni escono in automatico e l’unica cosa che potrei fare è il “ravvedimento operoso”, ma per un importo così piccolo forse non vale la pena. Per il secondogenito, invece, orami è tardi, i buoi sono scappati, troppo tardi per chiudere la porta della stalla. Mi arriva la raccomandata con l’F24 da pagare e l’elenco dei problemi riscontrati. Vedo una cosa che mi ha addebitato in più. La chiamo, mando i documenti per mettere a posto, ho ragione, tutto ok. Mi arriva la seconda raccomandata con il secondo F24. Recita una cosa tipo “pagare entro 30 giorni dal ricevimento della prima rettifica per aver diritto alla sanzione ridotta”. Intendo che quella raccomandata è la rettifica alla loro raccomandata precedente, quindi la prima rettifica. Pago online, la banca all’inserimento del numero della cartella mi propone una data di poco meno di 30 giorni successivi alla data della cartella, mi pare tutto ok. Passa qualche mese, mi arriva un altro F24. Sanzione per ritardato pagamento. La data in cui ho pagato (proposta in automatico) era successiva di un paio di giorni ai 30 giorni dal ricevimento della prima raccomandata. Chiamo l’Agenzia: per loro la prima rettifica era la loro prima raccomandata!

All’epoca di tutto questo governava ancora Prodi.

Settimana scorsa ricevo l’attesa raccomandata per il controllo della dichiarazione 2005 di mia moglie (il cumulo delle detrazioni per figlio a carico superiore al 100% tra me e mia moglie che già sapevamo). Mi faccio mandare tutti i documenti richiesti scannerizzati dal commercialista. Li inoltro all’Agenzia alla solita email personale dell’accertatore. Nel testo accompagnatorio, con tono un po’ seccato, faccio notare che, incidentalmente, il secondogenito non è stato messo a carico di nessuno ma, andando la cosa a nostro danno, probabilmente a loro non sarebbe importato (questo me l’avevano detto loro stessi l’anno prima!). Chiamo il giorno dopo al telefono. Gentilissimamente, l’accertatore mi dice che ha tenuto in considerazione il secondogenito e con quello ha compensato sia l’eccesso del primogenito che il trascinamento delle ristrutturazioni. Da pagare: €0! Mi ha anticipato che deve aprire anche la mia pratica ma prevede che, considerando il secondogenito, anche quella andrà a posto. Chi governa oggi?

Ora, saranno anche coincidenze, ma cominciano ad essere parecchie. Che il fisco sanzioni i comportamenti scorretti lo auspichiamo tutti (tranne quelli che frodano). Il sospetto che mi viene, però, è che i vari Visco, Prodi, Padoa Schioppa diano ordini alle Entrate perché se la prendano e si accaniscano con gli errori formali senza tener alcuno conto dell’effettivo danno provocato alle casse dello Stato.

Questo sospetto è suffragato anche dall’esperienza fiscale aziendale, dove l’anno scorso abbiamo ricevuto un pesante controllo che se l’è presa con tutti i possibili pretesti formali. Gli accertatori ci hanno detto chiaramente che il controllo non era dovuto ad una selezione casuale dell’azienda, ma era mirato, su istruzioni governative, a tutte le aziende con un certo livello di fatturato/utili. Ogni singola Agenzia sul territorio aveva un target, doveva recuperare un certo importo. Costasse quel che costasse.

Qualcuno poi sbandierava e sbandiera ancora trionfalmente i risultati della “lotta all’evasione” del precedente governo. Tanti pecoroni (il popolo del 730, quelli che di errori non ne possono fare) ancora oggi ci credono, e rimpiangono i vecchi esattori aguzzini.

venerdì 12 settembre 2008

E’ tutto già scritto, e da un pezzo!

E’ divertente fare i giochini che facciamo noi a tempo perso, occupandoci da dilettanti delle cose che arrovellano da secoli le Grandi Menti. Ipotizzare se e come sia avvenuta l’evoluzione delle specie (bel giochetto davvero questo, basta non prenderlo sul serio), oppure come fondare l’etica sulla pura materialistica ragione umana (arrivando ai paradossi messi in evidenza da Ric).

Un bel gioco, non c’è che dire, che allena muscoli del cervello diversi da quelli che teniamo in forma giocando al divertente Lumines (evoluzione del vecchio Tetris), scrivendo un algoritmo in SQL e C# per comparare i ricavi nel tempo prodotto per prodotto tenendo conto dei costi delle materie prime e del fatturato, oppure ascoltandoci il concerto per violino di Brahms trasmesso da radioio (tutte cose – non le uniche! – che mi hanno dilettato nelle ultime 24 ore).

Basta essere consapevoli che certi esercizi restano solo giochetti mentali. L’etica può avere tutti i fondamenti che vogliamo, ma se auspichiamo una società in cui si stia bene, in cui la maggior parte possibile di persone sia contenta di svegliarsi alla mattina, non c’è scampo. C’è solo un appiglio, un basamento su cui edificarla. Un libro completato un paio di migliaia di anni fa. C’è già dentro tutto lì. Tutto il resto sono giochetti. Fa sorridere quando qualcuno li prende sul serio. Quando a prenderli sul serio sono in tanti, puntualmente prima o poi si arriva al dramma.

E non si scappa: se non si accetta l’idea che da lassù il Creatore ci ha dato il manuale di istruzioni, non può che essere tutto eticamente lecito: chiunque (piccola o grande mente che sia) può dire quello che gli pare (la sua “verità”) e pretendere di avere ragione. Con spettacolari (e sempre incongruenti) arrampicate sugli specchi quando si illude seriamente che possano esserci altre vie praticabili alla giustizia.

lunedì 8 settembre 2008

Il maestro unico e la matematica

Viviamo nel Paese in cui è un vanto non capire nulla di matematica. mi chiedo se sia questa la causa del caos che coinvolge i media a proposito della proposta del ministro Gelmini sul ritorno al "maestro unico" nelle scuole elementari (ops, primarie).

Ci ho messo un po' a capire come stiano le cose, dato che fin da subito trovavo poco plausibile il modo in cui se ne parlava. Attualmente, si dice, i bambini hanno tre insegnanti. In futuro si tornerà a dargliene uno ("come ai tempi di De Amicis", dicono i soliti). Ma dove sta il risparmio, dico io? Se il numero totale di ore di lezione resta invariato, pagando lo stesso numero di ore ad un insegnante anziché a tre come si fa a risparmiare?

La risposta sta in una parola: "compresenze". Attualmente i tre insegnanti non sono solo alternati, ma ci sono "ore" (virgolettato perché di solito le ore scolastiche sono fatte da 50 minuti) in cui i bambini hanno contemporaneamente due insegnanti in classe (e non c'entrano nulla gli insegnanti "di sostegno" per i bambini con problemi).

Ma allora avevo capito male: l'"insegnante unico" va inteso per unità oraria, mentre potrebbero tranquillamente continuare ad esserci tre insegnanti che si alternano per classe. Perché allora stamane Walter Passerini a Prima Pagina continuava a dirci che oggi sono necessarie più competenze da parte degli insegnanti, ed un solo insegnante non è più adeguato ad insegnare ai bambini tutte le materie? Basterebbe metterne due o tre che si alternano! In effetti, ad istinto e senza nessuna competenza sulla didattica, direi che ce ne vorrebbero almeno due: uno per le materie "umanistiche" (lingua italiana, letteratura, storia, ...) ed uno per quelle scientifiche (matematica, scienze, geografia, ...). Aggiungiamone poi qualcuno specializzato per fare poche ore su tante classi per l'inglese, la musica, le attività motorie e la religione e siamo a posto. Spenderemo meno (nessuna compresenza) ed avremo più qualità. Anche perché non capisco proprio come due insegnanti possano in contemporanea insegnare alla stessa classe competenze diverse.

Mia moglie, che è insegnante nella scuola pubblica, mi dice che questo creerebbe un sacco di problemi, dato che le scuole attualmente usano gli insegnanti in compresenza anche per destinarli a coprire gli insegnanti assenti, risparmiando sui supplenti che, con l'autonomia scolastica, sono a carico dei singoli istituti. Ohibò. Per risparmiare su un supplente paghiamo dunque 1/3 di stipendi in più tutto l'anno?

Forse tutto questo è la conseguenza del problema del difficile rapporto degli italiani con la matematica (aritmetica elementare inclusa). Forse tutto ciò è invece causato dalle solite logiche sindacali, quelle che vorrebbero la scuola su misura per gli insegnanti anziché per gli studenti.

Magari il nuovo impianto del governo è davvero come suggerisco io (ho però qualche timore poiché la logica in politica è sempre sottomessa agli interessi corporativi). Ho l'impressione che i giudizi siano sempre tarati sull'opinione politica di chi li esprime nei confronti del governo in carica. Ed il governo in carica, si sa, non gode di molta simpatia da parte del mondo della scuola. Si parla della "Gelmini", si usa il dispregiativo "ministra", si continua a rinfacciarle che è giovane. Di solito a farlo sono gli stessi che si lamentano dell'età media dei nostri politici, del fatto che in politica ci sono poche donne, che ci sono sempre le stesse facce. Della Gelmini conosco solo il nome ma, sentite le accuse, mi sta immediatamente simpatica. Anche la sua gaffe sul concorso di avvocatura fatto al sud: ha solo detto l'ovvio, quello che tutti sanno, ovvero che al sud passare gli esami è in genere molto più facile che al nord, e che al nord in certi ambienti si passa solo con i giusti appoggi (da noi lo chiamiamo "mafia", ma chi equivoca con la mafia vera è solo un tonto, vero o finto che sia). Ingenua finché volete, ma ci ha detto che il re è nudo. Diversamente dalla favola, però, qui nessuno vuole sentirlo dire.


Ci sarebbe anche parecchio da dire sulla disgrazia chiamata "tempo pieno" (o "tempo prolungato") che, fin da quando ero piccolo io, certe associazioni di genitori di sinistra volevano a tutti i costi, finché qualche anno dopo sono riuscite ad ottenerlo. Benissimo il doposcuola per i (poveri!) ragazzi i cui genitori sono entrambi al lavoro tutto il giorno e necessitano di una scuola baby-sitter, ma l'intento dell'obbligo per tutti del tempo pieno mi pare più ideologicamente motivato dall'idea di sottrarre il più possibile i ragazzi dall'influenza delle famiglie. Mi fermo qui però, dato che questo è tutt'altro tema.