lunedì 24 novembre 2008

La perfezione del cristiano

Sullo spunto delle letture della liturgia ambrosiana di ieri (domenica di Giovanni battista), di un incontro sulla "parabola del seminatore" e di una serie di scambi qui, riorganizzo un attimo i pensieri.

Diana cita il racconto dei pesci-banana di Salinger: "Gesù Cristo suggerice quanto segue: "Siate dunque perfetti, proprio come è perfetto il Padre vostro che sta nei cieli."" (il brano poi prosegue a dimostrare che Dio non è perfetto perché permette il male e la sofferenza, che non si capisce cosa c'entri con la perfezione). 

Non posso certo dirmi un autorevole esegeta biblico, ma mi sembra chiaro che Salinger del cristianesimo non abbia capito proprio un accidenti.

Il messaggio del Vangelo sulla perfezione che cita Salinger sta in Matteo 5, nella pagina delle beatitudini. Forse è meglio leggerlo per intero: 

[43-48] Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 

Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
 

La perfezione sta dunque nell'amare anche chi non ci ama, come Dio ama chi non lo ama. 

La faccenda è tutt'altro che semplice, com'è ovvio, ed abbastanza in contrasto con la tradizione ebraica. E' interessante, da questo punto di vista, confrontare il brano con quello proposto dalle letture ambrosiane di ieri, quello di Giovanni il battista (Matteo 3). 

[7-12] Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, [Giovanni] disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Gia la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile". 

Giovanni, personaggio austero che vive nel deserto (ma non è un eremita, bensì un predicatore) è perfettamente in linea con l'idea ebraica (e che poi sarà anche quella islamica) di un Dio vendicatore giustiziero, e di un Messia che verrà a spazzare l'aia e buttere nel fuoco i cattivi. E tra questi mette pure farisei e sadducei, gente che pensava di essere a posto con la coscienza perché eseguiva tutti i gesti esteriori del rito. 

Giovanni farà una brutta fine, con la testa mozzata per assecondare i capricci di Erodiade, la moglie del fratello di Erode (Matteo 14). Ma prima di questo, c'è l'episodio di Matteo 11: 

[1-3] Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". 

Certo, si può leggere in vario modo questa domanda di Giovanni. Ma l'idea è che Giovanni si aspettasse questo Messia-giustiziere, ed invece si trova una persona mansueta, che predica amore, tolleranza e frequenta gente equivoca (per dirla con le parole di Gesù stesso, sempre da Matteo 11: "È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.") e quindi gli fa domandare se è proprio lui quello che attendevano, il che è come dire che Gesù non è esattamente quello che si aspettavano. 

La perfezione chiesta da Gesù nulla ha dunque a che vedere con quanto dice Salinger. Gesù chiede di essere aperti, accogliere la sua parola come la terra fertile accoglie il seme del seminatore, essere disposti a migliorarsi, non dire "sono fatto così" e basta, dovete prendermi per quello che sono (e sono il primo a testimoniare che è cosa durissima), né dire "sono già a posto" perché si compiono quattro gesti esteriori. Non che quei quattro gesti non contino nulla: la soluzione "faccio da me perché i riti istituzionalizzati tanto sono vuoti", come la soluzione protestante del rapporto diretto con Dio attraverso solo la Parola sono anch'esse un travisamento totale completamente fuori da quanto chiaramente esplicitato nei Vangeli. Non fosse altro che per il semplice fatto che Gesù di parole ne ha scritte ben poche, e quelle poche le ha scritte sulla terra, affidando i suoi insegnamenti completamente alla trasmissione da parte dei suoi discepoli.

giovedì 6 novembre 2008

Nonoverlapping magisteria

E' disponibile in rete un importante documento di Stephen Jay Gould, un paleontologo americano scomparso quattro anni fa, che si definiva "ebreo agnostico". Scritto nel 1997, tratta del rapporto tra scienza e religione, con particolare enfasi sulla questione evoluzionistica. Quel documento mi ha colpito parecchio e trovo che meriti una grande attenzione. Pertanto mi sono dedicato ad un'opera di traduzione (sperando di non infrangere alcun copyright).

Ecco dunque il testo del NOMA tradotto in italiano. Quando avrò tempo aggiungerò i miei commenti.




Magisteri che non si sovrappongono
di
Stephen Jay Gould

Luoghi incongrui spesso ispirano storie anomale. All'inizio del 1984 ho passato qualche notte in Vaticano, ospitato in un albergo destinato ai preti di passaggio. Mentre ponderavo su problemi enigmatici, tipo quale fosse lo scopo dei bidet collocati in ogni bagno, ed ero attanagliato dal desiderio di qualcosa di diverso dalla marmellata di prugne a colazione (perché il cestino conteneva solo centinaia di confezioni identiche di prugna e nemmeno una, per esempio, di fragola?), mi sono imbattuto in una delle innumerevoli questioni relative ai contrasti culturali che rendono la vita così interessante. Il nostro gruppo (che si trovava a Roma per un incontro sugli effetti climatici della guerra nucleare sponsorizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze) condivideva l'albergo con un gruppo di gesuiti francesi ed italiani, che erano anche scienziati professionisti.

A pranzo, questi preti mi chiamarono alla loro tavola per pormi un problema che li preoccupava. Che succedeva in America, volevano sapere, con tutto questo parlare di "creazionismo scientifico"? Uno mi chiese: "L'evoluzionismo è davvero in difficoltà e, se sì, quale potrebbe essere questa difficoltà? Mi è sempre stato detto che non esiste alcun conflitto di dottrina tra l'evoluzionismo e la fede cattolica, e le prove dell'evoluzione sembrano tanto interamente soddisfacenti quanto prorompenti. Mi è sfuggito qualcosa?"

Una vivace conversazione impasticciata tra francese, italiano ed inglese ne seguì per una mezz'oretta, ma i preti sembrarono rassicurati dalla mia risposta generica: l'evoluzionismo non ha incontrato alcun problema di natura intellettuale; nessun nuovo argomento è stato proposto. Il creazionismo è solo un fenomeno culturale autoprodotto dalla storia socioculturale americana - un movimento separatista (purtroppo, di questi tempi, più di una quisquilia) fatto di fondamentalisti protestanti che credono che ogni parola della Bibbia debba essere vera alla lettera, qualunque cosa questa pretesa possa significare. Ci siamo lasciati tutti soddisfatti, ma certamente mi sono sentito sconcertato dall'anomalia del mio ruolo di ebreo agnostico che cercava di rassicurare un gruppo di preti cattolici che l'evoluzionismo restasse allo stesso tempo vero ed integralmente coerente con il credo religioso.

Un altro aneddoto dello stesso stampo: mi viene spesso chiesto se mi capiti di percepire che il creazionismo sia problema sentito tra i miei studenti di Harvard. Io rispondo che, in quasi trent'anni di insegnamento, solo una volta mi sono trovato in una simile situazione. Uno studente del primo anno, molto sincero e serio, venne nel mio ufficio con la seguente domanda, che evidentemente lo turbava profondamente: "Sono un cristiano devoto e non ho mai avuto alcuna ragione per dubitare dell'evoluzionismo, un'idea che sembra entusiasmante e particolarmente ben documentata. Ma il mio compagno di stanza, un evangelico dedito al proselitismo, ha insistito con gran forza che io non possa essere allo stesso tempo un vero cristiano ed un evoluzionista. Mi dica dunque, può una persona credere sia in Dio che all'evoluzione?" Dunque, ho deglutito, ho compiuto il mio dovere intellettuale e l'ho rassicurato che l'evoluzione era sia vera che integralmente compatibile con il credo cristiano - una posizione che mantengo sinceramente, ma comunque una strana situazione per un ebreo agnostico.

Queste due storie illustrano un punto cardine, frequentemente trascurato ma assolutamente centrale per qualunque comprensione dello stato e dell'impatto della dottrina fondamentalista, politicamente potente, nota con l'autoproclamato ossimoro di "creazionismo scientifico", cioè la pretesa che la Bibbia sia vera alla lettera, che tutti gli organismi siano stati creati durante sei giorni di ventiquattr'ore, che la Terra sia vecchia solo poche migliaia di anni, e che l'evoluzionismo debba dunque essere falso. Il creazionismo non mette la scienza contro la religione (come mostra la mia storia di apertura), poiché un simile conflitto non esiste. Il creazionismo non alza alcuna obiezione intellettuale sulla natura della biologia o della storia della vita. Il creazionismo è un movimento locale e parrocchiale, rilevante, tra le nazioni occidentali, solo negli Stati Uniti e prevalente solo nei pochi settori del protestantesimo americano che scelgono di leggere la Bibbia come un documento infallibile, vero alla lettera in ogni iota e virgola.

Io non dubito che occasionalmente si possa incontrare una nonnina che preferirebbe insegnare il creazionismo nella sua classe di biologia della scuola parrocchiale, o un rabbino che faccia lo stesso nella sua scuola talmudica, ma il creazionismo basato sulla letteralità biblica ha poco senso sia nel cattolicesimo che nell'ebraismo, dato che nessuna di queste religioni mantiene una tradizione estesa di leggere la Bibbia come verità alla lettera piuttosto che come lettura illuminante, basata parzialmente sulla metafora e l'allegoria (componenti essenziali di qualunque buona scrittura) e richiedente un'interpretazione per una corretta comprensione. La maggior parte dei gruppi protestanti, ovviamente, prendono la stessa posizione, nonostante la frangia fondamentalista.

La posizione che ho appena delineato con aneddoti personali ed affermazioni generali rappresenta oggi l'atteggiamento di tutte le principali religioni occidentali (e della scienza occidentale). (Non posso, per ignoranza, parlare delle religioni orientali, benché sospetti che la stessa posizione prevalga nella maggior parte di esse.) La mancanza di conflitto tra scienza e religione nasce dalla mancanza di sovrapposizione tra i rispettivi domini di competenza professionale: la scienza sulla costituzione empirica dell'universo, la religione nella ricerca di giusti valori etici e del senso spirituale delle nostre vite. Il conseguimento della saggezza in una vita piena richiede un'attenzione intensa ad entrambi i domini, dato che un grande libro ci dice che la verità ci può rendere liberi e che vivremo in un'armonia ottimale con i nostri compagni quando impareremo a comportarci con correttezza, ad amare il perdono ed a muoverci con umiltà.

Nel contesto di questo atteggiamento standard, mi sono trovato alquanto stupito da una dichiarazione rilasciata da Papa Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1996 alla Pontificia Accademia delle Scienze, lo stesso organismo che aveva sponsorizzato il mio precedente viaggio in Vaticano. In questo documento, intitolato La verità non può contraddire la verità, il papa difendeva sia l'evidenza dell'evoluzionismo che la coerenza della teoria con la dottrina religiosa cattolica. I giornali di tutto il mondo risposero con titoli di prima pagina, come nel New York Times del 25 ottobre: Il Papa enfatizza il supporto della Chiesa alla visione scientifica dell'evoluzione.

Ora, lo so che ci sono giorni con notizie scarse e ammetto che nient'altro cercava di conquistarsi i titoli in quel momento particolare. (Il Times non poteva sfruttare null'altro di più entusiasmante che il rifiuto di Ross Perot di accettare il consiglio di Bob Dole di abbandonare la competizione presidenziale.) Tuttavia, non potevo fare a meno di interrogarmi sul perché di tutta quest'attenzione dedicata alla dichiarazione papale (pur essendo profondamente compiaciuto, ovviamente, poiché abbiamo bisogno di tutta la buona stampa possibile, specialmente da stimabili fonti esterne). La Chiesa cattolica non si era mai opposta all'evoluzionismo e non aveva nessuna ragione per farlo. Perché il papa aveva rilasciato una simile dichiarazione? E perché la stampa aveva reagito con un'orgiastica copertura sulle prime pagine di tutto il mondo?

Inizialmente ho potuto solo concludere, e sbagliando come mi sono presto reso conto, che i giornalisti di tutto il mondo dovevano profondamente fraintendere la relazione tra scienza e religione, e di conseguenza si erano ingiustificatamente sentiti in dovere di innalzare un commento papale minore a proclama. Forse la maggioranza della gente pensa veramente che esista un conflitto tra scienza e religione e che (per citare un caso particolarmente degno di nota) l'evoluzionismo debba essere intrinsecamente in conflitto con il cristianesimo. In un simile contesto, un'ammissione papale della legittimità dello stato dell'evoluzionismo potrebbe davvero essere visto come grande notizia - una sorta di equivalente moderno di di un evento che non è mai successo, ma che sarebbe stata una bomba giornalistica nel 1640: Papa Urbano VIII rilascia il suo prigioniero più famoso dagli arresti domiciliari e umilmente si scusa: "Mi spiace signor Galileo... in effetti il Sole è, ehm, centrale".

Ma ho a quel punto scoperto che la copertura prominente della compiacenza papale verso l'evoluzionismo non era stato un errore dei giornalisti anglofoni non cattolici. Anche lo stesso Vaticano aveva rilasciato il documento come notizia importante. E i quotidiani italiani avevano presentato, se possibile, ancora maggiori titoli ed articoli più lunghi. Il conservatore "Il Giornale", ad esempio, sparava in prima pagina "Il papa dice che potremmo discendere dalle scimmie".

Evidentemente, io ero fuori dal mondo. Qualcosa di nuovo o sorprendente doveva nascondersi all'interno del documento papale - ma cosa poteva mai essere? - specialmente vista l'accuratezza della mia prima impressione (che ho poi verificato essere vera) che la Chiesa cattolica dia importanza allo studio scientifico, non vedendo la scienza come minaccia alla religione in generale o alla dottrina cattolica in particolare, ed abbia da lungo tempo accettato sia la legittimità dell'evoluzionismo come campo di studio, sia la possibile armonia tra le conclusioni evoluzioniste e la fede cattolica.

Avendo collaborato con Tip O'Neill, so certamente che "tutta la politica è locale" - e che il Vaticano ha di certo le sue ragioni interne, piuttosto oscure per me, per annunciare il supporto papale dell'evoluzionismo come atto importante. Tuttavia mi rendevo conto che mi mancava qualche chiave importante, e trovavo ciò frustrante. Mi venne allora in mente la regola numero uno della vita intellettuale: quando sei nel dubbio, non fa mai male leggere i documenti di prima mano - un principio semplice ed autoevidente che è, nonostante tutto, completamente sparito da larghi settori della pratica americana.

Io sapevo che papa Pio XII (a dire poco non una delle mie figure preferite del ventesimo secolo) aveva rilasciato la prima dichiarazione in un'enciclica del 1950 intitolata Humani Generis. Conoscevo il punto chiave del suo messaggio: i cattolici potevano credere qualunque cosa la scienza stabilisse circa l'evoluzione del corpo umano, purché accettassero che, in un qualche momento da lui stabilito, Dio abbia infuso l'anima in questa creatura. Sapevo anche che questa affermazione non mi creava problemi poiché, qualunque fossero le mie convinzioni private sulle anime, la scienza non può toccare questo argomento e quindi non può essere minacciata da alcuna posizione teologica su una questione così legittimamente ed intrinsecamente religiosa. Papa Pio XII, in altre parole, aveva propriamente riconosciuto e rispettato i domini separati di scienza e teologia. Perciò, mi trovavo in totale accordo con la Humani Generis - ma non avevo mai letto integralmente il documento (non che di questi tempi questo sia un grosso impedimento all'esprimere un'opinione).

In breve tempo, tra tutti i posti possibili, ho reperito il documento di riferimento da internet. (Il papa è online in misura notevole, ma un luddista come me no. Perciò ho messo un associato informatizzato a dragare i documenti. Mi piace la rottura degli stereotipi implicata dal trovare la religione così all'avanguardia ed uno scienziato così indietro.) Avendo ora letto integralmente sia la Humani Generis di papa Pio XII sia la proclamazione dell'ottobre 1996 di papa Giovanni Paolo II, ho finalmente capito perché la dichiarazione recente sembra così nuova, rivelatrice, e degna di tutti quei titoli. E il messaggio non potrebbe essere più benvenuto per gli evoluzionisti e gli amici sia della scienza che della religione.

Il testo della Humani Generis è incentrato sul Magisterium (o autorevolezza educativa) della Chiesa - una parola derivata da concetti che nulla hanno a che vedere con quelli di maestà o riverenza, bensì con la diversa nozione di insegnamento, poiché magister è il termine latino per "insegnante". Io credo che possiamo acquisire questo termine e concetto per esprimere il punto centrale di questo saggio e la risoluzione di principio del supposto "conflitto" o "guerra" tra scienza e religione. Questo conflitto non dovrebbe affatto sussistere poiché ciascun soggetto ha un legittimo magisterium, o dominio di autorevolezza di insegnamento, e questi magisteri non si sovrappongono (il principio che io vorrei chiamare NOMA, o "nonoverlapping magisteria"). La rete della scienza copre l'universo empirico: di cosa è fatto (realtà) e perché funziona in questo modo (teoria). La rete della religione si estende su questioni di significato e valore morale. Questi due magisteri non si sovrappongono, né comprendono l'interezza delle ricerche (si consideri, tanto per cominciare, il magistero dell'arte ed il significato del bello). Per usare degli stereotipi, noi determiniamo l'era delle rocce, e la religione si tiene la roccia delle ere; noi studiamo come vanno i cieli, loro si occupano di come raggiungerli, i cieli.
Questa distinzione potrebbe rimanere chiara e netta se i magisteri che non si sovrappongono (NOMA) della scienza e della religione fossero separati da un'estesa terra di nessuno. In realtà, invece, i due magisteri stanno uno adiacente all'altro, interagendo in modi meravigliosamente intricati lungo il loro confine comune. Molte delle nostre domande più profonde riguardano aspetti di entrambi in parti diverse per trovare una risposta completa - e l'assegnazione dei domini legittimi può divenire piuttosto complessa e difficoltosa. Per citare due ampie questioni che riguardano sia la realtà evolutiva che gli aspetti morali: dato che l'evoluzione ha fatto di noi le uniche creature terrestri con una coscienza avanzata, quali responsabilità ne derivano nelle nostre relazioni con le altre specie? Cosa implicano i nostri legami genealogici con gli altri organismi circa il senso della vita umana?

La Humani Generis di Pio XII è un documento altamente tradizionalista scritto da un uomo profondamente conservatore obbligato ad affrontare tutti gli "ismi" ed i cinismi che cavalcavano l'onda della seconda guerra mondiale e prendevano parte alla battaglia per la ricostruzione della dignità umana dalle ceneri dell'Olocausto. L'enciclica, sottotitolata "Circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica", inizia con una dichiarazione di guerra:

I dissensi e gli errori degli uomini in materia religiosa e morale, per tutti gli onesti, soprattutto dei i sinceri e fedeli figli della Chiesa, sono sempre stati origine e causa di fortissimo dolore, ma specialmente oggi, quando vediamo come da ogni parte vengano offesi gli stessi principi della cultura cristiana.

Pio prende di mira, a turno, i vari nemici esterni della Chiesa: il panteismo, l'esistenzialismo, il materialismo dialettico, lo storicismo e, ovviamente e soprattutto, il comunismo. A quel punto nota con tristezza che alcuni influenti individui all'interno della Chiesa sono caduti in un pericoloso relativismo - "un pacifismo ed egualitarismo teologico, in cui tutti i punti di vista diventano ugualmente validi" - allo scopo di annettere persone dalla fede oscillante che anelano ad abbracciare la fede cristiana ma non vogliono accettare in particolare il magistero cattolico.

Dove andrà a finire questo mondo quando queste nocive novità possono scombussolare in questo modo un ordine rivelato e stabilito? Parlando come un conservatore dei conservatori, Pio lamenta che:

Non deve recare meraviglia che tali novità in quasi tutte le parti della teologia abbiano prodotto i loro velenosi frutti. … Da alcuni poi si mette in discussione se gli angeli siano persone; se vi sia una differenza essenziale fra la materia e lo spirito. … Né mancano coloro che sostengono che la dottrina della transustanziazione, in quanto fondata su un concetto antiquato di sostanza, deve essere corretta in modo da ridurre la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia ad un simbolismo.

Pio dapprima menziona l'evoluzionismo per deprecarne un uso scorretto per sovraestensione spesso promulgato dagli zelanti sostenitori degli anatemizzati "ismi":

Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico … Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio.

L'affermazione più importante di Pio sull'evoluzionismo si trova vicino alla fine del documento, nei paragrafi dal 35 al 37. Accetta il modello standard del NOMA e parte con il riconoscere che l'evoluzione sta in un'area difficoltosa dove i domini fanno una dura pressione l'uno sull'altro. "Rimane ora da parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della fede cristiana." [E' interessante notare che la pulsione principale di questi paragrafi non riguarda l'evoluzionismo in generale, bensì si basi sulla confutazione della dottrina che Pio chiama poligenismo, o la nozione della discendenza umana da multipli genitori - poiché considera tale idea incompatibile con la dottrina del peccato originale, "che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio". In questa sola frase Pio potrebbe trasgredire al principio del NOMA - ma non posso giudicare, dato che non conosco i dettagli della teologia cattolica e pertanto non so come una simile affermazione possa essere letta simbolicamente. Se Pio sta affermando che non possiamo proporre una teoria sulla derivazione di tutti gli uomini moderni da una popolazione ancestrale piuttosto che da un individuo ancestrale (potenzialmente un fatto) poiché una simile idea metterebbe in dubbio la dottrina del peccato originale (un costrutto teologico), a quel punto lo dichiarerei fuori dalla linea per aver permesso al magistero della religione di dettare una conclusione pertinente il magistero della scienza.]

Pio a questo punto scrive le note parole che permettono ai cattolici di trattare l'evoluzione del corpo umano (un'istanza fattuale sotto il magistero della scienza), nel momento in cui accettano la creazione divina e l'infusione dell'anima (una nozione teologica sotto il magistero della religione):

Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente sia Dio).

Fin qui, non avevo trovato nulla di sorprendente nella Humani Generis, e niente che alleviasse i miei interrogativi sulla novità della dichiarazione recente di Giovanni Paolo II. Ma, proseguendo la lettura, mi sono accorto che papa Pio XII aveva detto di più sull'evoluzione, qualcosa che non avevo mai visto citato, e che faceva della dichiarazione di Giovanni Paolo II qualcosa di davvero molto interessante. Per farla breve, Pio forzosamente proclamava che benché l'evoluzione potrebbe essere legittimata in via di principio, la teoria, nei fatti, non era stata provata e potrebbe essere completamente sbagliata. Si ha la forte impressione, oltretutto, che Pio parteggiasse molto fortemente per un verdetto di falsità. Proseguendo direttamente dall'ultima citazione, Pio ci dà dei consigli sul corretto studio dell'evoluzionismo:

Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura … Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela.

Riassumendo, Pio accetta generalmente il principio NOMA dei magisteri che non si sovrappongono, permettendo ai cattolici di sostenere l'ipotesi dell'evoluzione del corpo umano finché accettano l'infusione divina dell'anima. Ma a quel punto offre qualche (santo) consiglio paterno agli scienziati sullo stato evoluzione come concetto scientifico: l'idea non è ancora provata, e dovete stare particolarmente attenti poiché l'evoluzione provoca molti problemi fastidiosi proprio sul confine con il mio magistero. Si può leggere questo secondo tema in due modi differenti: o come una incursione gratuita in un dominio altrui, oppure come un'utile prospettiva da parte di un outsider intelligente e preoccupato. Essendo io uomo di buona volontà, e nell'interesse della conciliazione, sono lieto di abbracciare l'ultima interpretazione.

Ad ogni modo, questa seconda affermazione raramente citata (che l'evoluzione resta non provata e pericolosetta) - e non la familiare prima affermazione per il principio NOMA (che i cattolici possono accettare l'evoluzione del corpo se accolgono la creazione dell'anima) - definisce la novità e l'interesse per la recente dichiarazione di Giovanni Paolo.

Egli inizia riassumendo la precedente enciclica del 1950 di Pio XII, e particolarmente riaffermando il principio NOMA - nulla di nuovo fin qui, né ragione di pubblicità estensiva:

Nella sua Enciclica Humani generis (1950) il mio predecessore Pio XII aveva già affermato che non vi era opposizione fra l'evoluzione e la dottrina della fede sull'uomo e sulla sua vocazione, purché non si perdessero di vista alcuni punti fermi.

Per enfatizzare la potenza del NOMA, Giovanni Paolo pone un problema potenziale ed una decisa risoluzione: come possiamo conciliare la pretesa della scienza che ci sia una continuità fisica nell'evoluzione del corpo umano con l'insistenza cattolica che l'anima debba comparire in un momento di infusione divina:

Con l'uomo ci troviamo dunque dinanzi a una differenza di ordine ontologico, dinanzi a un salto ontologico, potremmo dire. Tuttavia proporre una tale discontinuità ontologica non significa opporsi a quella continuità fisica che sembra essere il filo conduttore delle ricerche sull'evoluzione dal piano della fisica e della chimica? La considerazione del metodo utilizzato nei diversi ordini del sapere consente di conciliare due punti di vista apparentemente inconciliabili. Le scienze dell'osservazione descrivono e valutano con sempre maggiore precisione le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella linea del tempo. Il momento del passaggio all'ambito spirituale non è oggetto di un'osservazione di questo tipo, che comunque può rivelare, a livello sperimentale una serie di segni molto preziosi della specificità dell'essere umano.

La novità ed il valore aggiunto dell'affermazione di Giovanni Paolo sta piuttosto nella sua profonda revisione della seconda e raramente citata seconda proclamazione di Pio che l'evoluzionismo, benché in linea di principio concepibile e riconciliabile con la religione, può citare poche prove convincenti, e potrebbe benissimo essere falso. Giovanni Paolo afferma - e io posso solo dire così sia, e grazie per averlo notato - che il mezzo secolo tra Pio che sorvegliava le rovine della seconda guerra mondiale ed il suo pontificato araldeggiante l'alba del nuovo millennio ha visto un tale crescere dei dati, ed una tale rifinitura della teoria, che l'evoluzione non può più essere messa in discussione dalle persone di buona volontà:

Pio XII aggiungeva … che non si adottasse questa opinione [l'evoluzionismo] come se si trattasse di una dottrina certa e dimostrata e come se ci si potesse astrarre completamente dalla Rivelazione riguardo alle questioni da essa sollevate. … Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell'Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all'attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria.

In conclusione, Pio aveva grugnando ammesso l'evoluzione come legittima ipotesi che considerava come solo ipoteticamente supportata e potenzialmente (come sospetto che sperasse) falsa. Giovanni Paolo, quasi cinquant'anni dopo, riafferma la legittimità dell'evoluzionismo sotto il principio NOMA - nessuna novità fin qui - ma aggiungendo che dati e teoria aggiuntivi avevano posto la fattualità dell'evoluzione al di là di qualsiasi ragionevole dubbio. I cristiani sinceri devono ora accettare l'evoluzione non solo come una plausibile possibilità, ma anche come un fatto effettivamente provato. In altre parole, l'opinione cattolica ufficiale sull'evoluzione si è spostata dal "diciamo che non è così, ma possiamo averci a che fare se risulterà necessario" (la visione brontolante di Pio del 1950) al integralmente benvolente Giovanni Paolo II del "è stata provata vera; noi celebriamo sempre la realtà della natura, e restiamo in attesa di interessanti discussioni sulle implicazioni teologiche". Io accolgo felicemente questa svolta come un vangelo - letteralmente "buona novella". Io posso rappresentare il magistero della scienza, ma do il benvenuto al supporto di un capo di primaria importanza nell'altro magistero delle nostre nostre complesse vite. E ricordo la saggezza del re Salomone: "Come acqua fresca per una gola riarsa è una buona notizia da un paese lontano" (Proverbi 25:25).

Esattamente come la religione deve portare la croce della sua base dura, ho alcuni colleghi scienziati, compreso qualcuno abbastanza importante da avere larga influenza con i suoi scritti, che vedono questa riconciliazione tra i due domini con poco entusiasmo. Questi dicono ai colleghi come me (scienziati agnostici che danno il benvenuto e festeggiano questo riavvicinamento, specialmente l'ultima dichiarazione del papa): "Su, siate onesti, lo sapete che la religione sono solo confuse, superstiziose, superate str...ate; state solo facendo tutto questo chiasso perché sapete che la religione è così potente e ci tocca essere diplomatici per assicurarci il supporto del pubblico ed i finanziamenti per la scienza." Non credo che questo atteggiamento sia comune tra gli scienziati, ma una posizione del genere mi riempie di scoraggiamento, ed è per questo che concludo questo saggio dichiarando la mia posizione riguardo alla religione, per testimoniare quello che considero essere un consenso virtuale tra gli scienziati intelligenti (che sostengono il principio del NOMA con la stessa fermezza del papa).

Io personalmente non sono un credente o un uomo religioso in qualunque senso di devozione o pratica istituzionale. Ma ho un rispetto enorme per la religione, e l'argomento mi ha sempre affascinato, al di sopra di quasi ogni altro (con qualche eccezione, come l'evoluzione, la paleontologia ed il baseball). Gran parte di questo fascino sta nel paradosso storico che, nel corso della storia occidentale, la religione organizzata ha alimentato tanto gli orrori più inenarrabili quanto i più commoventi esempi della bontà umana che dà tutta se stessa incurante del proprio pericolo. (Il male credo che stia nell'occasionale confluenza della religione con il potere temporale. La Chiesa cattolica ha mostrato la sua quota di orrori, dall'Inquisizione alle condanne capitali, ma solo perché questa istituzione ha avuto un potere temporale così a lungo nella storia dell'Occidente. Quando la mia gente aveva un simile potere, meno a lungo, durante i tempi dell'Antico Testamento, ha commesso le stesse atrocità seguendo in buona parte gli stessi principi.)

Credo, con tutto il cuore, in un rispettoso e perfino benevolo concordato tra i nostri magisteri, la soluzione NOMA. Il NOMA rappresenta una posizione di principio basata su fondamenta morali ed intellettuali, non semplicemente un'istanza diplomatica. Il NOMA demarca inoltre da entrambe le parti. Se la religione non può più dettare la natura delle conclusioni fattuali che stanno propriamente sotto il magistero della scienza, allo stesso modo gli scienziati non possono pretendere di penetrare nelle vette della verità morale partendo da una qualche superiore conoscenza della costituzione empirica del mondo. Questa reciproca umiltà ha conseguenze pratiche in un mondo fatto da passioni tanto differenziate.

La religione è troppo importante per troppa gente perché si possa liquidare o denigrare il conforto che in tanti cercano nella teologia. Io posso, ad esempio, privatamente sospettare che l'insistenza papale sulla divina infusione dell'anima rappresenti un lenitivo per le nostre paure, un marchingegno per continuare a credere nella superiorità dell'uomo all'interno di un mondo in evoluzione che non offre posizioni privilegiate a nessuna delle creature. Ma so anche che l'anima rappresenta un soggetto al di fuori del magistero della scienza. Il mio mondo non può approvare né disapprovare una nozione di questo genere, e il concetto di anima non può minacciare o avere influenza sul mio mondo. Inoltre, sebbene io non possa personalmente accettare il punto di vista cattolico sull'anima, di certo do onore al valore metaforico di una simile concezione sia per dare fondamento alla discussione morale, sia per esprimere quello che più consideriamo prezioso sulla potenzialità umana: la nostra dignità, cura e tutte le battaglie etiche ed intellettuali che l'evoluzione della coscienza ci ha imposto.

Come posizione morale (e quindi non una deduzione dalla mia conoscenza della fattualità della natura), preferisco la teoria da "doccia fredda" che la natura possa essere veramente "crudele" ed "indifferente" - nei termini largamente inappropriati della nostra discussione etica - poiché la natura non è stata costruita per diventare la nostra casa, non sapeva che saremmo arrivati (dopo tutto siamo gli intrusi dell'ultimo microsecondo geologico) e se ne frega altamente di noi (parlando metaforicamente). Io vedo questa posizione come liberatoria, non deprimente, poiché a quel punto diventiamo liberi di condurre una discussione morale - e nulla potrebbe essere più importante - nei nostri stessi termini, risparmiandoci la delusione che potremmo leggere la verità morale passivamente nella fattualità della natura.

Ma mi rendo conto che una simile posizione spaventi parecchia gente, e che una visione più spirituale della natura mantenga un largo fascino (riconoscendo la realtà dell'evoluzione e degli altri fenomeni, ma continuando a cercare un qualche valore intrinseco nelle parole umane e dal magistero della religione). Apprezzo per esempio il conflitto interiore di un uomo che ha scritto al New York Times il 3 novembre 1996 per esprimere allo stesso tempo la sua sofferenza ed il suo accogliere le parole di Giovanni Paolo II:

L'accettazione dell'evoluzione da parte di Giovanni Paolo II tocca il dubbio nel mio cuore. Il problema del dolore e della sofferenza in un modo creato da un Dio che è tutto amore e luce è abbastanza duro da sopportare, anche se uno è un creazionista. Ma almeno il creazionista può dire che la creazione originale, provenendo dalle mani di Dio, era buona, armoniosa, innocente ed educata. Cosa si può dire dell'evoluzione, anche di una teoria spirituale dell'evoluzione? Dolore e sofferenza, crudeltà scervellata e terrore sono i suoi mezzi creativi. Il motore dell'evoluzione è lo stridere dei denti predatori sulla carne e le ossa urlanti e vive della preda. ... Se l'evoluzione deve essere vera, la mia fede ha mari più agitati da navigare.

Non sono d'accordo con quest'uomo, ma potremmo avere una magnifica discussione. Io spingerei per la teoria della "doccia fredda": lui presumibilmente parteggerebbe per il vedere il significato spirituale intrinseco nella natura, per quanto opachi siano i segni. Su questo punto, a mio parere, sta il maggior punto di forza e di necessità del NOMA, della non sovrapposizione tra i magisteri di scienza e religione. Il NOMA permette - a dire il vero impone - la prospettiva di una discussione rispettosa, dell'alimentazione costante da entrambi i magisteri verso lo scopo comune della saggezza. Se c'è qualcosa di speciale negli esseri umani, è che siamo le creature che devono riflettere e parlare. Papa Giovanni Paolo II sicuramente mi farebbe notare che il suo magistero ha da sempre enfatizzato questo privilegio, dato che "in principio erat Verbum" - "in principio era la Parola".


[ Stephen Jay Gould, Nonoverlapping Magisteria,
Natural History 106 (marzo 1997), 16-22;
Ripreso da http://www.stephenjaygould.org/library/gould_noma.html;
Tradotto da Davidthegray, © 2008 ]

A completamento, ritengo opportuno segnalare anche queste riflessioni sullo stesso tema.