giovedì 30 ottobre 2008

Il Phantom a New York

Essendo uscito un riferimento al Phantom cui ho assistito a Broadway l'anno scorso in questa discussione [NdA: ora i commenti non sono più reperibili], pubblico qui un po' di documentazione.


Una clip:

(Sì, la testa che si vede in penombra è proprio quella del direttore)


Coreografie un po'... barocche (del resto è sempre Lloyd Webber, no?)



Il cast si prende gli applausi meritati



Il backstage, una volta superato il buttafuori (un energumeno nero cattivissimo)



Broadway all'uscita dal teatro



Avendo assistito allo spettacolo con solo un bollentissimo caffe nello stomaco, ci siamo quindi dedicati a questi splendidi hamburger con blue cheese
(Renee THANK YOU!!! It's been GREAT!)

mercoledì 29 ottobre 2008

Qualche nota importante sul caso Englaro

Parole importanti sono apparse sul blog di Lerner.

A parlare è Fulvio De Nigris, padre di un bambino, Luca, dalla vita travagliata, che valeva la pena di essere vissuta.

... ma vorrei farti riflettere sull’impatto che sull’opinione pubblica sta avendo non solo la vicenda di Eluana, ma il comportamento del padre Beppino Englaro che nel portare avanti la sua legittima battaglia occupa i media senza reale contradditorio, chiedendo da un lato silenzio sulla sua vicenda e dall’altro - attraverso il libro, le interviste e i pubblici interventi - invitandoci sempre più ad entrare nella stanza attorno al capezzale della figlia. Questo, credo, è inaccettabile intanto perché non c’è spazio per stare tutti in quella stanza (anche se in questi anni è diventata grande, molto grande), ma anche perché rimangono di fatto fuori le famiglie di chi invece in stanze simili, molto più piccole, molto meno illuminate, vivono, sperano e combattono tutti i giorni nel resto d’Italia.

L’11 novembre si deciderà sulla sorte di Eluana. Ma non dobbiamo appiattirci sulla dua vicenda, non dobbiamo controbattere a Beppino Englaro. Ma perchè fino a poco tempo fa ci invitava al silenzio sulla sua vicenda e oggi ha fatto un passo avanti come personaggio, scrittore, opinion leader, attore e chissà cos’altro ancora? E’ una sua scelta personale, legittima, ma non comprensibile, che sposta il problema, lo devia.

E’ un po’ la “misdirection” degli illusionisti che per compiere il loro trucco sviano l’attenzione su qualcosa d’altro. Ma questo non è un gioco di prestigio. Qui si gioca con la vita delle famiglie e delle persone che vivono in questo stato. Su questo campo di battaglia (che è lo stesso di Eluana) bisognerebbe decidere, ancora prima che del diritto alla vita, del diritto alla cura e all’assistenza, alla ricerca, alla nascita di centri di eccellenza, all’integrazione sociale delle persone con gravi disabilità. Di questo dovremmo parlare. E non lo si può fare solo, o soltanto, con l’aspetto teologico o filosofico, dove le migliaia di persone che in Italia vivono in stato vegetativo (con il corollario della rete di assistenza professionale, affettiva e amicale che l’attornia) diventano una semplice citazione a margine. Non è così. E’ possibile che il dibattito si riduca sempre alla “dignità del morire bene” e non piuttosto alla “dignità di garantire l’assistenza alle famiglie” che vivono situazioni di disagio anche economiche? Quale libertà lo Stato deve garantire?

In ogni caso non è accettabile che tutta la trasmissione di ieri sera si riassuma nelle ultime parole del padre di Eluana: “Il processo del morire è stato interrotto, ora la natura faccia il suo corso”.

Caro Lerner, l’ultimo tabù di questa società non è la morte ma è invece la vita, come viverla e come accettare chi la vive, o dovrebbe viverla, insieme a noi.


Importante anche quanto ci scrive Mimmo (intervento #43):

Nel frattempo vi indico alcuni dati certi (letto dalla stampa di
oggi). L’indagine effettuata dalla famiglia Crisafulli, http://www.salvatorecrisafulli.it/ (eseguita solo sui disabili e loro famiglie), perchè solo su di essi deve essere fatta.
Attesta con certezza, che su 923 DISABILI IN STATO VEGETATIVO E SIMILARI, che vivono lo stesso dramma di Eluana Englaro (anche peggio essendo nelle proprie case) hanno dichiarato, il 99,9% che sono TOTALMENTE CONTRARI ALL’EUTANASIA, pertanto le indagini e il sondaggio che viene fatto da Giornali Nazionali, non corrispondono al vero. Maggiori dettagli, nei prossimi giorni verranno riportati nel sito sopra riportato, dichiarando addirittura che i dati saranno inviati al Governo.


Infine riporto un'altra testimonianza, sempre dallo stesso blog. A parlare è Cesare Lia.

Non critico la decisione di Beppino Englaro e mi guarderei bene dal condannarlo. Egli reputa, da buon padre di famiglia, sia quella la soluzione del problema di sua figlia.Con la mia esperienza mi permetta di dire che non è così. Per conoscere perfettamente le condizioni di Eluana, occorre vivere quotidianamente accanto a lei. I medici che seguono mia figlia chiedono a noi, quando la visitano, quali sono le sue evoluzioni sul piano fisico (ma quelle sono evidenti) e sul piano psichico. Eppure ho fior di medici dal rianimatore prof. Gismondi, conosciuto nel mondo anche dagli anestesisti che partecipavano alla sua riunione, al prof. Saltuari Neuropsichiatra di Hoczirl. La verità è che i medici solo ora cominciano a trattare questa materia ed ancora brancolano nel buio.

Allora, quello che contesto è che Beppino nè i medici sanno se la povera Eluana capisce, elabora, nella sua mente decide. Hanno provato a raccontarle una barzelletta ed a ripeterla a distanza di un anno? Io con mia figlia ho provato e lei, appena apro bocca, a distanza di 15 anni, ride. Se a mia figlia faccio vedere un film di Totò, ride al punto giusto. Quindi, significa che comprende e significa che è capace di decidere sia pure nel suo silenzio. L’esame che certamente di tanto in tanto fanno ad Eluana dice che il suo cervello è piatto?

Allora elabora, allora ragiona! Non comunica ma ragiona. Ebbene, ammesso pure che quando Eluana era sana, come d’altronde è accaduto a mia figlia, abbia scientemente o non detto "io preferirei morire", oggi quella sua affermazione, a distanza di 16 anni, nella nuova situazione è ancora condivisa. Come fa un altro, sia pure suo padre, a scegliere per lei? Lei manderebbe sulla sedia elettrica o di fronte ad un plotone di esecuzione un uomo del quale non ha certezza che sia colpevole? Lei, come io, non lo manderemmo neppure se fossimo certi della sua colpevolezza!Allora si tratta dello "status" in cui Eluana si trova. Anche io vorrei tornare a vedere mia figlia sgambettare per le strade. Era una ragazza che, dopo aver letto una sola volta il trattato di diritto privato, aveva superato presso l’Università di Bologna l’esame con un ottimo voto. Eppure, interrogata da me, che pensavo ad un colpo di fortuna, mi accorgevo che ricordava a menadito tutti gli istituti giuridici, quando io quel testo, ai miei tempi, avevo dovuto studiarlo ben cinque volte (ovviamente ero somaro). Se questo è il problema, le dico che non tutti gli alberi crescono dritti, non tutti gli uomini sono belli, non tutti vincono il gran premio di formula 1, eppure si accontentano di come sono.

Perchè escludiamo che Eluana possa essere contenta nella situazione in cui si trova? Mia figlia lo è e me lo ripete con lo sguardo quando la interrogo e, quando dico che mi comporterò come Beppino Englaro, mi fa gli occhi languidi, tanto che io piango per lei ed anche per Eluana. E’, comunque, certo, che Beppino può decidere come vuole ma, prima che sia staccato il tubo dell’alimentazione, pensi che, a distanza di 16 anni, sua figlia può aver cambiato nel suo intimo opinione, e voglia continuare a sentire il calore di suo padre e di sua madre fin quando il Signore lo vorrà.

venerdì 24 ottobre 2008

Tutti al casinò, ma in grande stile

Trovo che questo periodo, diciamo da qualche settimana, sia complessivamente deprimente. Non so quale sia la chimica di queste cose, ma non riesco a dare una spiegazione completamente razionale a questo stato di cose. Per giorni, uscivo di casa di buon umore, ascoltavo le notizie alla radio ed arrivavo in ufficio di umore pessimo. Finché questo umore pessimo si è stabilizzato, ed ora è in risalita da assuefazione alle pessime notizie.

Non capisco, come probabilmente nessuno capisce, cosa stia accadendo nel mondo della finanza. Ho sempre avuto l’idea che le borse fossero un po’ in bilico tra la serietà del mondo del lavoro ed il gioco demenziale ed azzardato del casinò. Però, visti i capitali e le società che ci stanno dietro, ho sempre propeso per la prima, tanto che una cospicua parte dei miei capitali è investita in fondi comuni azionari un po’ di tutto il mondo. L’incubo legato alla borsa ha sempre avuto un nome preciso: gli “speculatori”. Tutti noi che investiamo in borsa, infatti, speriamo di guadagnare più che con le altre forme più tranquille di investimento. Gli speculatori, però, perseguono questo scopo con mezzucci poco limpidi, facendo in modo che la quotazione dei titoli cambi per ragioni diverse da quelle che dovrebbero regolarla, puntando su rapide operazioni di acquisto e vendita e non sul lungo termine.

Cosa sta accadendo in questi giorni? Sono in corso giochi pesanti da parte degli speculatori, oppure ci sono investitori in preda al panico disposti prima a vendere a qualunque prezzo pur di vendere, poi a ricomprare, poi a rivendere? C’è un legame sensato tra la crisi degli istituti bancari di una parte limitata del mondo ed il disastro che ha colpito tutti i settori di tutto il mondo?

Sempre di più sono convinto che l’Economia sia la disciplina dell’alea totale. Non esistono esperti, in economia. Esistono solo opinionisti, e l’opinione dell’uno vale tanto quanto l’opinione dell’altro. Sono tutti esperti il giorno dopo, ma nelle capacità di previsione non ce n'è uno che non prenda fiaschi colossali. Ecco perché mi sento autorizzato a dare anche la mia opinione, da totale inesperto. Sono convinto che non valga meno di quella dei presunti “esperti”. Metto la premessa indispensabile che i fenomeni coinvolti sono enormi e di massima complessità, per cui questa sarà una semplificazione drastica in cui ogni punto può essere oggetto di errori valutativi ed omissioni enormi.

L’idea che mi sono fatto è questa: qualche anno fa c’è stato un periodo in cui il tasso di sconto era globalmente ai minimi mai visti (almeno da che io abbia memoria). I conti correnti bancari proponevano interessi dello zero virgola (qualche banca furbona non li ha ancora adeguati, ma questo è un altro discorso) ed i mutui a tasso variabile venivano via a prezzi di liquidazione. Non è che la situazione economica fosse rosea, ma tutti noi, vuoi la natura ottimista dell’animo umano, vuoi la propaganda furfantesca dei promotori bancari, ci attendavamo davanti un periodo in cui il Divino Euro ci avrebbe garantito che i tassi di sconto sarebbero rimasti bassissimi. E frotte di persone ed imprese hanno contratto debiti a tasso variabile. (Analoghi fenomeni sono accaduti nelle aree non euro.)

Perché poi i tassi siano saliti così repentinamente e vertiginosamente, questo è il primo mistero doloroso. Personalmente credo che si sia trattato di una manovra speculativa attuata dalle istituzioni (banche centrali, governi) per racimolare denaro facile, sapendo che l’indebitamento complessivo era enorme. Manovra in parte in malafede, dunque, ed in parte anche necessaria per porre qualche rimedio al galoppare dell’inflazione reale, poiché non era più sostenibile continuare artificialmente a misurarla al ribasso, in quanto il crescere dei costi (materie prime, petrolio in primis , e rivendicazioni salariali) aveva ormai fatto gettare la maschera. Questo però non giustifica del tutto quell’aumento, in quanto aumentare il tasso di sconto porta sì ad una maggiore corrispondenza tra i tassi del prestito e l’inflazione, ma produce anche nuova inflazione e difficoltà alle imprese. Che essendo già in crisi per i fenomeni della globalizzazione (competizione da mondi che hanno condizioni legislative non paragonabili) non hanno avuto altre scelte che alzare i prezzi (generando inflazione), indebitarsi ulteriormente, e/o fallire. Ma la conseguenza peggiore, per ora, si è vista sui privati cittadini che avevano contratto debiti a tasso variabile. Questi si sono visti aumentare le rate di cifre assurde, anche del 30% (ed il perché così tanto è per me il secondo mistero doloroso), ed in qualche caso sono arrivati al default. Nei paesi le cui popolazioni sono più “leggerotte” nel rivolgersi al credito (USA, Gran Bretagna) questo ha avuto conseguenze più drammatiche, ma anche da noi la situazione è grave.

Ora, vista la drammaticità del momento, le banche centrali hanno iniziato ad allentare la morsa dei tassi, ed i governi hanno dovuto dare garanzie sulla liquidità delle banche. I debiti restano, e quindi prima o poi saranno pagati (anche con profumate penali). Sarebbe assurdo pertanto che fallissero le banche solo per carenza di liquidità. Ma intanto i governi la devono garantire sotto forma di obbligazioni, e anche questo ha un costo.

Perché gli “esperti” non hanno saputo prevedere che il crescere illimitato del debito avrebbe portato a grossi problemi? Qualcuno, speculatori di borsa a parte, ci ha guadagnato?

Non sono esperto, ma c'è un altro fenomeno che nella mia inesperienza mi lascia un po' perplesso. Quasi tutte le nazioni ricorrono abitualmente all'indebitamento, per sistemare i loro conti, emettendo bond. Il nostro (non unico) lo fa da parecchi decenni. Ridurlo è praticamente impossibile, a meno di avere la forza di ignorare le inevitabili proteste di piazza che si vedono non appena si inizia a tagliare le spese (lasciando inevitabilmente a casa parecchi pubblici dipendenti). Ma il debito può crescere all'infinito? Finora si è provveduto, con l'aumento delle imposizioni ed il giochetto della svalutazione monetaria, ad impedire che si arrivasse al default. Ma cosa accadrebbe se ad un certo punto la crisi di liquidità generale portasse ad avere i bond invenduti? L'Argentina è stata un caso isolato oppure è il precursore di un fenomeno che prima o poi vedrà stati ben più importanti cadere uno dopo l'altro come pedine del domino? Davvero investire in titoli di stato è così sicuro?

Considerazioni conclusive:

  1. Mai fidarsi troppo dei bancari. Mai indebitarsi oltre lo stretto necessario. Meglio una casa o un’auto o una tv piccola ma che si può pagare in fretta (possibilmente sull'unghia), piuttosto che mutui pluridecennali che sono di fatto salti nel buio.
  2. Mai fidarsi degli esperti e degli economisti in genere. Purtroppo però anche l’istinto non è automaticamente miglior consigliere. Non si può nemmeno investire tutto il proprio capitale in obbligazioni a tassi dimezzati rispetto all’inflazione reale, né in case che hanno costi di mantenimento elevati e prezzi ben al di sopra di qualunque logica. Investire in azioni, dunque, resta una necessità, pur di non andare oltre la quota di cui si è certi di poter fare a meno per lungo tempo.

venerdì 10 ottobre 2008

Una Juno vera e tutta italiana

E' importante la storia che ci racconta Federica. Federica ha 16 anni ed aspetta un bambino, ovviamente non cercato. La sua storia pare la stessa di di quella di Juno, solo che questa volta Federica non è un personaggio inventato.

E' importante la sua storia per tanti motivi. E' importante soprattutto perché è la testimonianza che le scorciatoie non sono l'unica soluzione al problema, e di queste testimonianze c'è estremo ed urgente bisogno. Ma è importante anche per altri motivi.

La vicenda ha dell'incredibile. Federica è incinta, e la sua prof non trova di meglio da fare che assegnare alla classe un tema (una "traccia" si dice oggi) del genere: Oggi, più che mai, è necessario sensibilizzare i ragazzi all’educazione alla sessualità ed alla protezione. Prendendo spunto dall’articolo letto insieme, dai testi forniti e dall’esperienza diretta che ha coinvolto la nostra classe stessa, scrivere un saggio breve/articolo di giornale. E correda questa traccia con una serie di incredibili "documenti".

Stento ancora a credere che si possa essere così indecentemente privi di tatto e di sensibilità. Una cosa del genere, a mio parere, dovrebbe finire sulle prime pagine dei quotidiani, o almeno in quelle interne. Invece ci finiscono le lettere di una mitomane che sente un'ingiustificata "paura" perché il figlio adottivo è peruviano e potrebbe essere "vittima di qualche discriminazione o, ancora peggio, di violenze". Federica non ha paura di essere vittima di discriminazioni, Federica è vittima di discriminazioni, gravissime, e nessuno ne parla.

Tornata a casa, ha scritto sconcertata alle amiche che ha trovato nel Dono, un associazione meritoria che crede che per risolvere il problema delle gravidanze indesiderate ci siano altre soluzioni che aborto, pillole del giorno dopo e simili. Non aveva intenzione di svolgerlo, quel tema, ma le amiche la convincono a farsi forza e scrivere.

E che tema! Ci dice che quello che ha nel grembo non è un "problema", è una persona. Ci dice che non è vero che la sessualità, a quell'età, sia un giochetto per vincere la noia. Ci dice che intorno a sé sente solo riprovazione, condanna, emarginazione. Non per quello che ha fatto, ma per quello che non ha fatto, cioè sopprimere suo figlio. Ci dice che la stampa ci sommerge di un mare di falsità, anche gravi come questa: "Per ragioni di salute Per una ragazza molto giovane una gravidanza può comportare rischi per la salute. A 15 anni o a 17 anni, il corpo femminile non ha ancora finito di crescere e non è ancora pronto per accogliere un bambino."

Ci dice soprattutto che a 16 anni si può essere maturi, più maturi di quanto molta gente (insegnati, medici e giornalisti compresi) potrà mai essere nella sua intera vita. Daniele, con una mamma così, se anche dovesse avere qualche difficoltà, sarà un bambino fortunato. Più di molti bambini nati da coppie che hanno, secondo quanto prescrive il canone progressista ormai mainstream, "i mezzi economici, il tempo, la maturità necessaria per poter allevare un bambino".

(Una discussione su questo post è disponibile qui.)

giovedì 9 ottobre 2008

Season's greetings

Mentre gli italiani ed i tedeschi erano tutti presi ad imbrattare carta e orecchie, nella perfida Albione (e non solo lì) c'era qualcuno intento a scrivere Musica.

Un brano appropriato alla stagione, da un economicissimo CD pubblicato quest'anno da Naxos.

(Willian Alwyn, Autumn Legend (1954), Royal Liverpool Philarmonic Orchestra, David Lloyd-Jones)

martedì 7 ottobre 2008

Palma di ghiaccio

4 mesi 3 settimane 2 giorni di Cristian Mungiu.
Un film importante, che tiene incollati ed agghiacciati dall'inizio alla fine. Imperdibile.

[Spoiler - Se non avete ancora visto il film quanto segue potrebbe anticiparvi qualche sorpresa]

Ha vinto Cannes e questo ha stupito molti, me compreso. Il tema è tra i più scomodi della contemporaneità, se non il più scomodo in assoluto. L'aborto.

Intorno a questo tema ne girano però parecchi altri. La povertà, con le sue dignità ed abiezioni, la corruzione, la Romania di Ceausescu e l'Est comunista, gli abusi, l'ipocrisia delle famiglie "bene" amiche del regime, che chiacchierano in salotto della loro "fede" vissuta andando a messa a Natale o sbandierando un pigro ateismo. Noi uomini, esattamente come in Juno, ne usciamo con le ossa parecchio rotte, come eterni bambinoni imbambolati intorno ai quali scorre il mondo vero di chi vive sul serio. Le ragazze fragili che si lasciano trascinare dalle situazioni. Ci sono una miriade di dettagli sui quali bisognerebbe soffermarsi, come la tovaglia in tela cerata e scolorita sopra ma non sui lati del tavolo, icona di una certa condizione, come gli smalti e le cere depilatorie di contrabbando, come le sigarette che dominano ovunque, come i bicchieri diversi sulla tavola della famiglia benestante. C'è una cura meticolosa in questo tipo di dettagli.

La parte del medico è scritta e recitata in modo magistrale. Spero che quell'attore riceva i premi che merita. Anche il ritratto della Romania, che ne esce come un paese malconcio ma vero, è per me un inedito. Momenti quali gli incontri con il personale degli hotel non possono non colpire chi con quel tipo di Est ha avuto qualche scambio.

Quanto al tema principale, l'aborto. Dapprima sono rimasto un po' sconcertato. Sembra che la sequenza degli eventi sia ineludibile, una specie di Castello di Kafka. Le due ragazze si fanno trascinare dalle circostanze, senza alternative percorribili. La prima idea che mi sono fatto è che questo film volesse mostrare e condannare cosa accada quando l'aborto non è legalizzato.

Ma c'è quel feto, quel bambino di quattro mesi, quel faccino innocente, giacente su quel terribile pavimento piastrellato del bagno, mostrato in silenzio in tutta la sua nuda, straziante umanità. Un autore pro-choice oppure che non avesse voluto prendere nessuna posizione non ce l'avrebbe mostrato in quel modo così crudo, così inequivocabile, così ineluttabile.

E allora viene da ripensare a tutta la catena di eventi, a quante scelte delle due ragazze avrebbero potuto essere diverse, a quanta libertà - persino sotto il regime! - hanno rinunciato optando per la via che sembrava loro una scorciatoia, fatta di difficoltà grandi ma superabili, e che invece si dimostra impervia e senza ritorno.

Ritorno impossibile, come è evidente nella conclusione, allo squallido tavolo dello squallido ristorante nello squallido albergo. Mentre la cinepresa si allontana dalla finestra, rievocando una scena precedente dove era stati ripresi due pesci rossi dietro il vetro di un acquario, le due ragazze si propongono di dimenticare il tutto non parlandone mai più. E ogni spettatore, dentro di sé, immediatamente pensa...

venerdì 3 ottobre 2008

Cervello stereo

Non trovate che questo blog sia geniale? Vi siete sempre chiesti perché? Eccovi la risposta!

(NdA: ovviamente questo non è un post da prendere troppo sul serio!)

giovedì 2 ottobre 2008

Potenza ed atto

Commento a notizia appena letta sul Corriere.

Dobbiamo rallegrarci o rattristarci per questa notizia? Propendo nettamente per la prima ipotesi. Leggere delle farneticazioni prodotte dalla Cassazione nel 1993 (l'autodeterminazione della donna farebbe sì che, se si uccide una donna incinta, l'aborto - la soppressione del feto - che ne consegue sarebbe "minore e incidentale" e quindi irrilevante ai fini della pena) mette un po' i brividi, e vedere che un giudice definisca quella sentenza con un ironico e sprezzante "suggestiva" non può che far piacere. Fuori da ogni ipocrisia, è evidente ci siano delle contraddizioni legate alla 194 cui non si potrà rimediare altrimenti che eliminano il presunto "diritto" della donna di sbarazzarsi a capriccio del proprio figlio, ma questa coerenza pare essere utopia irraggiungibile.

Quello che lascia un po' di amarezza, però, è che un'ovvietà come quella pronunciata dal giudice di Milano debba ancora essere una notizia, e che si legga nella sentenza una cosa quale
l’interruzione di gravidanza è stata il movente dell’imputato, determinatosi a terminare due vite (l’una in atto e l’altra in potenza).
Una vita "in potenza"? Cioè, quella del feto non sarebbe ancora una vita?

Dunque, in quest'ottica (se proprio non vogliamo dire che un feto è vivo - ragionando per paradosso e tentando di interpretare il pensiero dei pro-choice), gli stati di riferimento nel ciclo di un essere vivente dovrebbero essere:

  1. vivo in potenza,
  2. vivo in atto,
  3. morto in potenza,
  4. morto in atto.

(Già che c'ero, ne ho introdotto un quarto: quello del "morto in potenza", così ho sistemato anche situazioni come quella della Englaro e di Welby.)

Ovviamente limitarsi a classificare questi stati non porta a niente. E' necessario stabilire che ad ogni stato si attribuiscono diritti umani fondamentali specifici. Pieni diritti, chiaramente, si assegnano solo allo stato 2. Negli altri stati non si gode a pieno titolo dei "Diritti dell'Uomo". Tutto bene? Mah, io già metterei i paletti prima di questo punto: a mio parere gli stati sono solo 2. Per molti, però (credo in larghissima parte per coloro i quali non sono usi pensare a queste cose e si lasciano influenzare da correnti di pensiero dominanti), questa impostazione è plausibile, tanto che la ripartizione negli stati 1, 2 e 4 è ormai riconosciuta in quasi tutto il mondo, e vari Paesi riconoscono che lo stato 3 non dà diritto di godere dei pieni diritti (qualcun altro ha titolo per decidere se la propria vita possa continuare o meno).

Ho la sensazione che però sia evidente a tutti quale incoerenza, quali rischi si corrano accettando questa impostazione. I passaggi di stato da 1 a 2 e da 2 a 3, infatti, non sono quasi mai netti e chiari. Provate a dire a qualunque madre sana di mente al 6° mese che suo figlio non è davvero vivo, è solo vivo "in potenza" e poi mi raccontate cosa vi risponderà. Se la madre non è una delle purtroppo troppe donne irriflessive che circolano, la stessa reazione l'avrà molto prima del 6° mese. Se è una donna intelligente, quella reazione l'avrà dall'inizio della gravidanza.

Per essere pienamente coerenti, oltretutto, credo che i paladini delle divisioni di stato (dove ad ogni stato corrispondono diritti umani di base differenti) dovrebbero introdurne un quinto:

  1. vivo in potenza,
  2. vivo in atto,
  3. vivo in atto ma handicappato,
  4. morto in potenza,
  5. morto in atto.

Non è purtroppo solo l'ipotesi di un'utopia negativa (o distopia, come va di moda dire oggi). Da qualche parte s'è fatto. Spero non ci sia bisogno di commentare.