lunedì 30 giugno 2008

Doctor? THE Doctor? Exterminate!

Non ci posso credere. Forse si (ri)parlerà del Doctor Who anche in Italia!

Essendo un fan delle gesta del mitico dottore, della cui incarnazione bakeriana i pochissimi episodi trasmessi dalla RAI nel 1980 quando avevo 12 anni mi hanno segnato per sempre, sono un po’ combattuto nel giudicare la notizia.

Pur essendo una saga più che popolare nella perfida Albione, dove grandi e bambini considerano parte del rito guardarla strappandosi i “crackers” nel Christmas Eve, qui da noi è diventata una serie super-iniziatica, oltre che cripto-cult. La notizia della massificazione ha dunque per me il sapore della profanazione. Delle incarnazioni del nuovo millennio posseggo i tre (carissimi!) cofanetti già editi, procurati dall’Inghilterra (il primo procurato con espedienti al limite del maramaldesco, di cui un po’ mi vergogno, gli altri acquistati da Amazon UK). Ho già assaporato la series one, centellinandola. Splendida. Ora devo prendere il coraggio di “consumare” anche le altre.

E’ incredibile come la BBC sia riuscita a produrre qualcosa di così fenomenale. Sono riusciti a rinnovare una serie addirittura antecedente Star Trek, che procede inossidabile dagli anni sessanta (con una pausa negli anni '90), rinnovandone tutti gli stereotipi senza scontentare i vecchi fans. Il fascino tutto British, jamesbondianamente uk-centrico, è lì, intatto. Bastano 10 secondi per capire che abisso separi questa serie da qualunque - pur magnifica - serie americana. Humor, paradossi, background filosofico, rapporto tra i sessi e le culture altre. A volte il messaggio sotteso è lontanissimo dalle mie idee, eppure come non ammirarne l'esposizione?

Mostri “molli” da fantascienza anni ’50 e robot fustini-dixan che lanciano raggi disintegratori oppure succhiano l’avversario a morte con una ventosa. E’ da vedere per credere. Ed alla fine di ogni episodio ti ritrovi a bocca aperta e, quando riprendi coscienza, esclami “Wow!”

Davvero gorgeous; anzi, come direbbe il dottore, “fantastic!”. Come immaginare qualcosa del genere apparire sugli schermi che di solito sciorinano serial come “la squadra”, l’umorismo becero di Zelig e l’intelligenza acuta di Simona Ventura? E le battute fatte di giochi di parole ed allusioni tradotte in una lingua estranea come l’italiano?

Staremo a vedere quale successo avrà. Non mi piace fare la Cassandra, ma prevedo il solito disastro all’italiana.

domenica 29 giugno 2008

Cena paesana

Cena interessante, stasera. Festa paesana, in onore dei 55 anni di sacerdozio del don. Mi piace ascoltare i discorsi tra gli anziani. Vivono di ricordi che parlano di un mondo che non ho conosciuto, che ho solo sfiorato da piccolo, ma che è il mio mondo.

Questa sera è stata istruttiva. Uno di essi mi ha raccontato il suo 25 aprile, quando aveva 5 anni. Prelevato, assieme a sua madre ed a sua nonna, dalla “resistenza”, una ventina di milanesi armati, con la “bandoliera” di proiettili al collo, gente nota al paese perché non era stata in guerra, né aveva mai lavorato. Comunisti dichiarati, che volevano vendicare due persone assassinate dai tedeschi.

Il gruppetto viene portato in una sala del municipio del nostro comune del varesotto, dove al posto del ritratto del duce era stato issato quello di Stalin, per essere giudicato. La sentenza è rapida: condanna a morte. La colpa, se ho capito bene, è che la nonna parlava tedesco, ed i tedeschi occupanti ne l’avevano apprezzato, frequentando la loro casa. Non era una famiglia collaborazionista, ha precisato, ma sappiamo com’erano gli italiani dell’epoca. C’erano i fascisti, c’erano i comunisti, e poi c’era la stragrande maggioranza della gente. Povera, ignorante, pragmatica, non fanatica. Come egli mi ha raccontato, la gente dell’epoca era anche “cattiva”: nella povertà, cercava di cogliere tutto quello che poteva dalle circostanze, ed i mutui favori erano frequenti, ma sempre in vista di un ricambio. Il mondo dell’“albero degli zoccoli”.
Non è uno scherzo, la condanna. Altri in quell’occasione le penne le hanno lasciate davvero, grazie a quei partigiani, ed ora giacciono al cimitero, ma loro sono più “fortunati”: gioca a favore il fatto che il padre è deportato in un campo di concentramento (non ho chiesto per quale ragione, ho intuito invece com’è finita).

Nonostante la grazia, il fatto lascia un segno profondo. Tutta la vita di questa persona cambia. A 5 anni torna a bagnare il letto. A scuola, ogni interrogazione inizia a sudare. L’evento è dimenticato, rimosso da cosciente, ma lavora nel profondo. Gli ci vorranno anni per ricostruire i fatti, associarli ai comportamenti successivi. Compagni di classe gli vanno in odio, provocandogli reazioni violente, solo perché provengono da Milano. Il dramma, ricostruisce, è che in quella situazione, a 5 anni, non aveva reagito in difesa della madre e della nonna.

Che genere di persone può emettere una condanna a morte per un bambino di 5 anni? Persone migliori dei fascisti che combattevano? O forse la loro immagine simmetrica e speculare? La resistenza, però, viene (veniva) portata nelle scuole ed in televisione a raccontarci le sue eroiche gesta. Questi episodi, invece, chi li sente mai?