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mercoledì 29 ottobre 2008

Qualche nota importante sul caso Englaro

Parole importanti sono apparse sul blog di Lerner.

A parlare è Fulvio De Nigris, padre di un bambino, Luca, dalla vita travagliata, che valeva la pena di essere vissuta.

... ma vorrei farti riflettere sull’impatto che sull’opinione pubblica sta avendo non solo la vicenda di Eluana, ma il comportamento del padre Beppino Englaro che nel portare avanti la sua legittima battaglia occupa i media senza reale contradditorio, chiedendo da un lato silenzio sulla sua vicenda e dall’altro - attraverso il libro, le interviste e i pubblici interventi - invitandoci sempre più ad entrare nella stanza attorno al capezzale della figlia. Questo, credo, è inaccettabile intanto perché non c’è spazio per stare tutti in quella stanza (anche se in questi anni è diventata grande, molto grande), ma anche perché rimangono di fatto fuori le famiglie di chi invece in stanze simili, molto più piccole, molto meno illuminate, vivono, sperano e combattono tutti i giorni nel resto d’Italia.

L’11 novembre si deciderà sulla sorte di Eluana. Ma non dobbiamo appiattirci sulla dua vicenda, non dobbiamo controbattere a Beppino Englaro. Ma perchè fino a poco tempo fa ci invitava al silenzio sulla sua vicenda e oggi ha fatto un passo avanti come personaggio, scrittore, opinion leader, attore e chissà cos’altro ancora? E’ una sua scelta personale, legittima, ma non comprensibile, che sposta il problema, lo devia.

E’ un po’ la “misdirection” degli illusionisti che per compiere il loro trucco sviano l’attenzione su qualcosa d’altro. Ma questo non è un gioco di prestigio. Qui si gioca con la vita delle famiglie e delle persone che vivono in questo stato. Su questo campo di battaglia (che è lo stesso di Eluana) bisognerebbe decidere, ancora prima che del diritto alla vita, del diritto alla cura e all’assistenza, alla ricerca, alla nascita di centri di eccellenza, all’integrazione sociale delle persone con gravi disabilità. Di questo dovremmo parlare. E non lo si può fare solo, o soltanto, con l’aspetto teologico o filosofico, dove le migliaia di persone che in Italia vivono in stato vegetativo (con il corollario della rete di assistenza professionale, affettiva e amicale che l’attornia) diventano una semplice citazione a margine. Non è così. E’ possibile che il dibattito si riduca sempre alla “dignità del morire bene” e non piuttosto alla “dignità di garantire l’assistenza alle famiglie” che vivono situazioni di disagio anche economiche? Quale libertà lo Stato deve garantire?

In ogni caso non è accettabile che tutta la trasmissione di ieri sera si riassuma nelle ultime parole del padre di Eluana: “Il processo del morire è stato interrotto, ora la natura faccia il suo corso”.

Caro Lerner, l’ultimo tabù di questa società non è la morte ma è invece la vita, come viverla e come accettare chi la vive, o dovrebbe viverla, insieme a noi.


Importante anche quanto ci scrive Mimmo (intervento #43):

Nel frattempo vi indico alcuni dati certi (letto dalla stampa di
oggi). L’indagine effettuata dalla famiglia Crisafulli, http://www.salvatorecrisafulli.it/ (eseguita solo sui disabili e loro famiglie), perchè solo su di essi deve essere fatta.
Attesta con certezza, che su 923 DISABILI IN STATO VEGETATIVO E SIMILARI, che vivono lo stesso dramma di Eluana Englaro (anche peggio essendo nelle proprie case) hanno dichiarato, il 99,9% che sono TOTALMENTE CONTRARI ALL’EUTANASIA, pertanto le indagini e il sondaggio che viene fatto da Giornali Nazionali, non corrispondono al vero. Maggiori dettagli, nei prossimi giorni verranno riportati nel sito sopra riportato, dichiarando addirittura che i dati saranno inviati al Governo.


Infine riporto un'altra testimonianza, sempre dallo stesso blog. A parlare è Cesare Lia.

Non critico la decisione di Beppino Englaro e mi guarderei bene dal condannarlo. Egli reputa, da buon padre di famiglia, sia quella la soluzione del problema di sua figlia.Con la mia esperienza mi permetta di dire che non è così. Per conoscere perfettamente le condizioni di Eluana, occorre vivere quotidianamente accanto a lei. I medici che seguono mia figlia chiedono a noi, quando la visitano, quali sono le sue evoluzioni sul piano fisico (ma quelle sono evidenti) e sul piano psichico. Eppure ho fior di medici dal rianimatore prof. Gismondi, conosciuto nel mondo anche dagli anestesisti che partecipavano alla sua riunione, al prof. Saltuari Neuropsichiatra di Hoczirl. La verità è che i medici solo ora cominciano a trattare questa materia ed ancora brancolano nel buio.

Allora, quello che contesto è che Beppino nè i medici sanno se la povera Eluana capisce, elabora, nella sua mente decide. Hanno provato a raccontarle una barzelletta ed a ripeterla a distanza di un anno? Io con mia figlia ho provato e lei, appena apro bocca, a distanza di 15 anni, ride. Se a mia figlia faccio vedere un film di Totò, ride al punto giusto. Quindi, significa che comprende e significa che è capace di decidere sia pure nel suo silenzio. L’esame che certamente di tanto in tanto fanno ad Eluana dice che il suo cervello è piatto?

Allora elabora, allora ragiona! Non comunica ma ragiona. Ebbene, ammesso pure che quando Eluana era sana, come d’altronde è accaduto a mia figlia, abbia scientemente o non detto "io preferirei morire", oggi quella sua affermazione, a distanza di 16 anni, nella nuova situazione è ancora condivisa. Come fa un altro, sia pure suo padre, a scegliere per lei? Lei manderebbe sulla sedia elettrica o di fronte ad un plotone di esecuzione un uomo del quale non ha certezza che sia colpevole? Lei, come io, non lo manderemmo neppure se fossimo certi della sua colpevolezza!Allora si tratta dello "status" in cui Eluana si trova. Anche io vorrei tornare a vedere mia figlia sgambettare per le strade. Era una ragazza che, dopo aver letto una sola volta il trattato di diritto privato, aveva superato presso l’Università di Bologna l’esame con un ottimo voto. Eppure, interrogata da me, che pensavo ad un colpo di fortuna, mi accorgevo che ricordava a menadito tutti gli istituti giuridici, quando io quel testo, ai miei tempi, avevo dovuto studiarlo ben cinque volte (ovviamente ero somaro). Se questo è il problema, le dico che non tutti gli alberi crescono dritti, non tutti gli uomini sono belli, non tutti vincono il gran premio di formula 1, eppure si accontentano di come sono.

Perchè escludiamo che Eluana possa essere contenta nella situazione in cui si trova? Mia figlia lo è e me lo ripete con lo sguardo quando la interrogo e, quando dico che mi comporterò come Beppino Englaro, mi fa gli occhi languidi, tanto che io piango per lei ed anche per Eluana. E’, comunque, certo, che Beppino può decidere come vuole ma, prima che sia staccato il tubo dell’alimentazione, pensi che, a distanza di 16 anni, sua figlia può aver cambiato nel suo intimo opinione, e voglia continuare a sentire il calore di suo padre e di sua madre fin quando il Signore lo vorrà.

venerdì 10 ottobre 2008

Una Juno vera e tutta italiana

E' importante la storia che ci racconta Federica. Federica ha 16 anni ed aspetta un bambino, ovviamente non cercato. La sua storia pare la stessa di di quella di Juno, solo che questa volta Federica non è un personaggio inventato.

E' importante la sua storia per tanti motivi. E' importante soprattutto perché è la testimonianza che le scorciatoie non sono l'unica soluzione al problema, e di queste testimonianze c'è estremo ed urgente bisogno. Ma è importante anche per altri motivi.

La vicenda ha dell'incredibile. Federica è incinta, e la sua prof non trova di meglio da fare che assegnare alla classe un tema (una "traccia" si dice oggi) del genere: Oggi, più che mai, è necessario sensibilizzare i ragazzi all’educazione alla sessualità ed alla protezione. Prendendo spunto dall’articolo letto insieme, dai testi forniti e dall’esperienza diretta che ha coinvolto la nostra classe stessa, scrivere un saggio breve/articolo di giornale. E correda questa traccia con una serie di incredibili "documenti".

Stento ancora a credere che si possa essere così indecentemente privi di tatto e di sensibilità. Una cosa del genere, a mio parere, dovrebbe finire sulle prime pagine dei quotidiani, o almeno in quelle interne. Invece ci finiscono le lettere di una mitomane che sente un'ingiustificata "paura" perché il figlio adottivo è peruviano e potrebbe essere "vittima di qualche discriminazione o, ancora peggio, di violenze". Federica non ha paura di essere vittima di discriminazioni, Federica è vittima di discriminazioni, gravissime, e nessuno ne parla.

Tornata a casa, ha scritto sconcertata alle amiche che ha trovato nel Dono, un associazione meritoria che crede che per risolvere il problema delle gravidanze indesiderate ci siano altre soluzioni che aborto, pillole del giorno dopo e simili. Non aveva intenzione di svolgerlo, quel tema, ma le amiche la convincono a farsi forza e scrivere.

E che tema! Ci dice che quello che ha nel grembo non è un "problema", è una persona. Ci dice che non è vero che la sessualità, a quell'età, sia un giochetto per vincere la noia. Ci dice che intorno a sé sente solo riprovazione, condanna, emarginazione. Non per quello che ha fatto, ma per quello che non ha fatto, cioè sopprimere suo figlio. Ci dice che la stampa ci sommerge di un mare di falsità, anche gravi come questa: "Per ragioni di salute Per una ragazza molto giovane una gravidanza può comportare rischi per la salute. A 15 anni o a 17 anni, il corpo femminile non ha ancora finito di crescere e non è ancora pronto per accogliere un bambino."

Ci dice soprattutto che a 16 anni si può essere maturi, più maturi di quanto molta gente (insegnati, medici e giornalisti compresi) potrà mai essere nella sua intera vita. Daniele, con una mamma così, se anche dovesse avere qualche difficoltà, sarà un bambino fortunato. Più di molti bambini nati da coppie che hanno, secondo quanto prescrive il canone progressista ormai mainstream, "i mezzi economici, il tempo, la maturità necessaria per poter allevare un bambino".

(Una discussione su questo post è disponibile qui.)

martedì 7 ottobre 2008

Palma di ghiaccio

4 mesi 3 settimane 2 giorni di Cristian Mungiu.
Un film importante, che tiene incollati ed agghiacciati dall'inizio alla fine. Imperdibile.

[Spoiler - Se non avete ancora visto il film quanto segue potrebbe anticiparvi qualche sorpresa]

Ha vinto Cannes e questo ha stupito molti, me compreso. Il tema è tra i più scomodi della contemporaneità, se non il più scomodo in assoluto. L'aborto.

Intorno a questo tema ne girano però parecchi altri. La povertà, con le sue dignità ed abiezioni, la corruzione, la Romania di Ceausescu e l'Est comunista, gli abusi, l'ipocrisia delle famiglie "bene" amiche del regime, che chiacchierano in salotto della loro "fede" vissuta andando a messa a Natale o sbandierando un pigro ateismo. Noi uomini, esattamente come in Juno, ne usciamo con le ossa parecchio rotte, come eterni bambinoni imbambolati intorno ai quali scorre il mondo vero di chi vive sul serio. Le ragazze fragili che si lasciano trascinare dalle situazioni. Ci sono una miriade di dettagli sui quali bisognerebbe soffermarsi, come la tovaglia in tela cerata e scolorita sopra ma non sui lati del tavolo, icona di una certa condizione, come gli smalti e le cere depilatorie di contrabbando, come le sigarette che dominano ovunque, come i bicchieri diversi sulla tavola della famiglia benestante. C'è una cura meticolosa in questo tipo di dettagli.

La parte del medico è scritta e recitata in modo magistrale. Spero che quell'attore riceva i premi che merita. Anche il ritratto della Romania, che ne esce come un paese malconcio ma vero, è per me un inedito. Momenti quali gli incontri con il personale degli hotel non possono non colpire chi con quel tipo di Est ha avuto qualche scambio.

Quanto al tema principale, l'aborto. Dapprima sono rimasto un po' sconcertato. Sembra che la sequenza degli eventi sia ineludibile, una specie di Castello di Kafka. Le due ragazze si fanno trascinare dalle circostanze, senza alternative percorribili. La prima idea che mi sono fatto è che questo film volesse mostrare e condannare cosa accada quando l'aborto non è legalizzato.

Ma c'è quel feto, quel bambino di quattro mesi, quel faccino innocente, giacente su quel terribile pavimento piastrellato del bagno, mostrato in silenzio in tutta la sua nuda, straziante umanità. Un autore pro-choice oppure che non avesse voluto prendere nessuna posizione non ce l'avrebbe mostrato in quel modo così crudo, così inequivocabile, così ineluttabile.

E allora viene da ripensare a tutta la catena di eventi, a quante scelte delle due ragazze avrebbero potuto essere diverse, a quanta libertà - persino sotto il regime! - hanno rinunciato optando per la via che sembrava loro una scorciatoia, fatta di difficoltà grandi ma superabili, e che invece si dimostra impervia e senza ritorno.

Ritorno impossibile, come è evidente nella conclusione, allo squallido tavolo dello squallido ristorante nello squallido albergo. Mentre la cinepresa si allontana dalla finestra, rievocando una scena precedente dove era stati ripresi due pesci rossi dietro il vetro di un acquario, le due ragazze si propongono di dimenticare il tutto non parlandone mai più. E ogni spettatore, dentro di sé, immediatamente pensa...

giovedì 2 ottobre 2008

Potenza ed atto

Commento a notizia appena letta sul Corriere.

Dobbiamo rallegrarci o rattristarci per questa notizia? Propendo nettamente per la prima ipotesi. Leggere delle farneticazioni prodotte dalla Cassazione nel 1993 (l'autodeterminazione della donna farebbe sì che, se si uccide una donna incinta, l'aborto - la soppressione del feto - che ne consegue sarebbe "minore e incidentale" e quindi irrilevante ai fini della pena) mette un po' i brividi, e vedere che un giudice definisca quella sentenza con un ironico e sprezzante "suggestiva" non può che far piacere. Fuori da ogni ipocrisia, è evidente ci siano delle contraddizioni legate alla 194 cui non si potrà rimediare altrimenti che eliminano il presunto "diritto" della donna di sbarazzarsi a capriccio del proprio figlio, ma questa coerenza pare essere utopia irraggiungibile.

Quello che lascia un po' di amarezza, però, è che un'ovvietà come quella pronunciata dal giudice di Milano debba ancora essere una notizia, e che si legga nella sentenza una cosa quale
l’interruzione di gravidanza è stata il movente dell’imputato, determinatosi a terminare due vite (l’una in atto e l’altra in potenza).
Una vita "in potenza"? Cioè, quella del feto non sarebbe ancora una vita?

Dunque, in quest'ottica (se proprio non vogliamo dire che un feto è vivo - ragionando per paradosso e tentando di interpretare il pensiero dei pro-choice), gli stati di riferimento nel ciclo di un essere vivente dovrebbero essere:

  1. vivo in potenza,
  2. vivo in atto,
  3. morto in potenza,
  4. morto in atto.

(Già che c'ero, ne ho introdotto un quarto: quello del "morto in potenza", così ho sistemato anche situazioni come quella della Englaro e di Welby.)

Ovviamente limitarsi a classificare questi stati non porta a niente. E' necessario stabilire che ad ogni stato si attribuiscono diritti umani fondamentali specifici. Pieni diritti, chiaramente, si assegnano solo allo stato 2. Negli altri stati non si gode a pieno titolo dei "Diritti dell'Uomo". Tutto bene? Mah, io già metterei i paletti prima di questo punto: a mio parere gli stati sono solo 2. Per molti, però (credo in larghissima parte per coloro i quali non sono usi pensare a queste cose e si lasciano influenzare da correnti di pensiero dominanti), questa impostazione è plausibile, tanto che la ripartizione negli stati 1, 2 e 4 è ormai riconosciuta in quasi tutto il mondo, e vari Paesi riconoscono che lo stato 3 non dà diritto di godere dei pieni diritti (qualcun altro ha titolo per decidere se la propria vita possa continuare o meno).

Ho la sensazione che però sia evidente a tutti quale incoerenza, quali rischi si corrano accettando questa impostazione. I passaggi di stato da 1 a 2 e da 2 a 3, infatti, non sono quasi mai netti e chiari. Provate a dire a qualunque madre sana di mente al 6° mese che suo figlio non è davvero vivo, è solo vivo "in potenza" e poi mi raccontate cosa vi risponderà. Se la madre non è una delle purtroppo troppe donne irriflessive che circolano, la stessa reazione l'avrà molto prima del 6° mese. Se è una donna intelligente, quella reazione l'avrà dall'inizio della gravidanza.

Per essere pienamente coerenti, oltretutto, credo che i paladini delle divisioni di stato (dove ad ogni stato corrispondono diritti umani di base differenti) dovrebbero introdurne un quinto:

  1. vivo in potenza,
  2. vivo in atto,
  3. vivo in atto ma handicappato,
  4. morto in potenza,
  5. morto in atto.

Non è purtroppo solo l'ipotesi di un'utopia negativa (o distopia, come va di moda dire oggi). Da qualche parte s'è fatto. Spero non ci sia bisogno di commentare.

giovedì 10 luglio 2008

Che cos’è un uomo?

C’è sempre qualcuno che si arroga il diritto di stabilire se la vita di un’altra persona valga o meno la pena di essere vissuta. C’è sempre il Veronesi di turno che parla di diritti, di autodeterminazione, ben sapendo che si parla di stati in cui l’autodeterminazione non è esercitabile. Gli ingenui assecondano questi personaggi equivoci, senza nemmeno dedicare un secondo a considerare quali possano essere le conseguenze se certi limiti vengono superati.

Il bello è che questa gente è in genere la stessa che con leggerezza etichetta come “fascisti” provvedimenti (magari anche discutibili) o governi solo perché sono contrari alle loro idee. Senza tener conto che cifra del fascismo (mutuata dall’alleato nazista) era proprio il fatto che qualcuno stabiliva se altre persone fossero o meno esseri umani, se fossero o meno degni di vivere, se fossero o meno degni di vivere liberi. Queste tendenze sono – per usare un aggettivo ormai logoro – carsiche. Ogni tanto riaffiorano.

Quelli che le sostengono sono sempre abili a gettare fumo negli occhi degli sprovveduti. Tanto che usano mezzi come far morire una persona per fame in nome della loro umanità (già, ma per loro non è più una persona degna di tale definizione), accusando la Chiesa di essere poco umana. Il caso Terry Schiavo si ripete. Forse oggi è un po’ più difficile, almeno in Italia, tanto che arrivano ad aspettare la metà luglio per tentare di mettere in atto di soppiatto i loro propositi funesti. Speravano che fossimo tutti distratti? Oppure pensano di coglierci per estenuazione, a furia di provarci e riprovarci?

Nessuno abbassi la guardia. Certi varchi, una volta aperti, è molto dura richiuderli. La storia non si ripete mai, ma qualcosa comunque insegna.

martedì 1 luglio 2008

Juno e l'articolo scellerato di Repubblica

Ho scritto quanto segue il giorno dopo aver visto lo splendido film Juno e avendo letto un articolo che condivido assai poco nei toni.

Credo che sia un po' difficile commentare la vicenda raccontata nell'articolo di Zucconi su repubblica (e più seriamente in un articolo del Corriere) senza aver visto quel film.

E' un film bellissimo, tutte le persone con un minimo di maturità dovrebbero vederlo. Leggero, pieno di ironia, ma allo stesso tempo fortissimo, per come affronta il tema della gravidanza indesiderata senza enfasi retorica, con naturalezza. "Fresco" è l'aggettivo che più ricorre nei commenti al film visti su internet.

Purtroppo da noi il film non funziona bene come in America: le ambientazioni e le situazioni sono 100% yankee, lo slang è spesso intraducibile nella fulmineità delle sue battute.

Non è difficile immaginare che Juno possa diventare un'eroina per le adolescenti americane. E' vietato ai minori di 15 anni e guardacaso le ragazze del Massachusset ne hanno 16. Al di là del "patto", chissà quante altre ragazzine si saranno fatte individulamente ispirare da Juno! E, sinceramente, non trovo del tutto brutta la cosa. Sì, a 16 anni è presto; sì, è da irresponsabili farlo per scelta, si deve sapere che un piccolo ha bisogno anche del padre, oltre che della madre. Però forse meglio a 16 che alla media standard attuale delle mamme-nonne 35-40enni! Il corpo umano è fatto in un certo modo e credo che andrebbe assecondato nelle sue fasi.

La vicenda dell'articolo ha uno stretto legame con la poetica di Juno, ovviamente, e per vari motivi. Diventa però insana nell'idea di volontariamente cercare di escludere il padre, tenendosi il bambino (è pur vero che anche il figlio di Juno andrà ad una donna sola, ma solo per una fatalità non prevista).

Quello che però mi preme sottolineare, contestualizzando l'articolo nella nostra mentalità di italiani, è come lo Zucconi, che mi vien voglia di chiamare zuccone, racconti la faccenda. Voglio sottolineare un lapsus freudiano di Zucconi:
storie sentimentali ed edificanti di donne che decidono, anziché abortire come sarebbe stato loro diritto e scelta, di far nascere il bambino e che sono state adottate da movimenti abortisti come materiale di propaganda "per la vita".


Già la frase in sé, fosse anche priva del lapsus, sarebbe da brivido (sottintendendo che sarebbe "diritto e scelta" naturale e corretta della madre quella di abortire, e dando una connotazione negativa al "materiale di propaganda per la vita" - con delle virgolette molto sospette). Ma i movimenti abortisti per la vita? Dove mai si sono visti?? Come potrebbe un giornalista lasciarsi sfuggire una simile castroneria, se la difesa della vita gli stesse minimamente a cuore?