giovedì 28 agosto 2008

Costumi moderni

Il diavolo veste Prada mi è inaspettatamente piaciuto. E' un'autocelebrazione del mondo della moda, ma l'ironia e la crudeltà di cui è infarcito lo rendono godibile ed interessante. Tra le cose che racconta, è interessante l'affermazione della sempre grande Maryl Streep su come il mondo dell'alta monda influenzi il modo in cui ci vestiamo tutti, attraverso un'osmosi delle idee (stili, forme, colori, tessuti) che pian piano scendono nelle linee del prêt-à-porter delle maison di moda fino ad arrivare agli scaffali dozzinali dei supermercati. Non ci avevo mai pensato. Dunque anche chi si veste "casual", chi cerca di rifuggire da un certo modo emulativo di essere alla fine è comunque inconsapevolmente parte dell'ingranaggio ed influenzato dal gusto dei grandi stilisti.

Quest'estate sulle spiagge pugliesi sono rimasto colpito da una delle più demenziali proposte della moda cui mi sia capitato di assistere. Frotte di ragazzi (maschi) agghindati con costume-pantaloncino (al ginocchio) semislacciato, a "vita bassa", sotto il quale lasciano trasparire le mutante, rigorosamente firmate a caratteri cubitali sull'elastico (Dolce e Gabbana su tutti). Mi dicono che il fenomeno sia diffuso almeno anche al resto del paese, non solo in spiaggia.

Ora, lungi da me scandalizzarmi per l'idea di mostrare in pubblico le mutande (si vede solo l'elastico), non mi impressiona nemmeno la stupidità dell'emulazione di un look non proprio intelligente: figuriamoci, dopo aver assistito a vagonate di piercing e tatuaggi, in gran parte pure bruttissimi, se possa restare colpito da uno scimmiottamento molto meno invasivo, per quanto massivo.

Quello che non concepisco è come si possa essere così stupidi da adottare un simile abbigliamento per fare il bagno. Negli ultimi anni si è passati dai costumini tipo slip/mutandina ai pantaloncini da bagno per arrivare a quello che è il mio secondo costume preferito, quello stile pantaloncino ma senza sgambatura. Il mio primo preferito è quello che sono sempre più convinto essere il più sensato, cioè nessun costume. Oltre alla sensazione di libertà che offre, elimina la noia di tenere addosso un costume bagnato una volta usciti dall'acqua e, particolarmente per le donne, evita la rogna delle righe dei laccetti sull'abbronzatura. Fateci caso: è raro vedere una donna indossare il top come sarebbe canonicamente previsto (il topless è oggi purtroppo definitivamente fuori moda, almeno in Italia): le vedete allacciarsi nei modi più strani per far sparire le righe da spalle, collo e schiena, e passare buona parte del loro tempo a sistemarsi e controllarsi il costume, per conquistare qualche millimetro di abbronzatura in più. Sembra un'esagerazione, ma quest'estate mi sono messo ad osservare il fenomeno e vi assicuro che è impressionante.

Non siamo in Olanda (e per molti altri aspetti diciamo per fortuna) né in Germania, dove le piscine spesso sono con orari differenziati per costumati o nudi e su molte spiagge il costume è facoltativo, e quindi dobbiamo rassegnarci a quella sensazione di umido persistente post-immersione (o ad acrobazie con l'asciugamano per cambiarci dopo il bagno), e ad assistere alle buffe arruffature dei costumi femminili. Senza contare l'ipocrisia di fondo: buona parte dei costumi femminili attuali sono succinti all'osso e lasciano vedere più che immaginare tutto il possibile.

Da questo ai ragazzini che si tuffano con addosso i due strati, di cui uno lungo fino al ginocchio, mi pare esserci uno schizofrenico e poco comprensibile abisso.

mercoledì 20 agosto 2008

Tromboni autoreferenziali

Inutilmente autoreferenziale. Così mi liquida un'amica cui avevo tronfiamente e giocosamente inviato i risultati dei test ministeriali d'ammissione alle scuole italiane all'estero cui m'ero sottoposto per diletto. Anche la mia cara mogliettina, che li ha provati seriamente senza passarli, è un po' seccata della mia infantile vanagloria. Ovviamente hanno tutte le ragioni per essere piccate, avendo io scherzato su cose per loro serie, ma quell'inutilmente autoreferenziale un po' m'ha colpito.

Quando poi nelle mie navigazioni notturne sono incappato in questo scoglio

mi si è alleggerita un po' la coscienza.


Leggete un po' come viene presentato questo testo dall'autore:

Nell'amministrare la giustizia conta la legge scritta. Se facessimo delle deroghe al codice, non saremmo ingiusti? Diciamo che la giustizia deve essere uguale per tutti, ma forse non abbiamo mai riflettuto sul significato di questo principio: la legge per essere giusta deve essere applicata senza eccezioni. Ma la legge scritta dai parlamenti può contemplare ogni singolo caso umano? La legge è una macchina impersonale, che non guarda in faccia a nessuno. Eppure, per altro verso, proprio il fatto che la legge non guarda in faccia a nessuno, ci protegge dai soprusi dei potenti. La bilancia, come immagine della giustizia, rappresenta proprio questo: gli uomini sono tutti uguali di fronte alla legge.
La mia convinzione profonda è che in uno stato di diritto e in uno stato in cui tutti partecipano, anche se indirettamente, alla gestione della cosa pubblica e in cui esistono delle strade per modificare le regole che si ritengono ingiuste, le regole esistenti vanno osservate e basta. Ma è anche necessario fare una specie di gerarchia delle regole, perché ci sono delle regole che hanno un rilievo particolarissimo, un rilievo eccezionale per la convivenza e ci sono altre regole che invece hanno un rilievo molto più limitato.


Wow! Ammetto di essere prevenuto verso Colombo ed il famoso pool di Milano. Ma che dire di fronte a questo capolavoro? Iniziamo dalla foto in copertina. Mi chiedo se questi "intellettuali" che sia atteggiano a pensatori di Rodin sulle copertine siano una piaga tipicamente italiana o il virus sia diffuso globalmente. Ma andiamo oltre. Come non vedere la tragicità delle sue parole? Prima pretende di farci passare la giustizia come qualcosa di asettico, l'applicazione acefala delle norme stabilite da altri (quasi che fosse anche lontanamente ipotizzabile applicare la giustizia senza interpretare quelle norme caso per caso a discrezione del magistrato giudicante). Poi si contraddice vistosamente dicendoci che sì, le regole vanno applicate "e basta", ma non tutte hanno lo stesso valore. Forse bisognerebbe mettersi i guanti di lattice e prenderlo in mano, questo libro, per capire se il nostro pensatore arriva ad arrogarsi l'autorità di essere colui che stabilisce quali siano le regole di "rilievo eccezionale" e quali invece quelle che sì, contano, ma in fondo non tanto. Ci sarebbe anche da discutere sull'idea che, se qualche norma non va, tanto ci sono gli strumenti democratici per cambiarla, ma lasciamo perdere.

Purtroppo la mia colossale autoreferenzialità si spinge al punto da farmi frequentare poco la saggistica. Appena prendo in mano un testo già sono pieno di obiezioni. Non è una cosa che mi faccia piacere, intendiamoci. Credo che questa repulsione dipenda dal panorama librario italiano, che costringe a cercare le cose interessanti nelle pieghe dei cataloghi, perché in primo piano ci sommerge di capolavori del genere sopra copiato. Oggi, per esempio, BOL spara nelle prime posizioni altre cose che avrei schifo solo a toccare:

  • Michele Serra, Brevario comico
  • Umberto Galimberti, L'ospite inquietante
  • Serge Latouche, La scommessa della decrescita
  • Gomez/Lillo/Travaglio, Bavaglio [e scusate se questo titolo di per sé mi fa morire!]

Sì, lo sforzo per andare oltre forse non sarebbe grande, ma la pigrizia...

mercoledì 13 agosto 2008

A caso

Ok, per dare un seguito a quanto ispiratomi da Hawking, rilette con calma tra un bagno e l'altro le opinioni di Ric in merito e, come al solito, non disponendo in questo lido estivo di documenti di alcun genere, provo a scrivere qualche mia riflessione sul caso. Come dicevo, la faccenda è spinosa. Non ho mai scritto che l'indeterminazione quantistica confermi alcun limite alla conoscenza umana, né lo penso. Per buttarla in paradosso, Hawking ci dice che questa addirittura limita la possibilità di conoscenza di Dio (in realtà presumo che si riferisca al famoso "dio dei filosofi", quello di cui parlava anche Einstein dicendoci che non può giocare a dadi; "semplifichiamo" definendo questo dio l'Universo stesso). Non che con questo si voglia dire che nell'Universo c'è qualcosa che Dio non conosca. Il fatto è che all'interno dell'Universo stesso l'informazione su qualcosa di tanto basilare quale dove stiano e come si muovano le sue particelle (e il punto di vista dell'Uomo spettatore non muta nulla nella faccenda) non esiste proprio. Non è cosa da poco. Non è un qualcosa di inconoscibile all'Uomo, dunque. Non un limite all'Uomo, che ovviamente non potrebbe mai conoscere informazioni inesistenti. Secondo l'estensione che ho riportato da Hawking, nemmeno accontentandoci di approssimazioni probabilistiche (la funzione d'onda di Schrödinger) potremo prevedere come si muoveranno queste particelle in futuro. Con tutta la salvaguardia alla coerenza dell'insieme di cui ho già scritto (mele che continuano a cadere - tra l'altro nessuno sa perché! - e sincrotroni che continuano a far cozzare protoni liberando alte energie).

Vale la pena di indagare se indeterminazione e caso siano in qualche modo legati. Con indeterminazione qui intendiamo il contrario di determinismo. Ci riferiamo dunque al fatto che, pur disponendo del massimo possibile di informazioni sullo stato di un sistema, non siamo in grado di prevederne gli sviluppi futuri. Significa dunque che sia necessario introdurre l'idea di caso? Con caso intendiamo normalmente qualcosa che risponda ad una certa regolarità statistica, a delle regole, non a qualcosa di inconoscibile. Lanciando una moneta non posso prevedere quale faccia resterà in su, ma se la lancio 100 volte so che circa 50 volte avrò testa e 50 croce, pur essendo il risultato di ogni singolo lancio completamente imprevedibile. Questo è il caso, ed è una delle cose più regolari che esistano sulla faccia della Terra. Il caso permette di far funzionare i casinò ed i semafori. Il caso si può simulare con strumenti che col caso nulla hanno a che spartire, quali i computer, programmandoli per dare sequenze di numeri apparentemente imprevedibili, con una distribuzione regolare ed una ciclicità lunghissima se non nulla. Questo caso potrebbe anche regolare l'evoluzione attraverso le mutazioni genetiche eventualmente trasmesse alla prole ed enfatizzate dalla selezione naturale, sebbene una simile ipotesi mi sembri un po' limitata per spiegare la formazione del cervello umano. Se vi è libertà nel caso, questa è frutto appunto del caso, non di scelte libere di una mente razionale. Anche avendo a disposizione una quantità sterminata di scacchiere, la probabilità che muovendo i pezzi a caso si batta un avversario con una minima cognizione del gioco è praticamente nulla. Creare il cervello umano è un po' più complicato che giocare a scacchi, ma ovviamente di fronte ai numeri enormi di cui è fatto l'Universo, col suo profluvio di galassie fatte di miriadi di sistemi solari che hanno a disposizione di miliardi di anni fare calcoli probabilistici è fuori dalla mia portata. E' dunque all'istinto che mi affido, credo in nutrita compagnia, dall'una e dall'altra parte.

Dunque, tornando indietro, è vero che l'indeterminazione ha qualcosa a che vedere con il caso. Non c'è caso se non c'è indeterminazione. Se lo stato di un sistema mi consentisse di prevederne l'evoluzione, il ruolo del caso sarebbe nullo. Caso implica indeterminazione. Ma non è vero il contrario: ci può essere indeterminazione completamente slegata dal caso. Questa è la libertà associata alla mente razionale, ed è questa l'indeterminazione che interessa a me, quella che riguarda l'Uomo e che riguarda Dio. Se la mente umana, fatta di cellule neurali, sinapsi, impulsi elettrici, seguisse regole puramente deterministiche, essa non sarebbe libera ed i comportamenti sarebbero predeterminati. La nostra vita seguirebbe un copione già scritto, incrociandoci con altre persone, oggetti ed eventi anch'essi deterministicamente costretti a seguire quanto gli atomi e le energie che li compongono le impongono gli nel seguire le leggi dell'Universo. Il presente sarebbe null'altro che il frutto della necessità imposta dal passato. Un libro già scritto, in cui i destini sono predeterminati.

Ma se invece qualcosa può sfuggire dalle rigide catene della meccanica, dell'elettrodinamica, della fisica delle forze, allora possiamo sperare che la nostra mente possa farne parte, ed essere svincolata da quelle maglie. Possiamo pensare che le nostre scelte siano vere scelte, e non esclusivamente il frutto della necessità data dalla particolare disposizione della nostra materia grigia in un determinato istante. Insomma, possiamo pensare di essere veramente liberi, e dunque responsabili. E quello che sceglieremo noi tra poco non lo conosce neanche Dio, che ci ha fatti veramente liberi. La nostra esistenza acquisisce un senso: quello della prova.

Non mi sembra cosa da poco che anche la scienza finalmente abbia raggiunto conclusioni compatibili con questa idea che coltivo da tempo. Non c'è direttamente questo, in Hawking. La scienza non ha la più pallida idea di come funzioni il cervello umano, tanto meno se il principio di indeterminazione abbia qualcosa a che vedere con il pensiero. Sono solo mie speculazioni filosofico-fantascientifiche.

lunedì 4 agosto 2008

Gargano



Non c'è male...

venerdì 1 agosto 2008

In difesa della vita di una zanzara chiamata Sartori

Sartori o c'è o ci fa. Sono ormai convinto che sia in preda a totale demenza senile senza ritorno. Il suo arsenale è vecchio, obsoleto, buono solo a fare buchi nell'acqua. Il Corriere di oggi offre la sua ennesima figuraccia in prima pagina. Non fosse in prima, non perderei nemmeno tempo a commentarlo. Mi chiedo con che coraggio si pubblichino ancora così enfaticamente le sue sciocchezze. Galli Della Loggia lo liquida con tre banalissimi argomenti, che mettono a tacere i soliti faziosissimi sostenitori del partito della morte.
1) Eluana non viene mantenuta in vita con chissà quali macchinari, semplicemente le si dà acqua e nutrimento. Se questo è "accanimento terapeutico" allora qualunque madre che dia il cibo ai suoi figli è una "terapeuta accanita".
2) Se anche E. avesse espresso qualche sciocco generico parere a 16 anni (e in merito c'è più di qualche dubbio), senza avere alcuna idea delle conseguenze su di sé, questo non avrebbe nulla a che vedere con la sua volontà di oggi.
3) Mettere questo sul piano dello scontro dei laicisti contro la Chiesa è ridicolo, dato che "sarebbe assai singolare se la difesa dei diritti della persona umana venisse lasciata solo alla Chiesa di Roma ed al suo magistero".

Essendo però l'ideologizzato Sartori sbattuto in prima (e fa proprio ridere nel giorno in cui in prima ci sta pure un bel pezzo di Ennio Carretto sulle marce indietro degli ideologizzatissimi liberal nei confronti di Allan Bloom), mi divertirò a smontarne pezzo a pezzo le infantili argomentazioni, che sembrano partorite dalla mente di un idiota che fa la parodia di un ragionamento intelligente.

1) S. parte lancia in resta col solito attacco contro "le gerarchie cattoliche" (sponsorizzando un attacco di un danaroso gruppuscolo di autoproclamati cattolici, ovviamente antipapisti: i Catholics for choice, che sappiamo essere solo un drappello di greci malcelati in un cavallo ligneo ormai cadente a pezzi). "Gerarchie"? Pensare che noi cattolici doc abbiamo sempre saputo che la Chiesa è gerarchica, ma che di gerarchia ce ne fosse una sola (lo recitiamo nel nostro Simbolo più importante). Si vede che siamo male informati.

2) In questo attacco, S. fa riferimento ad una "politica delle gerarchie cattoliche di opposizione alla contraccezione". Veramente il catechismo si oppone ai facili costumi, alla sessualità casuale, non alla pianificazione famigliare. Qui probabilmente sta buona parte dell'equivoco. Se in più aggiungiamo la sacrosanta cautela che la Chiesa mette quando c'è in mezzo la vita e la morte di un essere umano, il quadro è completo. La prudenza è sempre stata virtù della Chiesa. Pertanto, se il fine di una moderata ricerca di pianificazione famigliare è lecito, non tutti i mezzi sono buoni. Alcuni contraccettivi sono abortivi, altri ledono la dignità della persona, altri la mutilano e deturpano perennemente. Non per questo però diventa lecito accusare la Chiesa di vedere il sesso come unicamente finalizzato alla procreazione. Ma non posso pretendere che S. abbia preso in mano il catechismo, prima di sparare le sue ideologiche bordate.

3) Dopo queste prolusioni, accusa Wojtyla e Ratzinger di mettere sullo stesso piano aborto e contraccezione. Ma quando mai! E' proprio Sartori a fare questo stupido giochetto. L'aborto è omicidio, la contraccezione lo è solo quando è abortiva (spirale, pillola del giorno dopo, …). Ben diverso è eliminare una vita umana dall'impedirne la formazione, non c'è proprio nessuno che deve dimostrare a S. un bel niente, semmai è lui che deve indicarci dove mai la Chiesa farebbe questa ridicola equivalenza.

4) Come faceva già ai tempi delle sue battaglie sulla legge 40, a questo punto il vecchio S. tira in ballo san Tommaso e la presenza dell'anima razionale. Come se ancora oggi dovessimo considerare le idee di san Tommaso vincolanti in ogni nostra scelta. Il bello è che, sfrontatamente sprezzante verso il senso del ridicolo, S. ci dice che l'"anima razionale " per san Tommaso arriva "tardi", in vicinanza della nascita. Ben si guarda S. dal definire l'"anima razionale". Ben si guarda S. dallo spiegarci perché mai nel 2008 dovremmo attenerci alla parodia del pensiero tomistico che il S. stesso ci propina, non si sa bene a che titolo.

5) Quindi procede con il suo filosofeggiare d'accatto, spiegandoci che l'uovo non è la gallina e mangiando un uovo non commettiamo un pollicidio. Ah, grazie dell'informazione. Ma se uccidiamo un pulcino, stiamo uccidendo una gallina? Cambia qualcosa a livello concettuale se quell'uovo è fecondato e contiene un embrione di pulcino o no? S. non si pone il problema. Anzi qui, non pago, S. fa un bel salto nel vuoto senza paracadute. Lo cito testualmente perché è proprio inarrivabile. Avendomi dato dell'"assassino di galline" (colpa che non mi turberebbe comunque il sonno) perché ho mangiato un uovo magari non fecondato, mi dice:
Dunque, in teoria qualsiasi vita è intoccabile (anche quella dei pidocchi o delle zanzare), visto che la Chiesa spesso e volentieri confonde tra qualsiasi vita e vita specificamente umana.

No, scusate, ma qui è proprio da sbellicarsi. "Dunque" (nesso causale, ma con che cosa? boh). "La Chiesa confonde spesso e volentieri tra qualsiasi vita e vita umana". La Chiesa?? Ma grullo, se sei stato tu che ci hai appena detto che l'embrione umano è come quello del pollo, non è ancora umano finché è "sub specie" di embrione (lo dici tu, anche se lo metti in bocca alla "scienza", di cui non ti sapevo portavoce) . Ora rigiri la frittata ed accusi la Chiesa di sostenere le tue colossali castronerie? La Chiesa dice proprio il contrario! La vita umana, dal concepimento fino alla morte, è intoccabile, proprio perché non è una "qualsiasi vita". Ragazzi, quest'uomo dovrebbe proprio apparire in una commedia di Woody Allen o meglio di Ionesco.

6) Ce ne sarebbe già abbastanza, ma il nostro S., indomito, procede a briglia sciolta. Tira in ballo il caso Eluana. Ci dice che come "essere umano è già morto", ma la Chiesa, cattivona, le nega il diritto di morire. Impedisce di morire ad un morto? Com'è questa storia? Giochiamo con le parole? E' morta o no? "La scienza stabilisce che una persona è morta quando il cervello è morto, quando l'elettroencefalogramma è piatto e non rileva più onde magnetiche cerebrali". Ah. Ma allora Eluana è morta, almeno per la scienza che S. considera buona. Allora mi spieghi il S. la sua conclusione. "Poveri noi [poiché non abbiamo il testamento biologico che altri Paesi più fortunati consentono - chissà allora perché il caso Schiavo ha destato tanto scalpore negli USA!], e intanto povera Eluana".

Povera Eluana?? Ma come! Non era morta?

C'è libertà nell'Universo

Stephen Hawking, non l'ultimo piffero della Terra, nel suo The Universe in a nutshell sforna caterve di affermazioni interessanti.

Il determinismo positivista è morto da tempo, almeno da quando Heisenberg formulò il suo principio di indeterminazione che sconvolse la Fisica e Gödel frantumò la roccia della Logica dei Principia Mathematica di Bertrand Russell (causandogli trami dai quali il povero iperrazionalista non si è poi più ripreso).

Il principio di indeterminazione viene spesso equivocato. Ci dice, parlando dello stato di una particella, che quanto più ne conosciamo la posizione tanto meno ne conosciamo la velocità. Certi improvvidi divulgatori fanno credere che questo dipenda dall'influenza della nostra osservazione. No, le cose per il determinismo stanno messe assai peggio: si tratta proprio di equazioni matematiche, che della nostra osservazione se ne strafregano. Hawking ci palesa quanto la strada che va verso l'indeterminazione, una volta intrapresa, sia senza ritorno.

Il positivismo settecentesco, fatto di solide certezze che avevano la pretesa di spiegare integralmente l'Universo, fondava sull'illusione che ormai del mondo si fosse capito quasi tutto. Ancora poche formule ed avremmo avuto in mano l'equazione cosmica, un dio meccanico vergato su carta che avrebbe celebrato il funerale del Dio intelligente delle religioni. Oggi sappiamo di aver solo scalfito la superficie della conoscenza della struttura dell'Universo, eppure i tronfi Odifreddi e Carl Sagan continuano a cantare allegramente le lodi di una scienza che non ha limiti nelle sue possibilità di conoscere.

Per dirla senza mezzi termini, il Cosmo è proprio ben incasinato, tanto da spingere Hawking a citare il battito d'ali di farfalla di Jurassic Park, quello che scatena uragani dall'altra parte del globo, per toglierci ogni dubbio sui limiti della scienza. Senza nemmeno tirare in ballo complicazioni relativistiche, anche solo la "semplice" meccanica classica, quella di Newton, non è in grado di descrivere accuratamente situazioni in cui sono coinvolti più di due corpi, poiché le equazioni diventano tanto complesse da essere non maneggiabili (e quindi dobbiamo sempre accontentarci di approssimazioni, che ci sono comunque bastate per portare Armstrong sulla Luna).

L'idea positivista, a partire da Laplace, era che la scienza ci avrebbe dato il megaformulone che determina l'evoluzione dell'Universo, cui sarebbe possibile dare in pasto velocità e posizione di tutte le sue particelle, per poterne prevedere gli stati futuri, cioè grazie alla scienza avremmo potuto prevedere il futuro. E' chiaro come un Heisenberg, che ci svela come sia impossibile determinare contemporaneamente posizione e velocità delle particelle (e non per limiti nostri ma perché l'Universo è fatto così), già di tutta questa sicumera faccia polpette. Ma Hawking aggiunge anche qualcosa di nuovo. Ci dice che anche utilizzando equazioni quantistiche che considerano il complesso posizione+velocità (fa funzione d'onda di Schroedineger, una specie di vettore mediato che aggiri l'indeterminazione heisenberghiana), non risolveremmo nulla. Ancora una volta ci troviamo ad affrontare un'indeterminazione che va al di là dei limiti dell'uomo ma è insita nella struttura del Cosmo. Qualcuno si spinge persino a togliere la polvere da una delle vecchie "dimostrazioni dell'esistenza di Dio", quella della complessità del Creato, che il positivismo aveva ficcato in qualche angolo della soffitta. Dove io veramente ce la lascerei: l'idea di poter dimostrare l'esistenza di Dio cozza proprio con il punto finale cui voglio arrivare.

Ed eccoci dunque giunti al piatto forte. L'equazione dell'Universo non la possiede nemmeno Dio, ci dice Hawking commentando questo principio (che chiamerei della "indeterminazione generale", dopo quella ristretta di Heisenberg). Toh, la Grande Scienza ritira Dio fuori dal cassetto. E' un po' che ho letto il testo di Hawking ed improvvidamente non l'ho portato qui con me. Pertanto non ricordo esattamente se prima di quel passaggio, tra le varie bizzarissime ed affascinanti teorie su superstinghe, direzione del tempo, buchi neri multidimensionali, ecc., si possa ricavare qualcosa del pensiero religioso dell'autore. Mi pare di sovvenire che fosse possibilista ed assai meno ottuso dei vari divulgatori ateisti fatti con lo stampino, tipo i due citati sopra. E' vero che l'affermazione in prima istanza sembrerebbe una contraddizione negante: come potrebbe un Dio onnipotente non possedere gli strumenti per prevedere il futuro dell'Universo? Ma tale contraddizione è solo apparente. Il Dio dei cristiani e degli ebrei dice ad Adamo e ad Eva: "Avete voluto conoscere cosa siano il Bene ed il Male? Ora cercate di scegliere per il Bene (ed io farò la mia parte per aiutarvi), ma siete comunque liberi di scegliere il Male." Avete voluto la bicicletta? Mo' pedalate. Quale libertà, quale libero arbitrio avremmo se il futuro delle nostre azioni fosse del tutto determinato da quello che siamo in questo istante?

C'è voluta la mente del più brillante dei nostri scienziati per spiegare al mondo quello che l'Antico Testamento ha messo in chiaro da millenni. Che nell'Universo c'è Libertà.