lunedì 21 luglio 2008

Vi sono diversità di carismi, ma...

La teoria proposta dall’amico Ric sulla selezione naturale delle civiltà nella sua risposta a questo mio post è affascinante. Sarebbe interessante fare un’analisi storica per metterla alla prova. Ho l’impressione che al variare delle fasi storiche otterremmo risultati contrastanti. Un bel laboratorio è forse la comunità europea di oggi. Mi sa che stiamo assistendo ad un’italianizzazione dell’Europa anziché ad una europeizzazione dell’Italia, quindi ad una decivilizzazione, ma è solo una discutibilissima impressione. Se poi ampliamo la scala a livello globale, mi sa che le civiltà scassate non siano proprio dei panda, semmai il contrario. Però può darsi che guardando bene all’insieme anche nelle civiltà più scassate siano in corso dei processi evolutivi e può darsi che situazioni come la degenerazione dell’Iran negli ultimi decenni siano solo un processo patologico destinato alla regressione. Sono comunque molto tentato di cedere all’ottimismo in questo campo, dato che tutto sommato credo abbastanza (irrazionalmente) nelle magnifiche sorti e progressive dell’umanità (manzonianamente aiutata in questo dall’alto).

Trovo interessante la sua provocazione sulla genetica. Non avevo nessuna intenzione di farvi riferimento e non ho capito perché vi ha accennato, ma già che ci siamo ci ho pensato su un po’. La genetica comportamentale è una nuova scienza che non è affatto imparentata con il razzismo. Stiamo uscendo dall’epoca in cui si tendeva a considerare, senza verifiche empiriche, che il comportamento dell’individuo fosse determinato dall’ambiente piuttosto che non congenito. Gli studi più recenti tendono a riconoscere che l’elemento più determinante nel valutare l’intelligenza di un individuo sia quello ereditario (ambiti: intelligenza generale, abilità spaziale, capacità del linguaggio), mentre per quanto riguarda il comportamento ci sia un’incidenza variabile ma approssimativamente paritetica di entrambe le componenti congenita ed ambientale. I dati sono esposti per esempio qui, testo del 2004, quindi recentissimo, nel capitolo “Nature and nurture”, p. 47 (guarda un po’, i risultati si ricavano grazie alle famose correlazioni di cui stiamo chiacchierando dalle parti di Ric). Avendo una vita in più sarebbe interessante leggere anche questo e questo. L’ambiente fa molto per quanto riguarda la cultura, ma a livello intellettivo (e quindi comportamentale) c’è poco da fare.

The overall conclusion is clear: if we are to understand the course of children’s development and the reasons why particular individuals become the people they are, we must take into account their hereditary make-up and appreciate the extent to which genetic factors play a part in determining behaviour”.

Non mi piace scrivere queste cose perché sono pienamente consapevole che possano essere utilizzate come anticamera di una delle pratiche più odiose e nefaste per la storia dell’umanità, quella razzista, e anche perché ho appena scritto in casa di Ric che sono piuttosto incline a giudicare poco affidabili i risultati delle scienze umane. Se però le diamo per buone, perché non potremmo estenderle ritenendo che anche a livello delle comunità l’ereditarietà dell’intelligenza comporti gli effetti macroscopici così evidenti nella diversità dei comportamenti e delle culture? E’ chiaro che ci sono parecchi fattori mitiganti, tra cui il fatto che le migrazioni ed innesti ci sono sempre stati, non so se più in passato che oggi, e quindi diventa ridicolo oltre che pericoloso sviluppare un idea di una “razza” o etnia integralmente migliore dell’altra, senza considerare che è evidente a tutti quanto persino nella stessa famiglia le intelligenze ed i comportamenti possano essere disomogenei. Però liquidare il tutto a tema politicamente scorretto dal quale tenersi lontani forse è infilare la testa nella sabbia.

Dunque, che conclusioni trarre? Abbandonare il napoletano a se stesso concedendogli leggi che gli consentano di vivere nel suo casino cronico perché questo è tipico della sua cultura oppure conseguenza del cervello che gli è dato dal ceppo genetico? Costringerlo con la forza pubblica a seguire modelli che non gli sono propri e mai lo saranno in nome della superiorità di una civiltà altrui?

Forse la strada migliore è quella indicata dalla Chiesa, sulla scorta di san Paolo:
“Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito […] a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole”.

Giovanni Paolo II commenta:

Ma occorre prestare attenzione anche a un altro punto della dottrina di san Paolo e della Chiesa, che vale sia per ogni specie di ministero sia per i carismi: la loro diversità e varietà non può essere lesiva dell'unità. «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore» (1Cor 12,4-5). Paolo chiedeva il rispetto di quelle diversità, perché non tutti possono pretendere di svolgere la stessa funzione, contro il disegno di Dio e il dono dello Spirito, ed anche contro le più elementari leggi di ogni struttura sociale. Ma l'Apostolo sottolineava ugualmente la necessità dell'unità, che rispondeva anch'essa a una esigenza di ordine sociologico, ma ancor più doveva essere, nella comunità cristiana, un riflesso dell'unità divina. Un solo Spirito, un solo Signore. E, quindi, una sola Chiesa!

Credo che anche una società globalizzata possa attingere allo stesso modello. Rispettiamo quello che c’è di buono nel napoletano e non disperiamo nella possibilità di trovare un’unità tra lui ed il meranese, o tra l’islandese e lo zimbabwese. Non abbiamo paura però di cercare in tutti i modi di far sì che ci sia un’unica Umanità, la quale riconosca volente o nolente alcuni principî ineludibili. (Nella piccola bottega italiana, il federalismo fiscale nulla toglie a questo intento e mi sembra un’ottima soluzione se finalizzato al rispetto delle diversità.)


Nella mia prospettiva, in questa ricerca non ci accontenteremo di cercare il minimo comune multiplo né avremo troppe preoccupazioni di tutelare i panda. Non avremo paura di confrontare gli esiti che i vari modelli proponibili comportano nel tenore di vita dei loro cittadini. Ricorreremo a feliciometri di vario genere per aiutarci nella selezione, consapevoli che mai avremo la risposta definitiva in questa ricerca. Non esporteremo i modelli a viva forza perché abbiamo da tempo imparato che questo è controproducente, semmai adotteremo quelle tattiche subdole ma efficaci, eminentemente pubblicitarie, che dagli anni ’40 in poi hanno americanizzato con successo buona parte del mondo.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono un inguaribile ottimista, penso che le società più efficienti finiscano per prevalere. Hai notato? Per tenermi prudente muto il "civiltà superiori" con "società più efficienti".

Una società più efficiente è più ricca, più forte, più coesa. Ci sono le condizioni affinchè prevalga. Anche se questo resta un "sentimento", direi che è abbastanza fondato.

In fondo, se l' Occidente ha sconfitto il comunismo penso che in parte sia dovuto al fatto che la civiltà che esprimeva fosse superiore.

Altri esempi storici? Che cos' è la Globalizzazione se non un' Occidentalizzazione del mondo? E la società occidentale a me pare la più efficiente.

Quanto all' Europa italianizzata, puo' darsi che sia come tu dici, ma con la nostra mania di sovrastimare l' erba del vicino, forse non ci siamo accorti che parecchia Europa, e parlo di quella continentale, era già parecchio "italianizzata".

Mi chiedi perchè ho introdotto la "genetica". Bè, gli sforzi per cambiare un comportamento possono differire: se il comportamento è frutto di una scelta razionale allora basta mutare gli incentivi (istituzioni). Se è il frutto di un indottrinamento culturale occorre più tempo (educazione). Se è il frutto della genetica non posso mutarlo e devo sperare in una mutazione e selezione della prole.

Non mancano le interpretazioni genetiche di fenomeni storici, certo, dobbiamo allare gli urizzonti. Sul mio comodino ho avuto a lungo questo libro sulla Rivoluzione Industriale a cui ho dedicato parecchi post (esempio questo).

L' argomento genetico è molto rischioso, si rimane sempre esposti alle accuse note. Per aggirare questo pericolo ho persino tentato di definire in modo più preciso cosa sia il razzismo. Ho anche notato come un Cattolico, in fondo, sia anche più libero nell' affrontare questi temi: il politically correct non sarà mai la sua religione visto che ne ha già una.

La genetica conta, figurati se non lo so. Mi è appena arrivato per posta il The Bell Curve, non l' ho messo ancora sul comodino ma ne avevo già discusso in abbondanza. Ha attizzato molte polemiche senza neanche arrivare alle drastiche conclusioni che citi, si limitava ad osservare che a 15/20 anni i giochi sono fatti, almeno in termini di capacità cognitive.

Attenzione però, quello che vale per il singolo non vale per le comunità. La comunità puo' accrescere nel tempo il suo QI medio (effetto Flynn). Quindi nessuna comunità è condannata, si tratti dei neri come dei napoletani.

Non so perchè, ma se dovessi tradurre nel mondo attuale l' insegnamento che citi di San Paolo, mi viene in mente l' ultima fatica di Dani Rodrik sul modo migliore che l' Occidente ha per "colonizzare" il mondo: Once Economic, Many Receipts. E parla un economista di sinistra abbastanza scettico sui metodi attuali di globalizzazione. Anche lui non rinnega una visione di "convergenza" delle varie civiltà (speriamo che sia una convergenza verso un' umanità autentica). Chiedendosi perchè questa convergenza tardi ad arrivare, nota come cio' sia dovuto al fatto che la globalizzazione così come oggi si realizza non rispetti a sufficienza le "differenze" (i carismi?) delle civiltà che incontra. E' un libro che ho tenuto a lungo sul comodino dedicando ad esso parecchi post (una decina stando al cercaparola, anche il suo blog è notevole).

davidthegray ha detto...

Ok, ho ordinato da Amazon il Clark e l’Herrnstein che promettono bene. Già che c’ero, ho anche ordinato questo. Chissà quando mai riuscirò a leggerli. Il tema è esplosivo quanto una bomba atomica. Scartabellando, ho visto che ci si spinge fino a testi che fanno analisi evolutive dell’intelligenza nelle varie razze (questo promette bene). Sono chine pericolosissime, che vale la pena investigare, ma con la consapevolezza che si sta maneggiando materiale radioattivo. Non è solo il QI che ci fa umani, ci sono parecchi altri carismi che fanno degli aborigeni australiani e degli abitanti del Kalahari persone esattamente tanto quanto gli ebrei ashkenaziti. Nel comportamento collettivo non c’è solo l’intelligenza, c’è anche la cultura appresa, anche se le tabelle correlative che mostra “the Bell curve” lasciano un po’ desolati. Non credo che quello che vale per il singolo non valga per la comunità. La possibilità di migliorare la condizione di una comunità passa attraverso il miglioramento del singolo. Evidentemente i mezzi per conseguire questo miglioramento non saranno gli stessi per tutti: esattamente come descrivi nel tuo post sul razzismo, non si deve avere troppa attenzione al politically correct quando si prendono certi provvedimenti.

Esemplare è il caso del provvedimento sul prelievo delle impronte ai bambini rom. Non vi vedo nessuna intenzione nemmeno velatamente razzista, ma è chiaro che presta il fianco (specialmente essendo stato maneggiato con una leggerezza imperdonabile) alle accuse del fronte politicallycorrectista, che, puntualmente, sono arrivate copiose. Ci sono anche state diverse e più serie accuse sul merito dell’efficacia del provvedimento, che anch’io in effetti trovo discutibile.

Credo che questi temi siano comunque di un’attualità senza precedenti, visto che siamo in un epoca di clash tra culture che, se ha precedenti storici nella sostanza, non ne ha nelle dimensioni. Credo che saranno al centro delle discussioni nei prossimi anni, anche se in Italia, dove il politically correct regna sovrano imperturbato, forse ne giungeranno solo gli echi.

broncobilly ha detto...

Vedo che fai sul serio. Ti giuro che del Rutter avevo anche tentato di leggere qualcosa. In questo post mi interssavo di questo lavoro che in bibliografia portava questo articolo del Rutter. Devo ammettere di averlo trovato un po' impegnativo e di aver lasciato perdere il tutto.

Cos' è l' uomo? Domandina da niente. Non mi sognerei mai di dire che l'aborigeno non sia un uomo.

In fondo stiamo parlando di livelli di QI, non di presenza o assenza di un QI.

Ad agni modo, nell' umanità, secondo me, è implicata, almeno in potenza, la ragione, la coscienza di sè, la possibilità di pensare al proprio futuro. Ne abbiamo discusso con diana nei post sugli animali.

Certo, il miglioramento della comunità passa attraverso il miglioramento dei singoli.

Ma su alcune questioni, il miglioramento potrebbe ottenersi per micro-mutazione genetica, è quindi generazionale.

L' effetto Flynn non ci garantisce ancora del tutto che il QI non abbia basi genetiche, certo che dissolve molti spauracchi.

Ma per gran parte delle politiche non interessa poi tanto la distinzione cultura/genetica: alla vecchietta, se il rischio che uno zingaro sia ladro è 250 volte più alto rispetto al rischio che sia ladro un filippino, interessa poco sapere che cio' sia dovuto a fattori culturali anzichè genetici. Anche i secondi richiedono decenni per essere estirpati.

Personalmente non vedo con favore delle leggi fatte ad hoc per un gruppo di persone, e parlo delle impronte digitali come dell' affirmative action.

In questi casi però è importante il concetto di cittadinanza.

Un immigrato è pur sempre un ospite e ad un ospite ha senso porre delle condizioni. E' la ragione che ci induce a selezionare l' immigrazione migliore. Nei miei post sull' immigrazione riporto qualche idea.

Il razzista discrimina i diritti in base alla razza e a parità di tutto il resto. Ma qui non esiste "parità di tutto il resto".

Di chi si oppone per un istinto inconsulto a certe misure non mi curo molto. In genere si tratta di persone che odiano i valori dell' occidente e gongolano se ci sono dei problemi.

Il multiculturalismo è la loro bandiera, per loro una cultura vale l' altra e anche la cultura del furto e dell' accattonaggio ha quindi una sua dignità paritaria. Con queste premesse il dialogo è tra sordi.

Io ritengo invece che tutte le culture abbiano la loro ricchezza a cui non possiamo rinunciare, è imprescindibile però che vengano opportunamente filtrate.

Se la civiltà occidentale ha un merito è proprio perchè sa essere aperta, ovvero: sa accogliere e filtrare nel modo migliore.

Gli odiatori dell' occidente si adoperano per sabotare i filtri.

I filtri invece sono la mia passione. Mi piace il mercato e il suo doppio filtro: quello del merito e quello evolutivo.

davidthegray ha detto...

Sì, certo, non è il QI a fare l’uomo. Ci mancherebbe altro. Sono anche scetticissimo sull’affidabilità dei metodi per misurare l’intelligenza. Vi è addirittura una certa ironia nel fatto che si pensi di misurare qualcosa che in fondo non si riesce nemmeno a definire! Il sospetto che poi i test siano tarati sulla misura e sulla cultura di chi li scrive è forte. L’articolo sull’effetto Flynn che hai linkato è onesto nel riconoscere i limiti di certi esercizi.

Però, se è difficile effettivamente rispondere alla domanda “cos’è l’uomo”, io faccio assai meno fatica a stabilire cosa non è un uomo.

Un articolo divertente, da una newsletter di sviluppatori di SQL cui sono abbonato, dice che la sfida ultima per distinguere un uomo da una macchina è l’umorismo.

One of the interesting things with humor is that it's hard to define. And I think this might be the truest test of artificial intelligence at some point. If you've watched some of the Hollywood attempts over the years to explain humor to robots, you quickly realize that it's very difficult to do so. And if you add in the fact that culture and experience plays a huge part in what we find funny, it's no wonder that we sometimes have trouble communicating humor to those we interact with. (link per gli abbonati)

Dopo di che analizza i problemi che si riscontrano oggi, negli ambienti “multiculturali”, proprio con l’umorismo.

But what's funny?

It's easy to have a joke be funny to one person and offensive to the next. In some ways that's what a lot of humor is built on, making fun of some group or event. If you're in the group or situation being made fun of, however, it's not likely to make you smile.
And that's the problem in many office workplaces today. As we get more and more diverse, what we find humorous (and offensive) diverges as well. All of that can cause problems or issues between groups of people.



Personalmente non vedo con favore delle leggi fatte ad hoc per un gruppo di persone, e parlo delle impronte digitali come dell' affirmative action. Occhio però a non cadere nel paventato politically correct. Perché se i poliziotti controllano di più neri e portoricani rispetto ai bianchi caucasici, già sapendo come andrà a finire, forse stanno di fatto applicando leggi ad hoc, anche se magari non scritte. Ma l’ho già detto, i pericoli sono in agguato dietro ogni angolo ed in fondo meglio una precauzione in più che una in meno.

Per il resto concordo pienamente. Ogni cultura ha i suoi carismi. Coglierli significa arricchirci. Non abbiamo nessuna razza pura da preservare, e la cultura contaminata è cultura arricchita. Sempre però usando la testa, in consapevolezza, senza affidarsi ad rischi troppo non-calcolati.

Anonimo ha detto...

Le intelligenze in effetti sono tante (almeno due).

I test d' intelligenza e di apprendimento vanno presi con giudizio ma ormai in pochi sono disposti a rinunciarvi del tutto.

L' argomento mi ha impegnato, per esempio qui sintetizzavo una dozzina di limiti ispirato da un testo che secondo me ha l' atteggiamento giusto: prudenza senza rinuncia. L' ho chiamato atteggiamento Rolling Stones

***

Anche se tento di definire l' uomo appellandomi alla sua ragione, alla fine, per emanare il verdetto in casi concreti, adotto metodi empirici.

Un po' sul genere della macchina di Turing. Mi chiedo: ha senso giudicare con un processo questo "essere" e dichiararlo "colpevole" o "innocente"?

Mi sembra un buon metodo, anche se non esaurisce la gamma di "uomini" (bambini, incapaci...).

***

Sull' umorismo hai ragione.

Io, dell' umorismo, ho la definizione pirandelliana per cui con l' umorismo noi rendiamo ridicola una tragedia.

Che ne so, certe morti nei film di Tarantino sono raccapriccianti e, contemporaneamente, anche ridicole. Non è ironia, non è comicità. E' umorismo.

Ed è anche vero che la "cultura" c' entra: quando al cine assisto a scene efferate del genere di cui sopra, resto traumatizzato ma mi scappa sempre anche un risolino.

La Miriam si gira disgustata verso di me e, dopo un' occhiata sprezzante, si tira un po' più in là prendendo le distanze.

davidthegray ha detto...

Oggi è l'ultimo giorno prima della partenza per le ferie. Sono tre giorni che vorrei scrivere qualche nota su un film che ho visto, col quale c'entra Tarantino, che per me resta un personaggio controverso. Spero al mare di avere tempo per scrivere un po'.

Mi citi gli Stones. Ho sempre provato ribrezzo per quel gruppo. Jagger, la sua faccia butterata, le sue espressioni da cattivo dei fumetti, l'icona della lingua generano in me repulsione. Quindi non ne conosco il repertorio. Il fatto che tu citi uno degli unici due brani che conosco mi spinge a chiedermi, ma avranno fatto qualcos'altro oltre a Satisfaction e You can't always get...?

Anonimo ha detto...

No dai, non dire così, il repertorio dei RS, è vastissimo.

Tra i sonwriter La coppia Richards/Jagger rivaleggia con Lennon/McCathy.

Comunque il principio RS c' entra poco con i RS. Conta il motto tratto dalla loro canzone:

"... No, you can't always get what you want... but if you try sometime... you find
You get what you need..."

Come dire, l' ideale non esiste ma vale la pena di impegnarsi senza rinunciare, si puo' cavare del buono. Si parlava della costruzione di test validi.

Attendo il tuo postaggio dal mare, se ci riesci. Anch' io ho diversi post fermi che riguardano dei film (li scrivevo sull' agenda quando abitavo di là).

Domani ne metterò uno per festeggiare l' uscite ad agosto del DVD di Fargo. Noi appassionati lo attendavamo da 10 anni. Tu mi sa che sarai lanciato in autostrada. Un saluto a tutti.